I reboot sono sempre operazioni rischiose, specie quando riguardano dei franchise entrati di diritto nella cultura pop. Molti dei tentativi più recenti di attualizzare saghe storiche si sono conclusi con costosi fallimenti o, nei migliori dei casi, con pellicole estremamente divisive: scivoloni come Men in Black: International del 2019 e La Mummia del 2017 ci hanno insegnato che, talvolta, è meglio che il cassetto dei ricordi (anzi, il vaso di Pandora) resti chiuso. Persino IP di grandissimo richiamo – da Star Wars a Terminator – hanno faticato a (ri)trovare un posto nel cuore del pubblico. Forse è per questo che la saga di Ghostbusters ci ha provato due volte, a reinventarsi: la prima nel 2016, con un insuccesso su tutta la linea e una delusione cocente (qui la nostra recensione di Ghostbusters, se volete saperne di più); la seconda nel 2021, con il più dignitoso Ghostbusters Legacy (anche in questo caso, vi consigliamo la lettura della nostra recensione di Ghostbusters Legacy). Sfortunatamente, però, Ghostbusters – Minaccia Glaciale distrugge ciò che è stato fatto dal predecessore, almeno in parte, mettendo seriamente in dubbio l’intera attualizzazione della saga ideata da Dan Aykroyd e Harold Ramis.
Gli Acchiappafantasmi tornano a New York
Ghostbusters – Minaccia Glaciale rappresenta il “ritorno a casa” degli Acchiappafantasmi: dopo gli eventi di Legacy, la famiglia Spangler lascia l’Oklahoma e si trasferisce a New York.
La sede prescelta dalla nuova generazione di cacciatori di spiriti, dopo il trasferimento nella Grande Mela, è la famosissima caserma dei pompieri che ha fatto da Quartier Generale per il team originale: un piccolo tuffo al cuore per chi ha amato i film Anni Ottanta. Anche i Ghostbusters “vintage” fanno il loro ritorno: mentre Ray continua a gestire il suo negozio di oggetti posseduti, Peter, Winston e Janine studiano in gran segreto gli ectoplasmi, con un laboratorio all’avanguardia ben lontano dalla vecchia caserma, ormai quasi diroccata. Si continua dunque nel solco a metà tra remake e reboot già tracciato con Legacy, la cui formula inizia però a risultare fin troppo restrittiva: certamente rivedere in scena Bill Murray, Dan Aykroyd, Ernie Hudson e Annie Potts scatena un potente effetto nostalgia, ma il contraltare è che un team di Acchiappafantasmi così allargato non permette di approfondire davvero nessuno dei personaggi di Minaccia Glaciale. Una limitazione ancor più grave per le “new entry” della serie, che ancora devono ritagliarsi un posto nel cuore dei fan e che non riescono certamente a farlo con questa seconda pellicola. Per esempio, i personaggi di Phoebe (Mckenna Grace) e di Gary (Paul Rudd) – che pure sono quelli con il maggior potenziale – non vivono alcuna reale evoluzione nel corso del film, nonostante i timidi tentativi di scavare più in profondità nelle loro vicissitudini più intime.
I nuovi Ghostbusters faticano ancora a farsi apprezzare, mentre i ritorni sembrano posticci, quasi appiccicati qua e là nella narrazione per attirare gli spettatori in sala. Lo scarso approfondimento dei protagonisti dipende principalmente dalla quantità troppo elevata di carne messa sul fuoco da Ghostbusters: Minaccia Glaciale, che unisce una trama principale decisamente classica – per non dire piatta e poco interessante, se non fosse per l’ottima performance comica di Kumail Nanjiani – a una manciata di storyline secondarie molto più intriganti, ma essenzialmente abbandonate a sé stesse.
Il continuo alternarsi tra linee narrative diverse e separate tra loro, interconnesse solo a fatica nella seconda metà del film tramite dei tornanti di trama che oscillano tra l’estremamente prevedibile e il completamente illogico, non giova certo all’incedere della storia. Quest’ultima, anzi, è inutilmente contorta e al contempo incapace di suscitare tensione, mistero e apprensione per i piani di Garraka, che si prospettava essere la più grande minaccia di sempre per gli Acchiappafantasmi ma che, una volta fuoriuscito dalla sua Poké Ball di ottone, viene neutralizzato nel giro di un paio di scene. Colpa anche di alcune scelte artistiche piuttosto infelici, che rendono l’antica divinità del gelo del tutto dimenticabile già a partire dal colpo d’occhio: l’esatto contrario di quanto avvenuto in passato con creature come lo Slimer e il Marshmallow Man.
Un film gelido
Una volta usciti dalla sala, l’insoddisfazione nei confronti di Ghostbusters: Minaccia Glaciale si fa ancor più grande in virtù del fatto che le premesse del film sono buone e l’inizio è scoppiettante.
Le basi poste da Legacy erano salde, mentre la prima sequenza della pellicola in uscita l’11 aprile in sala è un concentrato di azione, di inseguimenti per le strade di Manhattan e di buona CGI. Nella parte centrale, però, l’asticella qualitativa si abbassa progressivamente, tradendo la fiducia dello spettatore con un ritmo scostante e delle scelte tecniche che definire discutibili sarebbe riduttivo. Per farsi perdonare certe ingenuità narrative e stilistiche, chi ha realizzato il film ha pensato bene di infarcirlo di cameo e citazioni al classico del 1984, che però da soli non bastano a tenere in piedi una pellicola piegata da una pletora di difetti sotto ogni altro punto di vista. La ricerca costante ed estenuante dell’effetto-nostalgia alla lunga finisce per stancare, rendendo via via sempre meno magico ogni rimando al passato. Sotto questo punto di vista, la sovrabbondanza di ammiccamenti al cult Anni Ottanta e al suo seguito rende paradossalmente più “freddo” Ghostbusters: Minaccia Glaciale, trasformando quella che voleva essere una lettera d’amore al capostipite della serie in un goffo tentativo di accorpare quanti più cliché del passato in un unico, grande revival che ha un forte sapore commerciale.
Ma diciamoci la verità: quella di Ghostbusters è sempre stata una saga senza troppe pretese, ed è entrata nell’immaginario collettivo per il suo tono scanzonato da commedia horror. La grande domanda – quella che alla fine decreterà il successo di Minaccia Glaciale anche presso il pubblico generale – è dunque una sola: il film fa ridere? La risposta, almeno a nostro avviso, è negativa. Certo, qualche sorriso ci è stato strappato nel corso dei 115 minuti, ma oltre non si va: il genuino divertimento garantito dei due capitoli originali è un lontano ricordo, ma neanche i livelli di Legacy vengono raggiunti, nonostante la mano di Jason Reitman (questa volta assoldato in veste di sceneggiatore, insieme al regista Gil Kenan) si senta ancora.
In effetti, il grande, grandissimo problema di Ghostbusters – Minaccia Glaciale è la sua incapacità di trasmettere emozioni allo spettatore: fatica a divertire, fatica a incuriosire, fatica a spaventare, fatica a generare empatia. Un carattere freddo e asettico pervade l’intera produzione, che – probabilmente vittima dei glaciali poteri di Garraka – non riesce a intrattenere e a farsi ricordare dal pubblico, mettendo a rischio l’intera operazione di reboot degli Acchiappafantasmi.
Fonte : Everyeye