Il provvedimento non era previsto nell’ordine del giorno dei lavori, ma è arrivato a sorpresa sul tavolo del Consiglio dei ministri di ieri, martedì 26 marzo. Con un obiettivo chiaro: dare l’addio definitivo al superbonus, “chiudere definitivamente l’eccessiva generosità di questa misura e mettere un punto finale per il 2023”, come ha spiegato senza mezzi termini il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che ha presentato la misura e confermato “i risultati devastanti per la finanza pubblica, anche per il 2024”. Scorrono dunque i titoli di coda per la generosa agevolazione fiscale garantita dallo Stato per gli interventi di ristrutturazione edilizia che migliorano l’efficienza energetica di case e condomìni, in vigore dal maggio del 2020 (governo Conte II).
Di fatto, il nuovo decreto legge approvato ieri dal governo introduce nuove limitazioni, eliminando alcune eccezioni e concessioni che lo stesso esecutivo aveva avallato con il precedente decreto sul tema, nel dicembre 2023. Ora il Parlamento ha sessanta giorni di tempo per convertirlo in legge, come avviene per tutti i decreti legge. Vediamo cosa cambia in concreto, punto per punto, nel dettaglio.
Superbonus: stop sconto in fattura e cessione credito per tutte le agevolazioni
Il provvedimento sui bonus edilizi elimina ogni tipo di sconto in fattura e cessione del credito per tutte le tipologie di agevolazioni edilizie che ancora lo prevedevano, ha spiegato Giorgetti. Sconto in fattura e cessione del credito, quindi, sono cancellati non solo per il superbonus, ma anche per il bonus barriere architettoniche e per gli interventi di recupero degli edifici nelle aree sismiche. In sintesi, restano solo le detrazioni fiscali, opzione certamente meno appetibile e meno utilizzata dai contribuenti rispetto a sconto in fattura e cessione del credito. I crediti d’imposta relativi ai bonus edilizi verranno sospesi a chi ha debiti con l’erario, e saranno compensati con quelli.
La data chiave del 4 aprile 2024
Non solo. È stata cancellata anche la cosiddetta “remissione in bonis”, il meccanismo che prevedeva la possibilità per il contribuente in ritardo di presentare la documentazione necessaria per accedere ai bonus edilizi con il pagamento di una piccola multa di 250 euro, entro il 15 ottobre 2024. Il termine ultimo per caricare la documentazione in questione è e rimane il 4 aprile 2024. La decisione è stata presa per acquisire entro quella data l’ammontare del complesso delle opzioni esercitate e delle cessioni stipulate. Il 4 aprile prossimo, dunque, sarà l’ultimo giorno per le comunicazioni all’Agenzia delle entrate su cessioni dei crediti e sconti in fattura relativi all’anno 2023. Non si potrà più andare oltre, mentre in precedenza era previsto che per i lavori non ancora ultimati si potessero compiere variazioni ai piani, con il pagamento di sanzioni limitate.
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“Abbiamo eliminato la disposizione della remissione in bonis che avrebbe consentito fino al 15 ottobre le correzioni con il pagamento di minime sanzioni di tutte le comunicazioni già intervenute e previsto per tutte le nuove fattispecie una nuova comunicazione preventiva, quando si inizia il lavoro, in modo da avere un monitoraggio del fenomeno e non solo quando le fatture vengono caricate”, ha spiegato il ministro Giorgetti.
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La dichiarazione preventiva, le multe e la stretta al credito d’imposta Ace
La dichiarazione preventiva diventa necessaria per accedere alle agevolazioni edilizie: bisogna comunicare di volerne usufruire prima dell’invio delle fatture a lavori già avviati. Nel caso di omessa trasmissione delle informazioni a interventi già avviati, la sanzione amministrativa arriva a 10mila euro. Per i nuovi interventi, invece, è prevista la decadenza dell’agevolazione fiscale. E poi c’è la limitazione della cessione del credito Ace (aiuto alla crescita economica riconosciuto alle imprese), perché si era iniziato a notare un utilizzo fraudolento su questa agevolazione, che peraltro è eliminata dalla riforma fiscale.
Più di 114 miliardi di euro di spesa pubblica
Così il governo corre ai ripari sui rischi di nuovi preoccupanti sforamenti dei conti a causa del superbonus e degli altri bonus fiscali ed energetici. “Norme nate in modo scriteriato e che hanno prodotto risultati devastanti per la finanza pubblica”, ha detto Giorgetti durante la conferenza stampa post Consiglio dei ministri. I dati sul costo del superbonus, d’altronde, sono chiari. L’ultimo report dell’Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile), risalente a fine febbraio 2024, calcola una spesa a carico dello Stato di 114,4 miliardi di euro. Oltre 7 miliardi in più rispetto al mese di gennaio.
“Già il conto è salatissimo – ha ammesso Giorgetti, ribadendo gli allarmi già lanciati in passato -. Anche se qualcuno ne è entusiasta, il prezzo per la finanza pubblica e sul debito graverà per diversi anni a venire. L’obiettivo di questo decreto è mettere un punto finale rispetto all’impatto sul 2023, fatte salve le valutazioni definitive di Eurostat”.
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La decisione del governo Meloni arriva anche guardando alle nuove previsioni che l’esecutivo farà a breve con il Def (documento di economia e finanza), nel mese di aprile, e per le quali si attende anche la valutazione da parte di Eurostat sui criteri di contabilizzazione dei bonus. Le indiscrezioni emerse finora parlano di ulteriori sforamenti per 10 miliardi di euro.
Il superbonus dal 2020 a oggi
Il superbonus è una misura ideata e introdotta nel 2020 dal secondo governo di Giuseppe Conte. Fino a fine 2022 prevedeva un rimborso del 110% delle spese sostenute per i lavori. Per chi ha fatto domanda nel 2023, invece, il rimborso è del 90%, mentre dal 2024 è sceso ulteriormente al 70%. All’inizio l’agevolazione poteva essere riscossa in tre modi diversi:
- la detrazione fiscale per i proprietari delle abitazioni che pagavano i lavori di ristrutturazione di tasca propria, con i rimborsi poi fatti dallo Stato detraendo gli importi dalle tasse dovute negli anni successivi;
- lo sconto in fattura applicato dai fornitori e dalle imprese: chi faceva i lavori si “caricava” il credito fiscale dei proprietari delle case, per recuperarlo in un secondo momento dallo Stato sotto forma di detrazione fiscale;
- la cessione del credito di imposta, infine: il meccanismo permetteva di trasferire la detrazione fiscale ad altre imprese, banche, enti o professionisti.
Poi sono state gradualmente introdotte diverse limitazioni nelle modalità di riscossione e di utilizzo dell’agevolazione, fino alle novità drastiche delle ultime ore.
Fonte : Today