I guai di Telegram in Spagna

È caos per Telegram in Spagna. Nella giornata di venerdì il giudice Santiago Pedraz dell’Alta Corte spagnola, l’Audiencia Nacional, ha ingiunto di sospendere l’applicazione nel paese. La decisione è arrivata dopo che alcune società di media spagnole hanno citato in giudizio Telegram per un utilizzo non autorizzato di contenuti audiovisivi protetti da copyright, chiedendo che la piattaforma venisse sospesa in via precauzionale. E così è stato, considerando anche che pare che la società di Durov si sia rifiutata di collaborare con il tribunale.

La decisione, come potete immaginare, ha sollevato non poche critiche. E non solo da parte degli oltre 8,5 milioni di utenti spagnoli della piattaforma di messaggistica, ma anche di tutti i sostenitori della privacy e della libertà di espressione, valori di cui Telegram si è fatta promotrice sin dalle sue origini. La scelta di non condividere informazioni con le autorità governative, per esempio, ha fatto sì che Telegram diventasse popolare tra i dissidenti di regimi autoritari come la Russia e l’Iran. Ma la tutela della privacy da parte del servizio ha contribuito notevolmente alla diffusione di contenuti sensibili, violenti e pedopornografici. Insomma, l’app di messaggistica non gode di una buona nomea, e questo potrebbe aver contribuito a convincere il giudice spagnolo a decidere di bloccarne nel paese.

La decisione di Pedraz, però, è durata meno di 48 ore. Proprio questa mattina, infatti, il giudice ha annunciato di voler revocare la sua decisione, per commissionare alla polizia nazionale un rapporto riguardante le “caratteristiche di Telegram” e l’impatto che la sua sospensione potrebbe avere sugli utenti. Anche se chi conosce la piattaforma di messaggistica sa bene che questa offre non poche scappatoie a chi risiede in un paese che vuole bloccarne il servizio. “Telegram dispone già di misure per impedire a un operatore nazionale di bloccare il suo servizio”, ha dichiarato l’esperto di sicurezza Rafel López, riferendosi al servizio proxy offerto dall’app per far sembrare che la connessione provenga da un altro paese. Il giudice spagnolo vuole vederci chiaro prima di costringere i suoi concittadini a usare escamotage di questo tipo pur di utilizzare una delle app di messaggistica più note al mondo.

Fonte : Wired