Julian Assange può ancora salvarsi dall’estradizione negli Stati Uniti

Il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, potrebbe salvarsi dall’estradizione negli Stati Uniti, dove rischia una condanna a 175 anni di carcere per accuse di spionaggio. La Corte suprema del Regno Unito ha deciso di accogliere la sua richiesta di poter fare appello contro l’ordine di estradizione, firmato nel 2022 dall’allora ministra dell’Interno Piri Patel. Dopo anni di battaglie legali, la decisione dei massimi giudici britannici apre uno spiraglio di speranza per le sorti di Assange.

Informatico e attivista australiano di 52 anni, Assange è stato incriminato con 18 accuse di spionaggio per aver reso pubblici migliaia di documenti militari riservati degli Stati Uniti, tra il 2010 e il 2011, relativi ad attacchi contro civili e violazioni dei diritti umani avvenute durante le invasioni di Iraq e Afghanistan e nei confronti dei prigionieri del carcere di massima sicurezza di Guantanamo. L’ex presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, aveva deciso di non incriminare Assange per proteggere il diritto alla libertà di espressione e di stampa. Ma il procedimento è stato comunque aperto nel 2019, dall’amministrazione statunitense guidata dall’ex presidente Donald Trump.

Da allora, dopo aver perso la protezione diplomatica da parte dell’Ecuador, Assange è stato arrestato e rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, vicino Londra. A Belmarsh sono rinchiusi terroristi e criminali che devono scontare gravi pene e Assange è l’unico giornalista incarcerato nel Regno Unito. Dopo anni di battaglie legali, i suoi avvocati sono riusciti a convincere i giudici a dare spazio al suo appello contro il trasferimento negli Stati Uniti, dimostrando come qualunque azione contraria avrebbe significato punire Assange per le proprie opinioni politiche, violando il suo diritto alla libertà di espressione e il principio della libertà di stampa sanciti sia dal Primo emendamento della Costituzione statunitense, sia dalla Convenzione europea sui diritti umani.

Accettando la possibilità di fare appello, i giudici hanno dato una speranza ad Assange ed evitato di sancire un pericoloso precedente che avrebbe minacciato le future attività di altri giornalisti e whistleblowers (gli informatori anonimi) impegnati nella ricerca della verità. Ora, il processo contro il fondatore di WikiLeaks verrà riaperto e il suo caso riesaminato. Nel frattempo, i suoi legali hanno già presentato un’istanza presso la Corte europea dei diritti umani (Cedu), che potrebbe mettere la parola fine sul caso e scagionare definitivamente Assange, anche nel caso i tribunali britannici decidano nuovamente di cedere alle pressioni statunitensi per estradarlo.

Fonte : Wired