Monica Setta la conosciamo tutti per il suo modo accogliente, pacato e generoso di entrare nelle case degli italiani attraverso il piccolo schermo. Lo fa da quasi 25 anni. È uno dei volti più riconoscibili, stabili e professionali della tv italiana e una delle penne dietro molti show, articoli e libri. È laureata in filosofia, è di origini pugliesi e la contraddistingue un grande senso del dovere ma anche uno spirito ribelle che l’ha portata a essere una donna rivoluzionaria e una pioniera dell’intrattenimento televisivo come lo conosciamo oggi. Ha sempre avuto una spiccata passione per le storie, quelle vere, tangibili, le storie che parlano di scelte difficili, di persone normali, di bivi.
Monica racconta storie fin da quando è giovanissima, lo faceva a 14 anni quando scriveva per la prima volta su un giornale locale e lo ha fatto a poco più di 20 anni, quando è diventava giornalista professionista nonché una delle firme dei più grandi quotidiani italiani. E ancora oggi, Monica Setta che di anni ne ha 59 e che alle spalle ha una lunghissima carriera, continua a raccontare storie attraverso quel piccolo schermo che ha scelto di far diventare il suo posto nel mondo. Giornalista, conduttrice, autrice tv, scrittrice, Monica Setta è una donna che con la sua sensibilità sa sempre creare una connessione con il suo pubblico e con i suoi interlocutori, sa far riflettere ma soprattutto emozionare e si è aperta con noi in un’intervista intima e onesta parlando dei due programmi di successo che conduce in questo momento su Rai2, Storie di Donne al Bivio in onda di giovedì in seconda serata e di sabato alle 14.00 e Generazione Z in tv di martedì, in seconda serata.
E questo è il suo racconto.
Iniziamo dal tuo programma “Storie di donne al bivio” un grande successo televisivo dove racconti le donne partendo dalla loro sliding door, da un momento decisivo che ha cambiato per sempre la loro vita. Perché hai scelto “il bivio”?
“Perché ho riscontrato in tanti anni di giornalismo e migliaia di interviste – ho fatto tanti programmi sulle donne, il primo me lo cucì addosso Maurizio Costanzo e si chiamava Donne allo Specchio a La7 nel 2002 – che le persone quando le chiami a parlare di cose personali tendono a chiudersi. Invece se tu le lasci libere di decidere loro quale è stato il momento cruciale della loro vita, lì diventano davvero sincere. Ecco perché l’idea del bivio. Le cose personali uno tende a non dirle. Io, invece, lascio libere le mie ospiti di dirmi quale è stata la loro sliding door, quella porta che hanno aperto dovendo decidere da che parte andare e quanto, poi, quella scelta ha cambiato la loro vita. Si parte da un assunto estremamente semplice. Questo non è un programma che ha grandi ambizioni, ha la sola ambizione di far parlare le donne in totale sincerità e senza forzature. È un programma di seconda serata, una piccola produzione interna di 5 persone che non vuole fare notizia ma solo parlare in maniera semplice, sincera. Gli ospiti non hanno l’ansia o la pressione di doversi mettere in gioco ed è proprio grazie a questa libertà decisionale e di espressione che alla fine si mettono in gioco ancora di più. Sono venute fuori tante confessioni inaspettate come quella che andrà in onda sabato prossimo dove Rita Dalla Chiesa ripercorre il momento in cui la premier Meloni le chiese di fare il sindaco di Roma nel 2016 e lei non accettò, poi pentendosene o quella in cui Elena Bonetti ha scoperto di essere come ministra ministra delle Pari Opportunità e della Famiglia nel governo Draghi dalla tv. La chiave del mio programma stà tutto nella libertà”.
Mancava, secondo te, questa “libertà” in televisione?
“Non so dirti, in televisione c’è tutto e soprattutto nessuno inventa più niente. Io ho fatto lo sforzo di crearmi dei piccoli progetti e sperimentazioni. Non hanno l’ambizione di fare chissà quali ascolti, anche se sta andando molto bene. Storie di donne al bivio è un programma molto semplice che mi corrisponde molto e che corrisponde anche a un bisogno degli intervistati. E ha un altro pregio che è quello di raccontare le storie di personaggi medi, non è tanto il nome quanto la storia, è un cambio di registro. Il grande nome ti traina ma quando hai personaggi non all’apice del successo o lontani dalle scene, ti raccontano delle piccole verità. La fatica è quella di far raccontare un percorso legato al bivio. Poi abbiamo chiamato anche personaggi come Giorgia Meloni e Elly Schlein che ci piacerebbe avere”.
