Se qualcuno viaggia in incognito è autorizzato a pensare di non essere riconosciuto, giusto? No, sbagliato. Almeno, in Rete non è così: le modalità di navigazione anonima, privata o in incognito di tutti i browser sul mercato fanno tutto tranne che rendere realmente anonima la navigazione. Almeno, nel senso che comunemente diamo a questa parola.
Tanto che Alphabet, il colosso che oltre al motore di ricerca Google e mille altre attività (tra cui Android) ha anche il browser più diffuso al mondo, cioè Chrome, è stata riconosciuta colpevole in una class action del 2020 di tracciare le attività di milioni di persone quando usavano Chrome in modalità Incognito e dovrà cancellare miliardi di dati sulle attività dei propri utenti per violazione della privacy.
Dal momento che tutti i principali browser per la navigazione sia su computer sia su smartphone, cioè Chrome, Safari (di Apple), Edge (di Microsoft), Firefox (della Fondazione Mozilla) e vari altri (da Opera a Brave) hanno le rispettive modalità private, che chiamano con nomi diversi e spesso hanno modalità di innesco differenti, vale la pena capire cosa vuol dire veramente navigazione anonima e cosa no.
Cosa vuol dire navigazione anonima
Quando apriamo una finestra del nostro browser preferito in modalità Incognito, privata o anonima, sostanzialmente avviamo una navigazione che non lascia tracce ma solo limitatamente al nostro dispositivo.
Innanzitutto non viene salvata la cronologia o storia della navigazione: non vengono registrati sul nostro computer o telefono gli indirizzi visitati per essere riaperti in un secondo momento. Il motivo per cui di solito vengono salvati è per consentirci di riaprirli senza doverli salvare come segnalibri o con la modalità di recupero della cronologia dei browser. In modalità anonima non c’è cioè il rischio che, iniziando a digitare l’indirizzo di un sito, venga fuori quello visitato in maniera anonima.
Inoltre, non vengono salvati gli eventuali cookie di quel sito, che potrebbero lasciare una traccia in locale che viene ritrovata dal sito cui ci siamo collegati precedentemente nel caso di un secondo collegamento. Sempre con questa logica, il sito non può salvare neanche una copia dei suoi dati nella cache del nostro browser, e per esempio i dati inseriti in una form, oppure le immagini o altri dati, al momento della chiusura della finestra vanno irrimediabilmente persi. Per esempio, se vengono salvati in locale, vanno persi i post non ancora pubblicati su WordPress o i tweet su Twitter o i post su Facebook.
Infine, non viene salvata nessun’altra informazione, per esempio per la sessione: se ci si è collegati a un servizio cloud facendo login, la connessione viene interrotta e non vengono salvati i dati per riaprirla automaticamente. Questo è in realtà molto utile se ci colleghiamo a un sito di home banking o di altri servizi da un computer che non è il nostro.
E poi, c’è da tenere conto che la modalità anonima disattiva anche le estensioni del browser, come quelle usate per contrastare forme di tracciamento o bloccare le pubblicità. Questo paradossalmente rende più visibile la propria navigazione in modalità anonima.
Cosa non vuol dire navigazione anonima
Navigare in modo anonimo o privato vale soprattutto nei confronti del dispositivo dal quale ci si connette alla Rete. Qui non viene salvato niente in locale. Invece, tutto il resto rimane assolutamente visibile.
A partire dal fornitore di connessione, il provider, che vede tutto il traffico in chiaro che passa dalla connessione e vede i siti ai quali ci stiamo collegando. Attenzione: non vede il contenuto se la connessione è criptata (di tipo https), ma vede e registra tutte le nostre destinazioni, che rimangono pubbliche. Poi, dal momento che la connessione anonima non avviene tramite una VPN, in realtà è anche visibile l’indirizzo IP dal quale ci si connette.
L’indirizzo IP dal quale ci connettiamo viene assegnato dal nostro provider, che tiene un registro in cui associa i nostri dati in suo possesso alla connessione all’orario in cui avviene. Questo trasforma in sostanza l’indirizzo IP in una specie di indirizzo del mittente scritto sul retro di ciascuna connessione che apriamo dal browser.
C’è da dire che, con la modalità Incognito inserita, rimane tuttavia completamente visibile l’attività che facciamo. Quindi può essere tracciata, a partire ovviamente dai servizi ai quali siamo registrati: anche se non verrà conservata la sessione in locale dopo la chiusura del browser, da remoto viene registrato tutto. Se ci logghiamo su Facebook o su Google e cerchiamo un paio di scarpe nuove, poi ci arriveranno innumerevoli pubblicità di calzature di tutti i tipi.
Ancora: la maggior parte dei siti potrà incrociare la nostra attività (da quale pagina arriviamo, cosa abbiamo fatto nel sito e così via) con il nostro indirizzo IP e le caratteristiche del dispositivo dal quale ci connettiamo (modello, tipo di browser e versione) costruendo un identikit che in gergo viene chiamato impronta digitale ed è più che sufficiente per riconoscerci quando ci collegheremo di nuovo ma in modalità non privata e quindi proseguire nel tracciamento al di fuori della sessione anonima.
Infine, la navigazione anonima o in incognito non protegge in alcun modo dal malware, virus, phishing o altre attività per noi pericolose. Anche connettersi a siti illegali (per esempio per download di materiale protetto da copyright o per guardare le partite in streaming) è completamente non protetto.
Quindi a cosa serve la navigazione anonima?
La scelta dei termini è fuorviante (e infatti Google ne paga le conseguenze) ma in realtà la navigazione anonima è tutto tranne che anonima. Serve a nascondere la nostra cronologia di navigazione locale, impedendo a chiunque abbia accesso al dispositivo di vedere dove siamo stati, e impedisce il salvataggio di cookie permanenti non voluti sul computer.
Inoltre, la navigazione anonima non solo elimina alcune forme di tracciamento più intrusive, ma permette anche di avere esperienze vergini su determinati siti. Per esempio, per trovare prezzi più convenienti di biglietti evitando che i cookie di sessione facciano capire all’azienda che magari abbiamo già trovato un determinato prezzo e cerchiamo di meglio. Infine, dato che il modo anonimo disattiva le estensioni (spesso pensate per aumentare la privacy della navigazione a scapito tuttavia dell’esperienza del sito che si visita), questa navigazione serve per poter vedere temporaneamente come funziona realmente un sito senza pagarne per sempre le conseguenze in termini di tracciamento e pubblicità invasiva.
Insomma: come si capisce e come abbiamo visto, anonimo e incognito in Rete vogliono dire qualcosa di diverso da quello cui siamo abituati nel mondo normale.
Fonte : Repubblica