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Samuele Lodi, segretario nazionale della Fiom CGIL con delega all’automotive: “In Italia la produzione di auto del gruppo Stellantis per i primi mesi del 2024 è disastrosa. Dare 36 milioni di euro di stipendio al Ceo è folle e irrazionale”.
Intervista a Samuele Lodi
Segretario nazionale della Fiom CGIL con la delega sull’automotive
Non c’è pace per i lavoratori Stellantis, la holding multinazionale con sede nei Paesi Bassi nata nel 2021 dalla fusione del gruppo italo-statunitense Fiat Chrysler Automobiles (FCA) e del gruppo PSA.
La società, infatti, il mese scorso ha annunciato un piano che prevede migliaia di esuberi in diverse sedi italiane. Solo a Mirafiori sono più di 1.500 i lavoratori coinvolti, tra i quali oltre 700 colletti bianchi.
Ma le “uscite volontarie” e incentivate dall’azienda non si fermano qui. A questi numeri bisogna infatti aggiungere 850 lavoratori a Cassino (di cui 300 in trasferta a Pomigliano) e 100 a Pratola Serra. Come se non bastasse poi due giorni fa il gruppo ha annunciato una nuova doccia fredda per il sito torinese di Mirafiori: più di duemila dipendenti dello stabilimento, infatti, saranno in cassa integrazione a partire dalla prossima settimana.
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Intanto, però, l’assemblea degli azionisti ha approvato una distribuzione di 5 miliardi di euro di dividendi e l’aumento del 55% dello stipendio del Ceo Carlos Tavares, che per il 2023 ha percepito la bellezza di 23,5 milioni di euro, pari allo stipendio medio annuo di mille dipendenti. Allo stipendio base, di per sé decisamente generoso, va sommato un bonus di quasi 13 milioni di euro legato alla trasformazione del gruppo nato nel 2021 dalla fusione di PSA e Fiat-Chrysler. Una decisione che naturalmente ha suscitato non poche polemiche, in un contesto in cui a migliaia di operai e impiegati sono stati chiesti costosi sacrifici.
Ma qual è la strategia di Stellantis in Italia? Intende la società erede del gruppo Fiat continuare ad investire nel nostro Pese per la realizzazione delle auto elettriche? Fanpage.it ha interpellato Samuele Lodi, segretario nazionale della Fiom CGIL con delega all’automotive.
Dopo gli esuberi dei mesi scorsi Stellantis ha annunciato che oltre duemila lavoratori e lavoratrici dello stabilimento di Mirafiori, addetti alla Fiat 500 elettrica e alle auto Maserati, saranno in cassa integrazione da lunedì 22 aprile. Perché questa decisione da parte dell’azienda?
Le motivazioni di questa decisione sono in capo a Stellantis. Di certo è evidente che le produzioni stanno drasticamente calando e che di conseguenza sta aumentando il ricorso agli ammortizzatori sociali. Non è escluso poi che a Mirafiori e in altri stabilimenti nelle prossime settimane aumenti ulteriormente il numero dei dipendenti in cassa integrazione. Mi riferisco, in particolare, ai lavoratori della Maserati di Modena. Insomma, le preoccupazioni sono concrete e stridono con le continue rassicurazioni di Tavares sulla presunta centralità degli stabilimenti italiani. La realtà dei fatti purtroppo è ben diversa.
Qual è la strategia di Stellantis per l’Italia, secondo la Fiom?
Non arrivo a dire che la strategia di Stellantis sia quella di uscire dall’Italia, ma sicuramente si vuole disinvestire nel nostro Paese. I dati d’altro canto sono chiari, e non da oggi: in Italia gli investimenti sono pochi se rapportati con quelli effettuati in altri Paesi extra UE, in particolare in Turchia e Nord Africa. Questo, in aggiunta al progressivo svuotamento degli stabilimenti iniziato nel 2015 e che ha portato all’uscita di oltre 12mila lavoratori e lavoratrici grazie agli incentivi all’esodo, ci indica che per Stellantis l’Italia non è un Paese centrale.
Il gruppo industriale “erede” di Fiat potrebbe arrivare a lasciare del tutto l’Italia in futuro?
