Sul finire degli anni Settanta, l’imprenditore dei flipper e dei jukebox Si Redd, nato nel 1911 nel Mississippi, ebbe un’intuizione: stava osservando alcuni ragazzi dell’epoca mentre giocavano ai pionieristici videogiochi Atari, restando per ore incollati al monitor. Davanti a questa scena, continuava a interrogarsi su che cosa li attirasse così tanto, visto che la vittoria in una partita non comportava alcuna ricompensa economica.
Questo dubbio gli fece venire un’idea: trasformare le vecchie slot machine meccaniche (che all’epoca avevano scarso successo) in una sorta di videogioco digitale dotato di schermo, programmandole affinché i giocatori potessero scommettere su più di una fila e su una maggiore varietà di simboli.
In questo modo, le probabilità di vincere almeno cifre di piccole entità salirono al 45%, una percentuale molto più alta rispetto alle vecchie slot machine (in cui le vincite erano più rare ma più ingenti), garantendo comunque che la maggior parte del denaro restasse al banco. Redd aveva capito due cose: dai videogiochi aveva appreso la necessità di velocizzare il ciclo della vittoria per tenere agganciati gli utenti delle slot machine; dalla psicologia umana aveva capito che le persone che giocano un dollaro, ma vincono solo 50 centesimi, non percepiscono una perdita di 50 centesimi, ma una vincita di 50 centesimi. Un fenomeno chiamato perdita travestita da vincita.
Questo fenomeno è stato da allora indagato anche a livello scientifico. Al tempo fu però soprattutto alla base dell’enorme (e tutt’oggi perdurante) successo delle slot machine, cui Redd aggiunse anche suoni allegri e forti, luci lampeggianti e grafiche divertenti. Luci, suoni e colori emessi sia per le vittorie autentiche (quando la vincita supera l’investimento), sia per le già citate perdite travestite, condizionando così psicologicamente i giocatori.
Come racconta il giornalista Michael Easter nel saggio Mai Abbastanza, appena pubblicato da ROI Edizioni e che indaga come l’essere umano sia rimasto vittima dello stesso meccanismo che ci fa restare incollati alle slot machine in una moltitudine di altri settori, “Redd aveva individuato una potente peculiarità della mente umana. I comportamenti che compiamo in rapida successione, dal gioco d’azzardo all’abbufarsi, dall’acquisto eccessivo al binge-watching, all’ingestione compulsiva di alcol e molti altri ancora, sono manifestazioni conseguenti al loop della scarsità, che è costituito da 3 parti: opportunità, ricompense imprevedibili, rapida ripetibilità”.
Perché la nostra mente è così condizionabile dal loop della scarsità? “Ci siamo evoluti in contesti difficili, che avevano una caratteristica comune: erano ambienti che offrivano poco, nei quali la scarsità era ubiquitaria – ha scritto Easter nel saggio – Alcune risorse fondamentali per la nostra sopravvivenza, come il cibo, le informazioni, i mutui condizionamenti, i beni e le proprietà, il tempo della vita trascorsa sulla Terra, quel che potevamo fare per sentirci bene, erano scarse, difficili da individuare e impermanenti. Le persone che sopravvivevano, e quindi trasmettevano i loro geni, cercavano di ottenere qualcosa di più. Tendevano a mangiare in eccesso, ad accumulare oggetti e informazioni, a cercare di influenzare gli altri e i loro ambienti, a perseguire i piaceri e a soddisfare oltremisura gli istinti di sopravvivenza”.
Da allora, l’essere umano (almeno in alcune parti del mondo) è però entrato nell’era dell’abbondanza. E adesso questo meccanismo psicologico è spesso usato contro di noi: “Viene sfruttato per catturare l’attenzione, per incitare a un uso continuo e a ripetere il comportamento – ci ha spiegato Easter – I meccanismi del loop della scarsità sono ciò che lo rende divertente, ma è anche lo schema comportamentale che dà la maggiore dipendenza”.
E infatti, dalle slot machine in avanti (senza dimenticare le trappole in cui questo meccanismo ci faceva cadere già prima, come nel caso delle droghe, del cibo o dell’alcool) il loop della scarsità è stato sfruttato in una miriade di settori, che hanno soprattutto a che fare con il mondo tecnologico: “Tutti i social media si basano su questo meccanismo, come anche le scommesse sportive. Anche lo shopping online fa leva su elementi del loop della scarsità. Se ne trovano elementi anche nel mondo dell’informazione e in molti altri campi ancora”, ci ha spiegato ancora Easter.
L’autore, che per la sua indagine si è spinto fino in Iraq, per indagare la diffusione di una droga chiamata Captagon, e poi in Bolivia, in New Mexico, Montana e altrove, mostra nel saggio come questo meccanismo psicologico sia usato anche nella progettazione degli smartphone, nelle app (un esempio è la rotellina che gira quando si aggiornano la mail su iPhone), nei social network, nello shopping online e nelle “offerte incredibili” di realtà particolarmente spregiudicate come Temu (che in realtà sono una vera e propria perdita mascherata da vincita), nel mondo delle criptovalute e anche nelle dating app.
Ma se questo meccanismo è così potente e viene usato dai colossi della Silicon Valley (e non solo) contro di noi, è possibile riuscire a non restarne intrappolati? “Se non ne fossimo attratti, la nostra specie si sarebbe estinta – ci ha detto Easter – Ciò non significa che siamo impotenti: se un comportamento causato dal loop della scarsità ti sta facendo vivere male e soffrire, il modo per uscirne è di cambiare o rimuovere qualcuna delle 3 parti che compongono il loop. Nel libro spiego come ciò può essere fatto in una varietà di settori”.
La cosa più sorprendente è che lo stesso meccanismo che viene così spesso rivolto contro di noi può giocare anche a nostro favore: “Molte app usano il loop della scarsità per incentivare le persone ad avere comportamenti positivi, per esempio nel mondo dell’attività fisica. Ed è abbondante anche in molte attività che ci tengono a contatto con la natura, come andare a funghi, il bird watching o la pesca”.
La differenza, è che in questi ultimi casi nessuno ha progettato il loop della scarsità per renderci dipendenti da qualcosa, ma esso è naturalmente integrato nell’attività che stiamo compiendo. Il loop, insomma, è presente nel bene o nel male in una miriade delle attività che svolgiamo quotidianamente. Per sfuggire ai suoi risvolti più negativi, la prima cosa da fare è prendere coscienza della sua esistenza.
Fonte : Repubblica