Guidata da Mohammed Sammak e Fayçal Sinno, la delegazione ha visitato per la prima volta la Santa Sede. L’incontro con il card. Parolin e il saluto a papa Francesco. L’obiettivo di sviluppare un accordo di collaborazione a livello di istituti scolastici cristiani e musulmani. Previsto per la fine del Ramadan un incontro con p. Youssef Nasr, segretario delle scuole cattoliche libanesi.
Beirut (AsiaNews) – In modo discreto, senza grande clamore a livello mediatico, una delegazione del Makassed islamico ha effettuato il 28 marzo scorso una visita in Vaticano, ricevuta a lungo dal segretario di Stato, il card. Pietro Parolin, e per salutare papa Francesco al momento del passaggio a fine udienza.La delegazione comprendeva fra gli altri Mohammad Sammak, editorialista e autore di una ventina di libri, segretario generale del Comitato nazionale per il dialogo islamo-cristiano e figura di spicco dell’islam moderato in Libano e nel mondo arabo. Insieme a lui vi era anche il presidente della Ong Fayçal Sinno e le rispettive mogli. La visita è stata la prima del Makassed islamico in Vaticano dalla sua nascita nel lontano 1876.
Fondata nel 19mo secolo, l’Associazione del Makassed islamico è la più antica e la più prestigiosa in rappresentanza della comunità sunnita in Libano. Vicina a Dar e-Fatwa, l’istanza di riferimento ufficiale per la comunità sunnita, essa fornisce assistenza e servizi in tre settori in particolare: istruzione, servizi sociali e assistenza sanitaria. Essa dispone di 24 scuole sparse per il Paese dei cedri, una università, moschee, ospedali e cliniche, un gruppo scout e diverse istituzioni culturali. Con un totale di circa 10mila dipendenti, essa opera grazie a fondi propri, pur ricevendo aiuti e sostegno finanziario dall’Arabia Saudita per alcuni suoi servizi in particolare. È questo il caso, ad esempio, del reparto di dialisi dell’ospedale Makassed di Beirut. Di contro, l’istituzione sostiene di aver “perduto tutte le sue proprietà nel centro della città”, affidate in passato alla società immobiliare Solidere.
Collaborazione islamo-cristiana
La visita in Vaticano aveva per obiettivo lo sviluppo della collaborazione fra la rete delle scuole legate al Makassed – all’interno delle quali vi sono poco meno di 6mila studenti – e quella del Segretariato delle scuole cattoliche in Libano. Queste ultime garantiscono istruzione a circa un terzo del totale degli studenti di tutto il Paese, pari a 200mila giovani. Il programma prevede scambi a livello di studenti, insegnanti e programmi di scolarizzazione. “Vogliamo dare un forte impulso al nostro accordo di cooperazione, giunto al suo primo anno” afferma il presidente del Makassed. “L’odio e la diffidenza – aggiunge – non devono essere presenti nel nostro dizionario”.
“La delegazione di Makassed – sottolinea ad AsiaNews Fayçal Sinno – è stata ricevuta per 50 minuti dal card. Parolin. Entusiasta del progetto, il segretario di Stato vaticano ha chiamato p. Youssef Nasr, presidente del Segretariato generale delle scuole cattoliche, per incoraggiarlo in questa direzione, ritenendo che possa contribuire al rafforzamento della convivenza e della cultura del dialogo”. Le parti hanno quindi convenuto di tenere un incontro di coordinamento dopo la fine del Ramadan, il mese di digiuno e preghiera islamico.
L’educatore e amministratore ricorda ancora “i giorni felici” in cui gli studenti “non pensavano alle diverse appartenenze comunitarie” nel loro rapporto con i compagni. “Con il card. Parolin abbiamo parlato liberamente di tutto” aggiunge il presidente del Makassed, il quale ammette di essere rimasto “sorpreso” dalla approfondita conoscenza della realtà libanese dimostrata dal suo interlocutore. Su nostra insistenza, Sinno ha quindi rivelato che il segretario di Stato vaticano si è detto “rattristato” per lo stallo delle elezioni presidenziali. E per quella che ha definito “ostinazione, persino egoismo” mostrato dai vari leader in campo, senza trascurare al tempo stesso la posta in gioco a livello geopolitico. Di contro, il presidente del Makassed ha elogiato le “eccezionali qualità di fede e gentilezza” del suo interlocutore e l’atmosfera generale in Vaticano.
In prima linea contro l’estremismo
Va qui ricordato che i Makassed islamici non si limitano alla sfera educativa, all’ambito ospedaliero e al sociale. Dal 2015 infatti, data della “Dichiarazione di Beirut sulle libertà religiose” i cui temi sono ripresi nella Dichiarazione di Abu Dhabi sulla fratellanza umana (2019), l’istituzione è in prima linea nella battaglia dottrinale contro l’estremismo islamico. Celebrata dagli ambienti politici cristiani come “l’incontro di Saydet el-Jabal”, la “Dichiarazione di Beirut” è stata adottata al termine di un congresso che ha visto relatori Hicham Nachabé, rettore dell’università di Makassed, Mohammad Sammak e Radwan Sayyed, ricercatore e pensatore. “Il nemico è ormai sul campo. L’ondata estremista ci ha raggiunto” avverte Sammak. “Pensavamo che la nostra società aperta e liberale, con la sua composizione multiculturale, fosse al sicuro da questo fenomeno. Oggi – avverte il leader musulmano – siamo sorpresi e scioccati dalla sua virulenza, soprattutto tra i giovani, anche se questa tendenza rimane minoritaria”.
La “Dichiarazione di Beirut” precisa e definisce alcuni aspetti di dottrina islamica su tematiche quali: il riconoscimento della libertà di credo e di insegnamento; il rispetto della libertà di coscienza; il rispetto e la dignità dell’essere umano come individuo; il diritto di essere diversi; il rispetto del pluralismo; il diritto alla partecipazione politica e sociale; la costruzione di uno Stato civile; il rispetto delle carte dei diritti umani; l’impegno per un Libano unito e democratico, ecc. “La dichiarazione piace – osserva Sammak – perché include concetti fondamentali quali il rispetto della libertà di coscienza”. “Si tratta di una nozione – aggiunge – al centro della cultura e della teologia cristiana. I cristiani non sono abituati a sentirci parlare di libertà di coscienza. Tendiamo a parlare di libertà religiosa, ma la libertà di coscienza va oltre”. Dobbiamo combattere l’estremismo, conclude il leader musulmano, “dall’interno dell’islam stesso. Non possiamo limitarci a dire: questo non è islam. Dobbiamo convincere i musulmani con argomenti tratti dalla fede musulmana, dal Corano”.
Fonte : Asia