Questo non lo penso, almeno in un orizzonte temporale medio. Tuttavia l’evidente disimpegno dal nostro Paese rischia di esporre gli stabilimenti ad un progressivo e inesorabile svuotamento. Ricordo che i siti industriali stanno in piedi solo se hanno determinati volumi di produzione; se tali volumi vengono a mancare i costi lievitano e diventano insostenibili. Da questo punto di vista le strategie su Mirafiori e Cassino rischiano di essere molto rischiose. Uso un’immagine: a Mirafiori siamo con l’acqua alla gola, a Cassino c’è acqua alta, ma complessivamente in Italia non esiste neppure uno stabilimento all’asciutto.
Quanti sono i posti di lavoro a rischio in Italia?
È una stima che non abbiamo ancora fatto. Siamo però in contatto con altri sindacati europei, in particolare di Paesi nei quali insistono stabilimenti Stellantis, per svolgere delle verifiche dal punto di vista occupazionale. Prossimamente sapremo quali potrebbero essere le ripercussioni delle politiche del gruppo sui lavoratori e le lavoratrici di tutta Europa, Italia compresa.
Lei sostiene che la produzione di Stellantis in Italia è in netto calo. Però nel 2023, stando ai dati diffusi dall’azienda, Stellantis ha prodotto nel nostro Paese 752mila auto, con un aumento del 9,6 per cento rispetto al 2022. Come interpretate questi numeri?
La crescita del 2023 è stata fisiologica e del tutto normale dopo gli anni del Covid. Dal punto di vista produttivo, però, i volumi del 2024 sono assolutamente disastrosi. Se questo trend verrà confermato anche nei prossimi mesi il calo sarà significativo.
Il governo ha posto l’obiettivo di produrre in Italia un milione di auto. Crede sia realizzabile?
L’accordo quadro stipulato al ministero prevede di arrivare a un milione di auto in Italia entro il 2030, ma a questi ritmi difficilmente si riuscirà ad ottenere questo risultato. Sottolineo, tra l’altro, che per la Fiom il milione di veicoli è insufficiente: noi proponiamo un milione di autoveicoli e 300mila veicoli commerciali leggeri. Con 1,3 milioni di vetture riusciremo a saturare tutti gli stabilimenti e garantire l’occupazione. Con un milione sarà molto difficile. E comunque oggi siamo decisamente lontani da quel target.
Le difficoltà di Stellantis possono essere imputate anche al ritardo con cui il gruppo si è dedicato alle auto elettriche?
Sicuramente il ritardo c’è stato. D’altro canto, prima ancora della fusione con PSA, la FCA di Sergio Marchionne non credeva nel successo delle auto elettriche. Di conseguenza la partenza di quel comparto produttivo è stata molto ritardata. E questo è un enorme problema.
Anche il governo italiano sembra non credere molto nella produzione di auto elettriche per limitare le emissioni di CO2…
Ma la transizione è irreversibile e va governata. Quella transizione va fatta insieme ai lavoratori, perché è evidente che causerà non solo opportunità ma anche problemi. Per questo abbiamo bisogno di innovazione, formazione e ammortizzatori sociali, altrimenti il rischio è quello di perdere migliaia di posti di lavoro e anche il necessario consenso pubblico alla transizione energetica.
Il governo ha approvato quasi un miliardo di euro di incentivi agli acquisti di nuove vetture…
Si tratta per l’esattezza di 950milioni di euro. Noi sosteniamo che quegli incentivi sono necessari, ma che andavano definiti dopo un confronto coi sindacati del settore automotive. Crediamo infatti che gli aiuti di Stato vadano concessi solo a condizione che Stellantis mantenga un’adeguata produzione di auto in Italia. Nessuna risorsa pubblica va invece riconosciuta a chi intende svuotare gli stabilimenti del nostro Paese.
L’assemblea degli azionisti di Stellantis ha approvato due giorni fa la distribuzione di un dividendo da quasi 5 miliardi di euro. E lo stipendio dell’amministratore delegato Carlos Tavares salirà del 55 per cento, a 36 milioni e mezzo di euro. Cosa ne pensate?
Guadagnerà come mille operai. Le considerazioni che un’organizzazione sindacale può fare di fronte a ciò sono più che evidenti: è stato un po’ come sparare sulla Croce Rossa in un contesto di difficoltà per migliaia di lavoratori e lavoratrici del gruppo. Uno stipendio del genere è totalmente folle e irrazionale ovunque, in Stellantis come in qualsiasi altro gruppo industriale.
Fonte : Fanpage