In Italia sono circa 400 mila i figli di parti anonimi, lasciati negli ospedali da donne che hanno il diritto di non essere nominate. E ogni anno sono centinaia i neonati abbandonati nei reparti, spesso perché malati o disabili. La legge in vigore prevede che solo all’età di 100 anni i “figli di madre segreta” acquisiscano il diritto di conoscere il nome di chi li ha messi al mondo; il fatto che per definirli venga menzionata solo la madre la dice lunga su quanto sia vetusta la norma, in un mondo in cui, oltretutto, tra social network e banche dati del Dna può essere molto semplice risalire alle proprie origini. La cosiddetta “legge dei cento anni” ha ispirato il film “Il più bel secolo della mia vita”, diretto da Alessandro Bardani con Sergio Castellitto e Valerio Lundini.
La commedia agrodolce da vedere su Prime Video e quell’assurda legge sugli orfani
Nel 2013, dopo una sentenza della Consulta, molti tribunali hanno concesso ai richiedenti il cosiddetto “interpello”, ovvero la possibilità, da parte delle autorità, di rintracciare le madri (se ancora in vita) e chiedere loro se vogliono incontrare quelle figlie e quei figli un tempo abbandonati. Per colmare il vuoto normativo e fare in modo che non sia un tribunale a decidere caso per caso se interpellare o meno il genitore naturale per una richiesta di incontro, alla Camera e al Senato sono state depositate una proposta di legge e una mozione. Il primo firmatario del testo presentato a Montecitorio è il deputato leghista Gianpiero Zinzi, figlio di Domenico, ex parlamentare Udc tra i primi a occuparsi dei figli abbandonati su richiesta di Anna Arecchia, presidente del Comitato nazionale per il diritto alle origini biologiche. “All’epoca in cui mio padre presentò la proposta di legge – spiega Zinzi a Today.it – i tempi non erano maturi, confido che invece lo siano oggi. Nel 2013 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della legge 184/83 nella parte in cui non prevede, su richiesta del figlio, la possibilità per il giudice di interpellare la madre biologica per chiederle se intende revocare l’anonimato”.
La sentenza della Consulta e la proposta di legge
“Sono trascorsi più di 10 anni – continua il deputato – ma la legge non è stata modificata con il risultato che, ad oggi, i vari Tribunali per i minori adottano diverse procedure di accesso alle origini biologiche per chi non è stato riconosciuto alla nascita. Fortunatamente, in questi anni, i figli adottivi non riconosciuti che hanno reclamato il loro diritto a conoscere le proprie origini hanno potuto contare proprio sul supporto di organizzazioni come il Comitato Nazionale per il diritto alle Origini Biologiche, di cui è presidente Anna Arecchia, che ancora oggi è un’instancabile portavoce di una battaglia che ha vissuto e che ancora vive sulla sua pelle”.
Una battaglia che non ha colore politico
A Palazzo Madama è stata presentata una mozione, a firmarla la senatrice pentastellata Elisa Pirro, che ha definito la ricerca delle proprie origini “un passaggio chiave nel processo di definizione della propria identità”, a dimostrazione che la battaglia per mandare in soffitta la “legge dei cento anni” è trasversale. “La proposta di legge di cui sono primo firmatario – spiega ancora Gianpiero Zinzi – ha raccolto finora l’adesione trasversale di 38 colleghi parlamentari: è un’istanza condivisa, che non conosce colore politico”.
“Siamo pronti a portare la voce delle migliaia di figli adottivi non riconosciuti in Aula, auspicando nella sensibilità di tutti i parlamentari”. Così il deputato Gianpiero Zinzi a Today.it
“Ringrazio ognuno di loro per aver compreso la portata di questa legge e siamo pronti a portare la voce delle migliaia di figli adottivi non riconosciuti in Aula, auspicando nella sensibilità di tutti i parlamentari. Una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha ribadito che fondamento del diritto di risalire alle proprie radici è la tutela della vita privata, compreso il diritto a conoscere i dettagli della propria identità di essere umano. Per la Corte avere queste informazioni è fondamentale anche ai fini della costruzione della personalità di ognuno di noi”.
C’entra anche il diritto alle cure e alla salute
Ovviamente la libertà di scelta della madre non viene intaccata: nessuno, insomma, obbligherà mai una madre che ha deciso di abbandonare una figlia o un figlio a conoscerlo o a dover rinunciare al proprio anonimato. “Conoscere le proprie origini – conclude Zinzi – può essere legato a un legittimo desiderio personale, ma anche a questioni urgenti di salute. È necessario quindi un bilanciamento tra due diritti: quello della madre biologica di continuare a proteggere una decisione presa dopo il parto e quello del figlio di poter ricostruire le proprie origini. Nel caso in cui la madre scelga di restare nell’anonimato, la proposta di legge prevede che il giudice, rispettando la riservatezza della donna, raccolga tutte le informazioni utili, anche quelle di carattere sanitario riguardanti le anamnesi familiari, fisiologiche e patologiche, con particolare riferimento all’eventuale presenza di malattie ereditarie trasmissibili. In questo caso a prevalere è il diritto alle cure e alla salute”.
Fonte : Today