“Iran e Israele non hanno interesse verso l’escalation. Ce l’hanno Usa e Cina”: l’analisi dell’esperto

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L’intervista di Fanpage.it al professor Pejman Abdolmohammadi sulla tensione Iran-Israele: “Teheran darà una risposta al raid israeliano contro l’ambasciata a Damasco. Ma né la Repubblica Islamica né Israele hanno interesse ad aumentare l’escalation in Medio Oriente. Altri attori ce l’hanno, in primis Usa e Cina”.

Intervista a Pejman Abdolmohammadi

professore in relazioni internazionali del Medio Oriente presso l’Università di Trento e Associate Researcher presso l’ISPI.

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“L’Iran è chiaro che darà una risposta al raid israeliano contro l’ambasciata a Damasco. Credo che avverrà tramite i proxy. Anche perché né la Repubblica Islamica né Israele hanno interesse ad aumentare l’escalation in Medio Oriente. Altri attori ce l’hanno, in primis Usa e Cina”.

A parlare è Pejman Abdolmohammadi, professore in relazioni internazionali del Medio Oriente presso l’Università di Trento e Associate Researcher presso l’ISPI (l’Istituto per gli studi di politica internazionale), che ha spiegato a Fanpage.it quando e come potrebbe arrivare la risposta dell’Iran all’attacco israeliano all’ambasciata a Damasco in cui sono rimasti uccisi membri dei Pasdaran.

La CNN nei giorni scorsi citando un alto funzionario USA ha affermato che un attacco imminente e significativo sarebbe arrivato dall’Iran dopo il raid israeliano a Damasco. Cosa dobbiamo aspettarci?

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“È chiaro che la CNN rappresenta un mondo, fin quando non parla di fonti chiare può essere anche un grande trucco tattico. Ad ogni modo, questo raid di cui parliamo è stato fatto sia nei confronti di uno stato sovrano, che è la Siria, sia nei confronti di un territorio sottoposto alla tutela diplomatica della Repubblica Islamica dell’Iran a Damasco. Teheran è chiaro che darà una risposta.

Che tipo di risposta sarà e quando arriverà non ne abbiamo assolutamente idea. Può essere anche che venga fatta con i proxy, quindi non è detto che avvenga direttamente dai Pasdaran, e non sappiamo ancora se questa sarà una risposta fisica su qualche ambasciata o se sarà distribuita su vari territori.

La cosa che si può dire è che Teheran già nel 2020 ha dimostrato di fronte all’uccisione del suo più importante generale, cioè Soleimani, di non voler dare alla fine una risposta così imminente e forte. Ha mandato missili su una base americana dove sappiamo che gli americani non c’erano. Dunque questo allarme, anche un po’ mediatico, ad alcuni attori potrebbe anche venir comodo perché hanno interessi di aumentare l’escalation nella Regione. Interesse che non ha né Israele né una buona parte della Repubblica Islamica“.

Di quali attori parla?

“In questo momento creare caos in Medio Oriente chiaramente aiuterebbe alcuni attori che sono impegnati per mantenere lo status quo, per esempio la Cina, ma anche l’amministrazione Biden perché se la guerra diventa più larga aiuterebbe a fermare quello che è il vero game changer, che è l’ascesa di Donald Trump alle prossime elezioni presidenziali di novembre. I dem sanno che più caos c’è in politica estera più possono giustificare la politica interna. In questo momento, oggettivamente, per Biden conviene che ci siano più focolai in Medio Oriente piuttosto che la pace, a livello proprio strategico.

Dunque, secondo lei l’Iran non attaccherà direttamente Israele o gli Usa?

“È meno probabile che la repubblica islamica, che è un attore razionale e autoritario, faccia caos. Non cade in quella che potrebbe essere una trappola. E infatti in questi giorni non ha ancora reagito. Tutti aspettano che faccia qualcosa perché di solito Teheran, anche se dovesse reagire e lo farà, reagirà con i proxy piuttosto che con il colpo dei Pasdaran o con l’esercito. Se lo facesse vuol dire che anche l’elite della Repubblica Islamica preferisce l’escalation. Ma per adesso credo che si vada verso una escalation a livello proxy e non classico, quindi con Houthi, Hezbollah, etc”.

Perché allora Netanyahu ha voluto attaccare l’ambasciata a Damasco?

“Netanyahu è in una fase di difficoltà e confusione perché di fronte al crimine di Hamas nei confronti dei cittadini israeliani la risposta del suo governo è stata nel corso dei mesi sempre crescente e sproporzionata. Ciò significa che il governo non sta agendo come un attore razionale e non sta neanche tutelando l’interesse nazionale tanto è vero che molti cittadini sono critici nei confronti del suo operato. Lo scopo di Netanyahu, che è un radicale della politica estera, è colpire le teste delle 5 H, ramificazioni della Repubblica Islamica nella regione, quindi Houthi, Hezbollah, Hamas, Hashd al-Shaabi in Iraq e le formazioni in Siria. Tutti questi 5 sono sotto i Pasdaran, sebbene alcuni dicano di essere autonomi. Per questo, il premier israeliano ha colpito Damasco e lo ha fatto in modo mirato, e continua questa operazione”.

L’Iran, se stuzzicato ancora, potrà giocare un ruolo centrale nella guerra Hamas-Israele?

“La Repubblica Islamica continua a portare avanti il suo sostegno economico e geopolitico nei confronti degli attori non statali che usano l’Islam come ideologia politica. In questo quadro certo è che uno degli strumenti che Teheran userà è quello di aumentare il suo sostegno ad Hamas. Ricordiamoci che un mese prima dell’attacco del 7 ottobre il governo democratico di Biden ha scongelato 6 miliardi di dollari a favore dell’Iran quindi ha dato carburante alla testa che mobilita questi sistemi terroristici. Un’altra ragione per cui razionalmente non vorrebbe entrare in una guerra classica è perché non ha soldati: l’80% degli iraniani sono contro la Repubblica Islamica. Per tanto ha soldati contati, se vuole attaccare deve usare gli afghani, i siriani, i pakistani. Infine, gli iraniani sono molto più pro israeliani che pro palestinesi”.

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Fonte : Fanpage