Inizi le tue interviste sempre con una frase: “Cominciamo dal bivio” ma qual è stato il bivio nella tua vita?
“Il mio bivio fondamentale è stato quello tra carta stampata e televisione. Io vengo dalla carta stampata e intorno al 2002 ho iniziato a fare televisione su La 7 continuando a lavorare in contemporanea come capo-redattore di Io Donna, del Corriere della Sera. A un certo punto, nel gennaio 2024, mentre ero in treno per andare negli studi televisivi di Rai2 al reality La Talpa dove facevo l’opinionista, mi arrivò una telefonata dove mi è stato chiesto di fare una scelta definitiva tra il giornale e la tv. All’epoca i due settori erano compartimenti stagni e ho dovuto decidere in un giorno se interrompere il mio contratto da capo redattore oppure continuare con la tv (dove avevo solo un contratto per 10 puntate come opinionista de La Talpa). Non sapevo a chi chiedere e la prima persona che mi venne in mente fu Maurizio Costanzo perché era lui che mi aveva introdotto alla tv. Maurizio era una persona di una gentilezza infinita e mi disse: “Io ti vedo in tv nei prossimi anni, se hai coraggio, buttati”. Per cui mi dimisi il giorno stesso dal giornale e la sera andati a La Talpa. Avevo 39 anni. Tutti rimasero senza parole, poi dopo due settimane fui riassunta da un giornale, Gente e così sono tornata a dividermi tra carta stampata e televisione ma negli anni la televisione ha preso il sopravvento e poi ho lasciato completamente la carta stampata per dedicarmi alla tv. All’epoca è stato un grosso dilemma per me, chi lasciava un lavoro del genere per l’incertezza? Ma seguire il mio ardire e il consiglio di Maurizio Costanzo mi ha portato a creare la mia strada”.
Che rapporto hai con il tuo corpo? Sei stata una delle prime giornalise in tv a vestire con abiti provocanti e appariscenti.
“Non ho avuto mai problemi di mancanza di autostima, io sono stata una delle prime a vestirmi “da intrattenimento” quando tutte le giornaliste erano in blazer e pantaloni. Io facevo programmi di intrattenimento e ho costruito un personaggio adatto all’intrattenimento che comunque mi apparteneva. Io sono sempre stata contenta di me stessa, ho una grande autostima. Non ho problemi con il tempo che passa, non ho fatto un grammo di ritocchi. Sono molto felice di me, fondamentalmente perché sono una persona risolta, mi sono sposata a 30 anni, ho una figlia grande, mi sono laureata prestissimo, sono diventata giornalista a 24 anni quindi ho fatto proprio tutto. Non ho questa rincorsa del tempo perduto anche perché le soddisfazioni da punto di vista personale e professionale me le sono tolte tutte”.
Qual è l’intervista a “Storie di donne al bivio” che ti ha emozionata di più e quale quella più difficile da fare?
“Tutte, non potrei scegliere perché se non mi emozionano le fermo. Ed è capitato. È successo di recente con Demetra Hampton, non mi convinceva e le ho chiesto di fermarci e andare a bere un caffé. Poi siamo ripartite ed è andato tutto bene. Di difficili non ce ne sono state. C’è sempre già un legame dietro le mie ospiti, conosco la loro storia, le ho intervistate in precedenza. Nessuna è difficile per me perché io mi fermo dove si vogliono fermare loro. Io tutto quello che loro mi raccontano sinceramente, lo accolgo. Credo che l’unica chiave del progetto sia in due parole: la semplicità del tema del bivio e la libertà che hanno le intervistate di dire tutto quello che vogliono e fermarsi quando vogliono”.
Quale donna, invece, sogni di intervistare?
“Io ho dei sogni internazionali e mi piacerebbe moltissimo intervistare Oprah Winfrey perché secondo me è la numero uno al mondo”.
Oltre a “Storie di Donne al Bivio” sei in onda su Rai 2 con un altro programma, “Generazione Z” dove racconti l’attuale generazione di ragazzi. Perché hai voluto dare spazio ai giovani?
