AGI – Un cittadino su due non conosce o conosce poco il concetto di sostenibilità. Eppure, si tratta di un tema sempre più al centro del dibattito pubblico, soprattutto in vista della scadenza degli obiettivi dell’Agenda 2030. Da tempo, al tema della sostenibilità si accompagna quello del digitale, che sono diventati elementi imprescindibili l’uno dell’altro. “Sostenibilità digitale” diventa così il focus di una nuova sezione del portale dell’Agi, in collaborazione con la Fondazione per la Sostenibilità Digitale, approfondirà un tema che sempre più importante per il futuro di ciascuno di noi e che già sta impattando nelle nostre vite.
Questa collaborazione nasce in occasione del convegno annuale della Fondazione guidata dal Prof. Stefano Epifani e della presentazione della dell’Osservatorio “Cosa pensano gli italiani del rapporto tra sostenibilità e digitale?” realizzata in collaborazione con l’Istituto San Pio V. Una giornata di dibattito che ha visto alternarsi al tavolo dei relatori i ricercatori della fondazione, ma anche parlamentari, e i rappresentanti delle società (tra cui Eni Plenitude, Enel, Aci, Rai) impegnate nei percorsi di sostenibilità digitale. A entrambi gli attori la Fondazione offre momenti di formazione per comprendere meglio la sfida in atto e adottare i giusti strumenti di governance.
Due Italie a confronto
“La particolarità della rilevazione di quest’anno è che abbiamo messo a confronto in ogni Regione le grandi città con i comuni più piccoli. Il nostro obiettivo è stato quello di analizzare il cambiamento nel modo in cui gli Italiani che abitano nelle grandi città vivono le tecnologie digitali e il concetto di sostenibilità rispetto a quanti invece si trovano nei comuni più piccoli: quelli sotto i 3.000 abitanti. Il risultato è che rispetto a questi temi ci troviamo di fronte a due Italie, ma non sono quella del nord e quella del sud, ma quella dei grandi comuni e quella dei piccoli comuni” – afferma Stefano Epifani, Presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale, commentando i risultati della ricerca.
L’indagine evidenzia, ad esempio, come ben il 34% degli abitanti delle grandi città abbia una conoscenza limitata o nulla del concetto di sostenibilità: un italiano su tre. Ma questa percentuale sale di quasi 20 punti percentuali, al 53%, se i considerano i comuni con meno di 3.000 abitanti. In altri termini un italiano su due che vive nei piccoli centri (e, lo ricordiamo, l’80% dei comuni italiani è al di sotto dei 3000 abitanti) non sa cosa sia la sostenibilità. Un gap difficile da colmare se prendiamo in considerazione gli obiettivi contenuti nella Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile di Benessere Italia, l’organo della Presidenza del Consiglio cui spetta il compito di coordinare, monitorare, misurare e migliorare le politiche di tutti i Ministeri nel segno del benessere dei cittadini. È quindi evidente come la necessità di aumentare la consapevolezza su questo tema rimanga una grande sfida sia per le aree urbane più grandi che per quelle più piccole e un grande tema per le Istituzioni nell’elaborazione di nuove politiche territoriali, della realizzazione di nuovi modelli di sviluppo e della governance territoriale.
Emerge anche un altro dato preoccupante dalla ricerca, ovvero una grande difficoltà da parte dei cittadini italiani nel guardare al digitale come strumento al servizio della sostenibilità, sia essa ambientale, economica o sociale. E anche in questo caso la difficoltà è inversamente proporzionale alla dimensione della zona di residenza. “Si arriva così al paradosso che quei servizi che dovrebbero e potrebbero essere più utili proprio agli abitanti dei comuni più piccoli sono meno conosciuti e meno utilizzati proprio da questa fascia di popolazione: i casi più eclatanti sono quelli della pubblica amministrazione digitale e della sanità” – evidenzia ancora Epifani.
Andando ad analizzare i dati del DISI (Digital Sustainability IndexTx – indice che misura il livello di consapevolezza dell’utente nell’uso delle tecnologie digitali quali strumenti di sostenibilità) delle città più grandi di ogni Regione (le città metropolitane o, quando non ci sono, i Comuni maggiori) e dei comuni più piccoli, emerge come, più evidente del divario tra nord e sud, ci sia un divario tra grandi comuni e piccoli comuni. In altri termini consapevolezza, competenza e comportamenti degli italiani sono più simili sulla base delle dimensioni del Comune che della sua posizione geografica. Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale, si osserva che la maggioranza dei residenti dei Piccoli e dei Grandi Centri ritiene che la tecnologia digitale sia un’utile risorsa per promuovere la salvaguardia dell’ambiente. Tuttavia, c’è una differenza significativa nel grado di accordo tra i due gruppi, con il 20% dei residenti dei Piccoli Centri che lo considera “molto” utile, rispetto al 31% dei residenti dei Grandi Centri.
Analogamente, per quanto concerne la sostenibilità economica, la maggioranza dei residenti di entrambi i contesti urbani riconosce il valore della tecnologia digitale nel promuovere lo sviluppo economico e il benessere diffuso. Tuttavia, si osserva che una percentuale leggermente più alta di residenti dei Piccoli Centri si colloca nella fascia “abbastanza” utile (61%) rispetto ai residenti dei Grandi Centri (55%). Questo suggerisce una percezione comune tra le due categorie di cittadini sull’importanza della tecnologia digitale per la sostenibilità economica, pur con sfumature leggermente diverse.
In sintesi, entrambi i gruppi dimostrano un’ampia accettazione della tecnologia digitale come strumento per promuovere sia la sostenibilità ambientale che economica, sebbene con leggere variazioni nelle percentuali di accordo tra i due contesti urbani.
