Fondi Ue a partiti e fondazioni: chi si spartisce 70 milioni di euro all’anno

Dagli euroscettici agli indipendentisti, passando per i movimenti cristiani. Ogni anno il Parlamento Ue finanzia con circa 70 milioni di euro partiti europei e le loro fondazioni allo scopo di promuovere la democrazia e “l’integrazione in seno all’Unione”, e di contribuire “a formare una coscienza europea”. I fondi servono a promuovere le elezioni europee (ma non le campagne elettorali), eventi e attività di comunicazione, oltre che le spese per il personale. Ma più di una volta tali finanziamenti sono stati oggetto di feroci critiche, soprattutto da chi segnalava tra i beneficiari la presenza di organizzazioni estremiste, o contrarie ai principi fondamentali europei, se non proprio all’esistenza dell’Ue. Un problema che col tempo è stato risolto, anche se non del tutto. 

Fondi Ue agli euroscettici

È il caso dei sovranisti, per esempio. Anche se il partito Ue di riferimento, Identità e democrazia (Id), non ha nei suoi punti programmatici la dissoluzione dell’Unione europea, è anche vero che tra i suoi membri c’è chi in passato si è detto favorevole a uno scenario del genere. Non è certo questo il corso preso dal Rassemblement national di Marine Le Pen in Francia o dalla Lega in Italia, le due formazioni nazionali che insieme ai tedeschi dell’AfD rappresentano il blocco di potere di Id. Nel 2024, il partito ha ricevuto 4,5 milioni di euro di finanziamenti, la maggior parte dei quali spesi per eventi e attività di comunicazione (a differenza dei partiti più europeisti, dove la principale voce di bilancio riguarda il personale). A questi soldi vanno aggiunti quelli per la sua fondazione (poco più di 2 milioni di euro).

Anche i conservatori dell’Ecr, oggi guidati dalla premier Giorgia Meloni, hanno ricevuto in passato più di una critica per non aver disdegnato i finanziamenti pubblici dell’Ue. Soldi che, prima della Brexit, sono andati ai Tories britannici, i quali, insieme ai duri e puri dell’Ukip di Nigel Farage, hanno potuto contare su queste risorse per promuovere l’uscita del Regno Unito dall’Ue, e non certo per favorire l’integrazione del blocco. Con l’uscita dei Tories, il timone dell’Ecr è passato nelle mani dei polacchi del PiS, anch’essi in rotta di collisione con Bruxelles. Nulla a che vedere con la direzione intrapresa con Meloni, che, complice anche il comune sentimento pro-Ucraina del partito (e anti-Russia), è sempre meno euroscettico e più europeista. Nel 2024, tra partito e fondazione, l’Ecr incasserà circa 6,4 milioni di euro. Stando agli ultimi bilanci disponibili, il partito Ecr ha solo due dipendenti a tempo pieno e uno a tempo parziale, per i quali spende circa 600mila euro all’anno (una media di quasi 240mila euro per i full time). Il movimento (che si chiama New Direction ed è guidato dal ministro Raffaele Fitto) dichiara appena due dipendenti per una spesa intorno ai 450mila euro (225mila euro a testa circa). 

I re dei contributi

La parte del leone per contributi ricevuti la fa comunque il Partito popolare europeo (Ppe), la formazione politica di centrodestra che annovera Forza Italia trai i suoi membri e il ministro degli Esteri Antonio Tajani (nonché ex presidente dell’Eurocamera) tra gli amministratori: per il 2024, il Ppe incasserà 13,5 milioni di euro. Guardando all’ultimo bilancio disponibile, il grosso delle spese va al personale: 4,9 milioni per una trentina di dipendenti (una media di 160mila euro lordi all’anno per dipendente). Altri 3,8 milioni sono andati all’organizzazioni di eventi, mentre 1,2 milioni sono stati spesi per attività di comunicazione, tra cui 500mila euro per i suoi siti web e social. Collegata al Ppe c’è la fondazione Wilfried Martens Centre for European Studies, che per il 2024 ha ricevuto un finanziamento di 6,5 milioni di euro, il più alto tra le fondazioni europee, di cui circa la metà viene spesa per pagare gli stipendi dei suoi 26 dipendenti. Nel board del Martens Centre siede l’ex ministro Angelino Alfano.

