Bimbi con disabilità esclusi dai centri estivi, i genitori: “Chi li accetta vuole essere pagato di più”

Per i bambini con disabilità, anche in Lombardia, l’accesso ai centri estivi non è scontato e soprattutto non lo è alle stesse condizioni degli altri: costi superiori, tempo ridotto e difficoltà per i genitori. Le famiglie raccontano a Fanpage.it l’odissea estiva di chi ha figli disabili.

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Il diritto al gioco e alla socialità dovrebbe essere garantito a ogni bambino, così come a tutti i genitori dovrebbe essere data la possibilità di lavorare anche se i figli non sono a scuola. Condizioni per niente scontate nel caso delle famiglie con bimbi con disabilità, il cui accesso ai centri estivi, pubblici e privati, non è sempre garantito alle stesse condizioni degli altri.

La segnalazione arriva a Fanpage.it da diverse realtà del territorio lombardo, tra cui l’Associazione Famiglie disabili lombarde e Associazione M’ama dalla parte dei bambini. Abbiamo ascoltato le voci di due mamme che ogni estate vivono queste difficoltà.

Sabrina, “Poche ore e a un prezzo più alto degli altri”

“Mio figlio ha una disabilità gravissima – racconta Sabrina Maggi, della provincia di Varese – e da qualche anno accede ai centri estivi del nostro Comune di residenza. Purtroppo si ripete sempre la stessa situazione: abbiamo a nostro carico anche la spesa dell’educatore, con una compartcipazione del Comune, e sempre per periodi limitati. Ad esempio – continua Sabrina – nel 2022 ho deciso di mandarlo per quattro settimane, ma solo tre volte alla settimana per 2-3 ore al giorno, il resto del tempo lo curavo io il bambino oppure i nonni”.

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“L’estate – continua Sabrina – è molto impegnativa, tutte le volte che vedo le persone fare vacanze penso ‘Ah sì, quelle sono le vacanze, ma sinceramente non me lo ricordo neanche più’. Noi genitori con figli disabili siamo abituati a vivere così, per il continuo supporto di questi ragazzi. Per noi diventa una cosa normale andare in giro per la città o al parco con il nostro bambino con il deambulatore”.

Giusy, “Il centro estivo costerebbe più del mio stipendio”

Anche Giuseppina, detta Giusy, ha un figlio disabile. Il ragazzo, di 13 anni, è autistico e con sindrome di Down. “Non l’ho mai iscritto a un centro estivo perché con una situazione come la mia mi sarei ritrovata a pagarlo per poi dover andare a prendere in continuazione mio figlio perché non lo riuscivano a gestire. Questo lo può fare chi non lavora”.

Giusy e il marito fanno due conti: “Prendere una figura che lo assista con le dovute competenze – spiega – ha dei costi molto elevati e noi non ce lo possiamo permettere, per cui abbiamo deciso che il danno minore era che io nel periodo estivo stessi a casa, per cui a luglio e agosto non lavoro e non ho retribuzione, almeno però ho la possibilità di mantenere il mio impiego”.

Discriminazioni in tutta la Lombardia

Un quadro generale sulla situazione ce lo delinea Mariella Meli, presidente dell’associazione Famiglie disabili lombarde. “Diverse famiglie – dice a Fanpage.it – ogni anno si rivolgono a noi per il problema dei centri estivi. Il fenomeno è ancora molto presente in Lombardia, soprattutto al di fuori delle grandi città. Le discriminazioni riguardano tre categorie di settori: l’accessibilità, la durata di partecipazione, spesso garantita per un periodo più breve ai bimbi disabili,  e i costi”.

Su quest’ultimo punto in particolare si sofferma Meli: “Alle famiglie con figli disabili viene richiesta una compartecipazione della spesa necessaria per l’educatore, che nella maggior parte deve essere ad personam. Di conseguenza, oltre alla spesa media di 200-400 euro per l’iscrizione, richiesta a tutte le famiglie, i genitori di chi ha una disabilità arrivano a pagare fino a 2.500 euro circa“.

“Il problema – sottolinea la presidente dell’Associazione famiglie disabili lombarde – riguarda innanzitutto le risorse, a cui Comuni e cooperative potrebbero accedere tramite un bando pubblicato ogni anno da Regione Lombardia, molti però non ne fanno nemmeno richiesta, dal momento che la partecipazione non è obbligatoria. Si crea quindi un tema di discriminazione, che riguarda sia l’ente pubblico sia l’ente privato: entrambi dovrebbero garantire uguale trattamento a tutti i bambini”.

Quanto costa la felicità di un bambino?

I costi però non sono solo economici o relativi alla fatica dei genitori. Partecipare ai centri estivi è un’occasione di socialità utile soprattutto ai bimbi disabili. Eppure molte famiglie sono rassegnate.

“Ormai mio figlio si è fatto l’idea che i centri estivi non li può frequentare – dice Giusy -, alcune volte vengono i suoi compagni di classe a giocare con lui il sabato mattina, ma per il resto ci arrangiamo noi in famiglia, gli propongo attività manuali e gite. Il problema è che è sempre solo: se andiamo in montagna, per esempio, chi non lo conosce non tende a coinvolgerlo in un gioco, per cui lui è abituato a stare con noi adulti, a giocare con noi adulti. Penso che se ci fosse un centro estivo che aiutasse noi famiglie, allora sì veramente si potrebbe parlare di inclusione, cosa che adesso si usa a sproposito, perché la realtà, anche nelle scuole, è ben diversa”.

“Viviamo una situazione di enorme dispersione di servizi – aggiunge Sabrina -: oltre alla fatica costante dell’assistenza h24 ai nostri figli, per accedere ai servizi dobbiamo affrontare continui iter burocratici.  A volte i fondi non è che non ci siano, ci colpisce però come vengono gestiti. Le persone, quando non hanno determinati problemi, non si rendono delle esigenze di chi sta dall’altra parte, vivono il loro lavoro nel sociale o nella politica come amministrativo, puramente contabile”.

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Fonte : Fanpage