Hanno dovuto aspettare ben 68 anni, ma adesso le famiglie di Rocco Ceccomancini e Dante Di Quilio potranno seppellire e piangere i due uomini morti nel disastro di Marcinelle, ma il cui cadavere non era finora mai stato identificato. Il disastro della miniera del Bois du Cazier causò 262 vittime l’8 agosto 1956, tra loro ci furono ben 136 immigrati italiani. Alcuni dei corpi delle vittime del tremendo incendio, causato dalla combustione d’olio ad alta pressione innescata da una scintilla elettrica, non furono mai identificati, ma le loro famiglie non si sono mai arrese all’idea di non poter almeno seppellire il proprio caro scomparso.
Tra loro i familiari di Ceccomancini e Quilio che sono diventati gli ultimi due minatori sconosciuti di cui si è potuta accertare l’identità, insieme a un terzo, il francese Oscar Pellegrims. In tutto erano 14 i minatori di cui non è stato possibile identificare il corpo, 12 dei quali italiani. Dal 2021, su richiesta della famiglia di Francesco Cicora, è in corso un lungo processo di identificazione. L’Istituto Nazionale di Criminalistica e Criminologia è incaricato delle analisi.
Gli scienziati stanno confrontando il Dna dei minatori scomparsi con quello dei loro attuali familiari. È così che si è scoperto che uno dei 14 corpi senza identità era quello di Rocco Ceccomancini, che al momento della tragedia aveva solo 19 anni. Il giovane come tanti italiani si era trasferito nel Paese per lavorare nelle miniere, grazie a un accordo tra Roma e Bruxelles, con l’Italia che forniva manodopera in cambio di carbone a più basso costo. Ceccomancini era arrivato al Bois du Cazier appena quattro mesi prima, era originario del paese di Turrivalignani, in provincia di Pescara.
In Belgio inizialmente gli italiani furono oggetto di diffidenza e razzismo, venivano chiamati baraki (perché vivevano in baracche) o maccaronì (perché mangiavano sempre pasta), ma soprattutto rital, termine dispregiativo usato anche in Francia la cui origine è incerta, ma che potrebbe derivare dalla sigla R.Ital. “République Italienne” che era scritta sulle carte di soggiorno degli immigrati italiani. Alcuni bar e ristoranti all’epoca esponevano anche cartelli con la scritta Interdit aux chiens et aux Italiens, vietato l’ingresso ai cani e agli italiani. Dopo la strage le cose cominciarono a cambiare, con la maggior parte dei belgi che si resero conto che gli italiani erano nella grandissima maggioranza onesti lavoratori che erano venuti a fare i mestieri più umili in cerca di una vita migliore. Oggi gli italiani sono la seconda comunità immigrata del Belgio, e probabilmente la più integrata e amata. Ogni anno l’8 agosto al Bois du Cazier, che oggi è un museo, vengono commemorate le vittime del disastro.
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Fonte : Today