“Io ho una figlia della generazine z e mi è venuta l’idea attraverso lei. È una generazione molto interessante che ha vissuto tutto: la pandemia, le guerre, il terrorismo. Nonostante questa precarietà è una generazione piena di valori, di ragazzi che vogliono impegnarsi, che pensano alla sostenibilità. Allora l’analisi di questa generazione mi ha spinto a portarla in tv e ne ho fatto anche un libro, con Cairo, “Figli imperfetti: la forza della Generazione Z“. Io non mi cimento mai con cose in maniera estemporanea e nel 2011 sono andata a Rai Ragazzi e sono stata per sei anni il capo autore di quasi tutti i progetti. Ho sviluppato una grande esperienza con i ragazzi lì e ho imparato molto. Andavamo in giro a cercare storie dovunque e quei sei anni sono stati molto formativi sia per il linguaggio sia per l’approccio ai giovani. É molto faticoso far parlare i ragazzi e anche lì li lascio molto liberi. Io non taglio nulla, dicono quello che gli passa per la testa. Alla fine però il risultato c’è e anche i ragazzi lentamente si sono aperti. E sempre riguardo al mondo dei giovani sto scrivendo il mio 18esimo libro che vuole esplorare il mondo dei tiktoker e che uscirà a ottobre 2024, da un’idea di Roberto Genovesi”.
La tua è una lunghissima carriera e hai sempre ammesso di aver fatto tanta gavetta e di farla ancora adesso. Quanto è importante, oggi, la gavetta in questa società dove si vuole tutto e subito?
“Fare gavetta è importantissimo perché ti chiarirsci le idee. Far arrivare subito i ragazzi significa fare loro un danno perché i ragazzi non sono sicuri che sia quella la loro strada. Farli lavorare, farli sbagliare è importantissimo perché solo così alla fine decidono di fare veramente quello che vogliono, scelgono una vocazione, una strada che per loro coincide anche con la passione perché il lavoro deve essere passione. Io ne ho fatta tanta di gavetta, sono diventata professionista molto giovane ma già avevo iniziato a scrivere a 14 anni. Io ho fatto di tutto, la radio, l’agenzia, il web. Però ho imparato molto più dagli sbagli che dalle cose di successo. Bisogna sempre rimboccarsi le maniche”.
Guardandoti indietro, c’è qualcosa della tua vita che cambieresti?
“Niente, rifarei tutto”.
Hai mai dovuto fare delle rinunce nella vita privata per la carriera?
“Sì, quando è nata mia figlia io ero capo-redattore di Capital, un giornale di lifestyle, era un bellissimo periodo dove giravo molto, facevo interviste. Quando è nata mia figlia ho dovuto rallentare molto. Pensa che il giorno in cui mi si sono rotte le acque io stavo andando a fare un’intervista all’allora amministratore delegato di Alitalia. Era il 3 novembre del 1997 e proprio la mattina avevo l’infervista. Poi, però, ho partorito e ho chiamato questo amministratore delegato dalla clinica scusandomi e lui mi mandò dei fiori bellissimi, tra i primi fiori ricevuti. Dopo la nascita di mia figlia, l’ho seguitoa molto e ho rallentato molto il lavoro”.
Ti è pesato farlo?
“No non mi è pesato. Io sono una mamma chioccia, molto presente. Per me la maternità ha un significato importantissimo quindi ho cercato sempre di tenere insieme le due cose ma a vantaggio della figlia. Per me la quantità è qualità in un rapporto genitore-figlio. Io credo molto al genitore presente, i figli hanno bisogno dei genitori.”
Quindi pensi non esista il perfetto equilibrio tra la maternità e la carriera?
“La conciliabilità tra maternità e carriera si va sempre più perfezionando con il tempo però è vero che è molto difficile essere multitasking. Spesso si fa facendo dei sacrifici sul personale. Nel tempo è migliorato questo rapporto. In passato molte manager hanno rinunciato ai figli per fare carriera, adesso le cose sono cambiate. Siamo passati da “o famiglia o carriera” a un “famiglia e carriera”.
Cosa ti commuove nella vita e cosa, invece, ti fa più arrabbiare?
“Mi commuovono moltissimo gli anziani e i bambini. Mi intenerisce molto il rapporto con gli anziani e i bambini. Cosa mi fa arrabbiare? L’ipocrisia, la gente che non parla chiaro, che gira intorno”.
Qual è il sogno nel cassetto di Monica Setta, oggi?
“Il sogno nel cassetto è quello di portare avanti questi piccoli programmi: Uno Mattina in Famiglia, Generazione Z e Storie di Donne al Bivio e di continuare a fare quello che faccio adesso”.
Fonte : Today