Nella grande famiglia del Ppe rientra in qualche modo anche il Movimento cristiano politico europeo (Ecpm), che raggruppa la galassia dei partiti cristiani del continente, tra cui l’italiano Idea guidato dall’ex forzista Gaetano Quagliariello e vicino al governatore ligure Giovanni Toti. Al Parlamento europeo, i deputati di Ecpm siedono nel gruppo del Ppe (ma ce ne sono almeno tre che sono iscritti all’Ecr). Il movimento incasserà nel 2024 885mila euro, a cui aggiungere i 420mila previsti per Sallux, la sua fondazione. 

Dai socialisti ai verdi

Dietro i popolari, per fondi ricevuti si piazza il Partito socialista europeo (Pse), di cui fa parte il Pd: l’ultimo finanziamento Ue ammonta a 10,6 milioni di euro. Anche in questo caso il grosso delle spese va al personale: 3,9 milioni per 29 dipendenti (una media di 117mila euro lordi per impiegato, decisamente più bassa di quella del Ppe). La famiglia socialista contempla anche la fondazione Feps, che quest’anno incasserà 5,2 milioni di euro e annovera 24 dipendenti.

Più complessa la galassia dei liberali: al Parlamento europeo i suoi deputati siedono sugli stessi scranni, quelli di Renew, ma i partiti di riferimento sono essenzialmente due, l’Alde e il Partito democratico europeo (Pde). Il primo, che ha al suo interno Azione di Carlo Calenda e PiùEuropa, incassa 5,6 milioni a cui aggiungere i 2,7 della sua fondazione, l’European liberal forum. Il Pde, che ha tra i suoi leader l’ex dem Sandro Gozi (oggi eurodeputato eletto in Francia con il partito del presidente Emmanuel Macron), riceve 1,3 milioni di euro per il partito e 637mila euro per la sua fondazione, lo Ied, guidato da Francesco Rutelli. Tra le fila del Pde c’è anche Italia Viva dell’ex premier Matteo Renzi. 

Tra i partiti che godono dei più alti finanziamenti pubblici c’è anche quello dei Verdi: 4,8 milioni di euro nel 2024 a cui aggiungere i 2,3 milioni assegnati alla sua fondazione. Alla Sinistra, invece, vanno 1,8 milioni per il partito e 1,2 per la sua fondazione (Transform Europe). 

Separatisti e autonomisti

A chiudere la lista dei beneficiari c’è la European free alliance (Efa), l’alleanza dei partiti regionalisti, autonomisti e indipendentisti dell’Ue. Come nel caso del Movimento cristiano e del Partito democratico, anche la Efa non ha un gruppo di riferimento specifico nel Parlamento europeo. Tra i suoi deputati troviamo esponenti dei Verdi, come l’italiano Piernicola Pedicini (segretario del Movimento equità territoriale e candidato alle prossime elezioni nella lista di Michele Santoro) e alcuni indipendentisti fiamminghi di destra dell’N-Va (partito che di fatto è membro dell’Ecr di Meloni). All’interno una galassia di formazioni che spazia dai separatisti catalani agli indipendentisti della Bavaria. Tra gli esponenti italiani figurano il movimento autonomista dei Siciliani liberi, ma anche gli indipendentisti del Sud Tirolo, o ancora il movimento Patto per l’autonomia. Nel 2024, tra partito e fondazione, potranno contare su 1,7 milioni di euro per promuovere la loro visione dell’Europa alle prossime elezioni. Poco importa se in liste di destra o di sinistra. 

Fin qui, i soldi che l’Ue elargisce direttamente ai partiti europei e allo fondazioni. Ma i grandi gruppi politici ricevono anche i fondi pubblici per i loro staff parlamentari: si va dai 16 milioni di euro all’anno per il gruppo del Ppe ai 3,8 milioni per la Sinistra. In mezzo, in ordine di grandezza (e di contributo), i Socialisti e democratici (13,8 milioni), Renew Europe (9,7), Verdi (6,9), Id (6,3) e Ecr (6,1).

Fonte : Today