Il problema dei 3 corpi e non solo, chi sono i protagonisti dell’era d’oro della fantascienza cinese

In 2066: Red Star Over America, pubblicato nel 2000, immagina il futuro collasso degli Stati Uniti in un mondo dominato dalla Cina. Lui stesso si descrive d’altronde come un “convinto nazionalista” e spesso nei suoi lavori critica il desiderio di occidentalizzazione che ha soprattutto in passato attraversato una Cina che ora esalta invece proprio le “sue caratteristiche cinesi“. E dire che la sua prima raccolta, Gravestone of the Universe, è stata pubblicata prima a Taiwan (1981) che in Cina continentale, dove veniva ritenuta troppo cupa.

La sua visione della scienza è infatti spesso pessimistica. Come sottolinea Chiara Cigarini nella prefazione dell’antologia I mattoni della rinascita (Future Fiction), Han non esprime appieno il successo di quella fantascienza che viene oggi acclamata e supportata finanziariamente dal Partito Comunista. Anzi, “ribaltando le regole del genere fantascientifico che si fonda su elementi immaginari ma razionalmente plausibili, Han popola la sua fantascienza di soprannaturale e sfumando la razionalità fantascientifica nell’irrazionale, individua nel misticismo una cifra stilistica ed estetica“. Han concilia la sua professione giornalista a quella di scrittore utilizzando elementi reali della storia anche recente cinese (come il tremendo terremoto del Sichuan del 2008) ma inserendoli in una cornice fantascientifica.

Chen Qiufan e il realismo fantascientifico

A una generazione successiva appartiene invece Chen Qiufan (1981), che dopo una laurea in letteratura ha iniziato a lavorare per Baidu, il Google cinese. Dopo aver scritto diversi racconti, fa il grande salto nel 2013 con Marea tossica (edito in Italia da Mondadori). Qui racconta la storia di Mimi, una giovane che vive letteralmente sommersa dall’immondizia. È una della “ragazze dei rifiuti” che lavora tra immensi cumuli di spazzatura elettronica dell’immaginaria Silicon Isle, un luogo tossico dove tutto – aria, terra, acqua – è irrimediabilmente inquinato. Il romanzo incrocia una serie impressionante di temi attuali: dal cambiamento climatico alla transizione energetica, dalle derive del capitalismo al consumismo, dalla povertà alla migrazione interna (imponente in Cina), fino al bellicismo e allo sfruttamento dei poveri.

Non a caso il suo stile viene descritto come “realismo fantascientifico“, in cui al centro tornano ancora una volta gli individui e gli effetti del cambiamento tecnologico su ambiente, persone e rapporti sociali. Sembra una naturale conseguenza il fatto che nei racconti successivi di Chen si rifletta sull’interazione tra uomini e intelligenza artificiale, proprio uno dei settori su cui gli investimenti del governo cinese si concentrano maggiormente.

Hao Jingfang e l’ultra-irrealismo

Un altro nome che non si può evitare se si parla di fantascienza cinese degli ultimi anni è quello di Hao Jingfang, autrice di Pechino pieghevole (tradotto in Italia da add editore), con cui è diventata nel 2016 la prima donna cinese a vincere un Hugo Award. Nata a Tianjin nel 1984, Hao si laureata in fisica per poi conseguire un dottorato in economia. Ha scritto Pechino pieghevole mentre già lavorava alla China Development Research Foundation.

Il romanzo è ambientato in un futuro imprecisato nel quale Pechino è divisa fisicamente da tre classi, che condividono la stessa superficie terrestre in ogni ciclo di 48 ore: la prima classe dirigente, con 5 milioni di abitanti, occupa lo spazio per 24 ore. La seconda classe conta 25 milioni di persone della classe media e occupa lo spazio per 16 ore. Infine, la terza classe conta 50 milioni di persone della classe inferiore e può restare sveglia per sole 8 ore.

Gli spostamenti tra le classi sono strettamente controllati e i trasgressori vengono messi in prigione. Torna di nuovo il conflitto di classe, in un lavoro che intreccia teoria scientifica e riflessione politica. Significativamente, un ruolo preponderante è occupato anche dalle tecnologie di sorveglianza, che proprio in Cina si sono enormemente diffuse nell’ultimo decennio. Si tratta di un fulgido esempio del genere del cosiddetto ultra-irrealismo che prende il via dalla realtà urbana della nuova Cina di Xi Jinping, abbastanza diversa da quella immaginata da Liang nel 1902.

Fonte : Wired