Il Superbonus è la più grande spesa nella storia dello Stato e nonostante gli interventi del governo Meloni per smantellarlo il conto non è chiuso. A ogni nuovo aggiornamento il buco creato dalla famosa agevolazione introdotta dal governo Conte e dai crediti che ha generato si allarga: le stime vengono man mano riviste sempre in peggio, e di molto, rispetto alle previsioni iniziali. Il costo del Superbonus sale nel 2024 e continuerà a farlo, non è chiaro di quanto, affossando il debito pubblico negli anni a venire. A fronte di costi mai visti i benefici sono limitati, mentre le cose possono peggiorare ancora tra manovre correttive e procedure d’infrazione della Commissione europea.
Le previsioni sballate sui costi del Superbonus
L’agevolazione per ristrutturare casa al 110 per cento di “sconto” è stata introdotta dal governo Conte con il “Decreto rilancio” approvato durante l’anno di lockdown della pandemia, nel 2020. Quattro anni fa la Ragioneria generale dello Stato stimava un impatto sui conti pubblici del Superbonus in 35 miliardi di euro fino al 2035. Non è andata così: siamo nel 2024 e secondo i dati Enea il Superbonus è costato oltre 114 miliardi di euro, quanto dieci anni di taglio del cuneo fiscale. Per ora.
Ma cosa è successo? Le previsioni fatte non hanno trovato riscontro nella realtà. A ogni aggiornamento le stime sono state riviste, e di molto, al rialzo. Il Documento di economia e finanza del 2023 (il Def, era aprile) calcolava il costo del Superbonus in 67 miliardi per il 2023, cifra poi portata a oltre 81 miliardi dalla Nota di aggiornamento al Def (la Nadef, a settembre) dopo tre mesi. La differenza con le stime iniziali fatte dalla Ragioneria è di 45 miliardi di euro, quasi due volte l’ultima manovra finanziaria.
Era successa la stessa cosa nel 2022, quando Today.it aveva contattato l’Ufficio parlamentare di bilancio per avere conferme: a giugno la spesa aveva già bruciato lo stanziamento totale per il biennio 2022-2023, allora quantificato dalla ragioneria in 33,8 miliardi.
Il ragioniere che si prenderà le colpe del buco Superbonus
Nel 2024, ecco il nuovo aggiornamento dei costi del Superbonus: l’Istat ha certificato che il deficit del 2023 è peggiorato di quasi 40 miliardi di euro rispetto alle previsioni, come non si vedeva dai primi anni ’90. Il “merito” è del Superbonus e, in generale, dei bonus edilizi, che continuano a costare più di quanto pensassero i tecnici del Mef. Col bonus facciate è successa la stessa cosa: in prima battuta il suo costo era stato stimato in poco meno di 6 miliardi, ma dopo tre anni il conto è salito di oltre 20 miliardi.
Il problema è che mancano dati certi, anche sui crediti circolanti derivati da Superbonus e bonus edilizi: neanche il ministero dell’economia, da cui dipende la ragioneria, sa quantificarli. L’ultima stima è di novembre: i bonus edilizi sono arrivati a 160 miliardi di euro di spesa, di cui 105 miliardi per il Superbonus.
Come si vede dalla tabella del ministero dell’economia, i crediti utilizzati sono 25,5 miliardi di euro: vuol dire che rispetto al totale dei 160 generati ne mancano ancora 135 da smaltire. Nei prossimi anni questa massa graverè sul debito pubblico italiano. Ma è lo stesso ministero di Giorgetti che durante un’audizione ammette l’incertezza sulla questione: “Non è possibile determinare con sufficiente attendibilità la capacità di un certo soggetto di assorbire in compensazione i bonus edilizi […] in quanto ciò dipende da caratteristiche peculiari soggettive e propensioni individuali che non sono note”. In pratica il conto può solo salire e non si sa di quanto.
Cosa abbiamo fatto coi soldi del Superbonus: l’impatto al 2024
A fronte di costi mai visti nel bilancio dello Stato per una singola misura ci si chiede quali siano stati i benefici del Superbonus. Nell’ultimo aggiornamento di Enea, 114 miliardi di euro sono serviti a ristrutturare 480mila edifici, di cui 121mila condomini. Secondo i dati Istat il numero di edifici residenziali in Italia è di 12,1 milioni, di cui circa 1,2 milioni di condomini. Vuol dire che coi soldi del Superbonus è stato ristrutturato poco meno del 4 per cento degli edifici residenziali e circa il 6 per cento dei condomini italiani.
Di conseguenza, l’impatto delle ristrutturazioni sui risparmi di energia è limitato. Secondo i dati elaborati da Today.it a partire dal rapporto annuale sull’efficienza energetica di Enea e dalla relazione annuale sulla situazione energetica nazionale pubblicata dal Ministero dell’Ambiente, nel 2022 c’è stato un risparmio del 4,7 per cento di energia in bolletta. Ma il dato riguarda tutti i bonus edilizi, non solo il Superbonus. Questi dati permettono all’Italia di avvicinarsi agli obiettivi della direttiva europea “Case green” sull’efficienza energetica, ma per rispettarla ancora non basta: servono 217 miliardi di euro in 25 anni.
Il Superbonus arriva in bolletta: per risparmiare il 4% abbiamo speso 100 miliardi
Sul contributo del Superbonus alla ripresa economica post pandemia, l’Istat stima che tutti bonus edilizi abbiano prodotto uno stimolo tra 1,4 e 2,6 punti di Pil in due anni (2021-2022), su una crescita totale di 10,8 punti percentuali. Anche per Banca d’Italia i bonus edilizi hanno avuto degli impatti positivi sull’economia, ma di difficile quantificazione. In ogni caso i benefici non sono riusciti a compensare i costi.
Il rischio manovra correttiva e procedura d’infrazione
Col Superbonus al 110% lo Stato non solo ha rimborsato per intero la spesa degli interventi, ma ha anche riconosciuto un 10 per cento in più. È facile capire perché la spesa per i bonus edilizi sia andata fuori controllo. I governi Draghi e Meloni sono intervenuti più volte per tentare di diminuire i costi delle agevolazioni, fermando sconto in fattura, cessione dei crediti e abbassando la percentuale della detrazione fino al più recente 70%.
Ma proprio il sistema dei crediti è un problema per Giorgetti e Meloni. La spesa per i crediti maturati tra 2023 e gli anni precedenti è stata contabilizzata nell’anno in cui sono stati maturati. Su questo c’è stato un confronto su Eurostat e Istat per capire quando contabilizzare queste somme, se nell’anno di riferimento o spalmarli negli anni futuri. La faccenda non è ancora chiusa perché l’istituto europeo di statistica si pronuncerà non prima di aprile 2024. Il rischio è che la spesa pubblica dei prossimi anni lieviti ancora a causa dei crediti circolanti: ci sono 135 miliardi di motivi per preoccuparsi. E anche una potenziale procedura d’infrazione della Commisione Ue per deficit eccessivo.
Per questi motivi il prossimo Documento di economia e finanza sarà un rebus per il governo Meloni. Se il debito dovesse salire oltre le previsioni potrebbe essere necessaria una manovra correttiva e quello che ora ci sembra scontato, come il taglio del cuneo fiscale, a fine anno potrebbe non esserlo più.
Fonte : Today