La sostenibilità digitale nei Grandi e Piccoli Centri: c’è ancora molto da fare
In generale, il 60% residenti dei Grandi Centri percepiscono la tecnologia come un’opportunità anche se con qualche rischio. I risultati evidenziano che i residenti dei Grandi Centri mostrano un atteggiamento pro-tecnologie più acritico rispetto ai residenti dei Piccoli Centri. Infatti, la percentuale di coloro che considerano la tecnologia come una grande opportunità per tutti, senza rischi o pericoli, risulta essere significativamente più alta tra i residenti dei Grandi Centri rispetto a quelli dei Piccoli Centri (35% contro il 23%). Il fatto che le persone poi non vedano sempre i rischi connessi alla tecnologia può rappresentare un grande problema. Ad esempio, se consideriamo il tema dei deep fake, vediamo come il 62% dei rispondenti dei Piccoli Centri dichiara si ritenersi in grado di riconoscere un video falso (contro il 58% nei Grandi Centri). Da qui la considerazione che, più in generale, i cittadini italiani siano meno consapevoli della diffusione e complessità di questa forma di manipolazione digitale.
Oltre a ciò, uno degli ambiti percepiti come di maggior rischio è anche, certamente, quello legato alla tutela della privacy. Nel complesso, la maggioranza dei residenti di entrambi i contesti urbani dimostra una buona consapevolezza dei potenziali rischi per la privacy legati alla condivisione di informazioni online. Tuttavia, emerge anche una discrepanza nel livello di attenzione tra i due gruppi: l’80% dei residenti dei Grandi Centri si ferma a riflettere sulla possibile violazione della privacy prima di condividere informazioni online, rispetto al 68% dei residenti dei Piccoli Centri.
Qual è il rapporto dei cittadini con le nuove tecnologie? Focus sugli strumenti di accesso ai servizi pubblici e sull’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale
Malgrado la maggior parte degli italiani dei grandi e dei piccoli centri ammetta che la tecnologia sia foriera di opportunità, approfondendo il tema emerge come in realtà sia chi vive nei grandi centri che chi vive nei piccoli contesti urbani ne abbia paura. La maggioranza degli intervistati sia dei grandi che dei piccoli centri concorda sul fatto che lo sviluppo tecnologico sia fonte di diseguaglianze, perdita di posti di lavoro e ingiustizia sociale. Nel complesso, il 65% dei residenti dei Piccoli Centri è convinto di ciò, mentre questa percentuale scende al 58% nei Grandi Centri.
Stesso discorso vale se si interpreta la digitalizzazione come ostacolo allo sviluppo sostenibile, con una differenza però più marcata nelle opinioni tra grandi e piccoli centri: nel complesso, il 58% degli italiani dei piccoli centri ne è convinto, contro il 44% dei residenti nelle grandi città. I residenti dei Piccoli Centri, quindi, sembrano essere leggermente più propensi a vedere lo sviluppo tecnologico come fonte di diseguaglianze, perdita di posti di lavoro e ingiustizia sociale e più propensi a considerare la tecnologia digitale un ostacolo per lo sviluppo sostenibile rispetto ai residenti dei Grandi Centri.
Digitale e Pubblica Amministrazione
L’indagine evidenzia anche come gli italiani stiano sempre più utilizzando i sistemi digitali messi a disposizione dalla Pubblica Amministrazione per accedere ai servizi pubblici, anche se c’è ancora molto da fare. Stiamo parlando di SPID, utilizzato dal 54% dei residenti dei Grandi Centri e dal 34,0% dei residenti dei Piccoli Centri; CIE/CNS (Carta d’Identità Elettronica / Carta Nazionale dei Servizi), utilizzato dal 34% dei residenti dei Grandi Centri e il 28% dei residenti dei Piccoli Centri; PagoPA, utilizzata dal 28% dei residenti dei Grandi Centri e il 23% dei residenti dei Piccoli Centri. I livelli di adozione sono differenti a seconda che si risieda in Grandi o Piccoli Centri, mentre sono omogenei per tutte le aree geografiche eccetto che per il Nord Est, dove si riscontrano livelli inferiori di diffusione degli strumenti informatici.
Se guardiamo invece all’adozione degli strumenti di intelligenza artificiale generativa (chatGPT, Gemini e Copilot), l’indagine rileva che, nonostante l’hype mediatico, la loro adozione reale è molto più bassa di quanto si possa ipotizzare. ChatGpt è lo strumento che registra percentuali maggiori di conoscenza (61%) e di utilizzo (24%). Vi è una differenza marcata nell’utilizzo regolare, con il 13% dei residenti dei Grandi Centri che le utilizza, rispetto al solo 4% nei Piccoli Centri. Per quanto riguarda invece Gemini e Copilot le percentuali di utilizzo sono molto basse, non superano il 4%.
“La ricerca evidenzia come sia essenziale considerare le variabili di digitalizzazione e sostenibilità non soltanto in termini assoluti, ma rispetto al loro ruolo differenziale in relazione alle zone dove le persone vivono. Si pensi alle politiche collegate alle aree interne, piuttosto che alle azioni finalizzate a riportare vita in quei comuni italiani che si stanno spopolando e offrono sempre meno opportunità. O piuttosto offrono opportunità che non possono essere colte se non in una chiave di sostenibilità digitale: dal turismo all’agrifood. La sfida, oggi, è una sfida per la consapevolezza. E questo sta definendo anche la linea d’azione della Fondazione, che dopo l’Academy dedicata ai giornalisti ha attivato – in collaborazione con l’intergruppo parlamentare per l’Innovazione – una iniziativa volta a supportare, con seminari e percorsi di approfondimento, quei parlamentari che vorranno comprendere meglio le dinamiche del digitale e della sostenibilità per legiferare più consapevolmente” – conclude Epifani.
Fonte : Agi