Facebook ha spiato il traffico degli utenti su Snapchat

Vengono allo scoperto alcuni dei segreti aziendali di Facebook. Secondo alcuni documenti giudiziari resi pubblici in questi giorni, nel 2016 la società di Zuckerberg avrebbe avviato un progetto per “spiare” e studiare il traffico degli utenti su Snapchat, così da comprendere come competere al meglio con il social rivale. Il progetto, conosciuto con il nome di “Ghostbuster” per il chiaro riferimento al logo fantasma di Snapchat, faceva parte del più ampio programma In-App Action Panel (IAPP), che si avvaleva di una tecnologia piuttosto avanzata per “intercettare e decrittografare” il traffico crittografato delle app competitor. Non solo Snapchat quindi, ma anche YouTube e Amazon.

Ogni volta che qualcuno fa una domanda su Snapchat, la risposta di solito è che, poiché il loro traffico è criptato, non abbiamo analisi su di loro. Considerando la rapidità con cui crescono, sembra importante trovare un nuovo modo per ottenere analisi affidabili su di essi. Forse dobbiamo avviare dei progetti o scrivere un software personalizzato. Dovresti capire come farlo”. Così scriveva Mark Zuckerberg lo scorso 9 giugno 2016 in un’email inserita tra i documenti presentati ieri in un tribunale della California nell’ambito di un’azione legale collettiva tra i consumatori e Meta, la società madre di Facebook. Di tutta risposta, gli ingegneri della compagnia proposero di utilizzare Onavo, un servizio simile a una VPN acquisito dalla società di Zuckerberg nel 2013.

Nel giro di poche settimane, così, il team di Onavo è riuscito a mettere a punto un kit che poteva essere installato su iOS e Android e che intercetta il traffico per specifici sottodomini, “permettendo di leggere quello che altrimenti sarebbe un traffico criptato, così da poter misurare l’utilizzo in-app“. Un approccio ai limiti dell’illegale che non sembra aver riscosso molto consenso all’interno della stessa Facebook. In più di un’occasione, per esempio, alcuni dei dirigenti della società hanno espresso la loro preoccupazione riguardo la privacy degli utenti delle piattaforme. Non a caso, nel 2020 la società è finita nel mirino di un’azione legale che sosteneva che avesse “sfruttato la ricchezza di dati che estraeva ingannevolmente dai suoi utenti per identificare i concorrenti nascenti e quindi ‘acquisire, copiare o uccidere’ queste aziende”.

Fonte : Wired