Un po’ in smart working, un po’ in ufficio: come cambia il lavoro in Italia dopo la pandemia

Quattro anni fa, col mondo chiuso in casa per la pandemia, l’espressione “smart working” era sulla bocca di tutti. Specie in Italia, dove aveva preso il posto di quella, più corretta, di “remote working”, lavoro da remoto. Oggi la questione non è più tanto decidere se il lavoro da casa sia più o meno intelligente, ma proprio se esiste ancora o se, con la fine dell’incubo del Covid 19, si sia tornati alla situazione precedente. Anche per questo, ASUS Business ha commissionato alla società Astra Ricerche uno studio che ha coinvolto i dipendenti di aziende di diversi settori in Italia.

Lo studio

La ricerca è stata condotta a marzo 2024 tramite interviste online su un campione di 805 dipendenti italiani dai 18 ai 65 anni, impiegati in piccole, medie e grandi imprese, sia di carattere nazionale che internazionale. Ne sono emersi interessanti insight sul lavoro da remoto e le sue implicazioni sul benessere lavorativo degli individui. Sebbene solo il 6,3% degli intervistati lavori totalmente da remoto, mentre il 51,2% lavora da remoto per 2-3 giorni alla settimana, coloro che praticano lo smart working parziale mostrano un netto aumento della soddisfazione per il proprio equilibrio tra casa e lavoro, le proprie performance e la situazione lavorativa complessiva. Il 79% delle persone è più disposta ad allungare la propria giornata lavorativa per gestire meglio le mansioni durante le ore a disposizione. In particolare, sono i dipendenti a confermare che i vantaggi professionali siano superiori a quelli personali, soprattutto se lavorano in grandi aziende, mentre i lavoratori sopra ai 55 anni, non vedono affatto un miglioramento. Inoltre, il 52% degli italiani vede lo smart working come un modo per annullare i costi di trasferimento casa-lavoro e viceversa, riducendo così lo stress e migliorando la gestione del tempo. Questo è un vantaggio sottolineato dal pubblico con più esperienza e una maggiore età.

Gli aspetti negativi

Tuttavia, nonostante i benefici, ci sono fonti di stress e insoddisfazione associate allo smart working. Per il 47,8% degli intervistati, ad esempio, ha un impatto negativo sul rapporto con i colleghi, generando isolamento, mentre il 69,7% lo associa a un peggioramento della propria condizione lavorativa, pur non influenzando le performance. Entrambi gli svantaggi sono particolarmente importanti per chi supera i 45 anni di età, specie se vive soli senza figli. I settori aziendali che sembrano essere maggiormente colpiti da questi effetti sono le aziende di piccole e medie dimensioni, e quelle che operano nei campi Risorse umane, Finanza e Legale. Più nel dettaglio, i dipendenti intervistati associano l’isolamento a un peggioramento delle proprie performance e della gestione del tempo. Questo punto viene ampiamente condiviso dal pubblico giovane, che finora si era dimostrato meno interessato al rapporto con i colleghi.

Settimana corta o smart working?

Su una scelta tra settimana lavorativa di 4 giorni e smart working, il 50% degli intervistati preferirebbe una settimana lavorativa più corta. Solo il 27% degli intervistati non vorrebbe in tal caso cambiare la propria condizione di lavoratore in smart working. Per il 72% degli italiani, la settimana lavorativa ridotta migliorerebbe ulteriormente la qualità del lavoro, spingendo a eliminare il superfluo e i tempi morti, però due su tre sono convinti che non riuscirebbero a raggiungere gli stessi obiettivi e risultati che registrano oggi.

Stabili ma come dire poca soddisfazione

Poco più della metà dei dipendenti è in regime almeno parziale di smart working, gli altri non lo sono più o non lo sono mai stati. Sono molti i dipendenti insoddisfatti, che si sentono lontani dai principi dell’azienda e convinti che la loro condizione in termini di ruolo, carriera e welfare, sia peggiorata. Ma non si registra alcun esodo di lavoratori che cercano di migliorare la loro situazione: 7 su 10 sono impiegati nell’azienda che attualmente li occupa da oltre 5 anni. Questo dato rivela una notevole stabilità nel mercato del lavoro italiano e solleva meste considerazioni sulle dinamiche occupazionali nel Paese.

La sicurezza

La ricerca ha anche preso in esame il livello di infrastruttura tecnologica adottata da aziende che permettono lo smart working ai propri dipendenti. Risulta che solo il 45% delle persone utilizza un PC fornito dall’azienda e il 60% paga personalmente la connessione internet. Solo il 40% delle aziende ha adottato maggiori sistemi e protocolli di sicurezza informatica per il lavoro a distanza.

Fonte : Repubblica