Vi spiego il nuovo exploit del Bitcoin

Torniamo a occuparci del Bitcoin, dopo che il medesimo è stato cooptato dalla finanza tradizionale (quella che in criptoslang si chiama TradFi), grazie alla rimozione del divieto della Securities and Exchange Commission (SEC) di creare Etf, cioè fondi, basati sul bitcoin spot, cioè “contante”, in luogo dei soli futures. A dirla tutta, in Europa già esisteva un Etf basato sul bitcoin spot ma l’onda di piena si è prodotta solo quando è caduto il bastione statunitense.

I prezzi del Bitcoin sono ai nuovi massimi storici di tutti i tempi: cancellato il mega ribasso che, tra novembre 2021 e novembre 2022, aveva causato un crash di circa tre quarti delle quotazioni. Tutto bene quel che finisce bene, quindi? Vediamo.

Intanto, come detto, l’incontro tra la grande e vituperata (dai criptoanarchici) finanza globalizzata è stato molto proficuo per le tasche dei detentori della cripto valuta, e ha trascinato in forte rialzo anche le altre, presumibilmente nell’attesa che il taxi Etf passi a prendere anche loro. Più che un taxi, un razzo per l’autostop galattico delle criptovalute.

Lo strappo rialzista è stato amplificato anche dal prossimo “dimezzamento” del Bitcoin, il processo insito nel funzionamento della criptovaluta, che ha un massimo teorico di circa 21 milioni di pezzi. Ogni quattro anni la quantità di Bitcoin creati per ricompensare i cosiddetti “minatori” viene dimezzata. Qui una spiegazione abbordabile anche per chi non è addentro a questi arcana mundi.

L’effetto di scarsità che il numero finito di Bitcoin e il relativo processo di dimezzamento periodico causano, contribuisce allo slancio speculativo degli Etf, per usare un eufemismo. O meglio, il veicolo facilmente accessibile degli Etf mette le ali alle motivazioni “fondamentali” del Bitcoin. Il cosiddetto FOMO (Fear of missing out, paura di “perdere il treno” del rialzo) è stato del tutto sinergico e agli steroidi per il Bitcoin. La finanza tradizionale ha fiutato l’affare, che deriva dall’applicazione di commissioni di gestione agli Etf, e le sue pressioni sulla Sec alla fine hanno avuto successo, grazie anche all’ariete dei ricorsi di una società di gestione, Grayscale, che voleva riconvertire e rilanciare il proprio trust (o fondo chiuso) di Bitcoin, che soffriva per uno sconto elevatissimo rispetto al prezzo spot della criptovaluta.

Come finirà, questo movimento speculativo sempre più estremo? La quota “psicologica” di 100.000 dollari per Bitcoin verrà raggiunta? Fors’anche superata, mi vien da dire. Poi, i crash sono nell’ordine delle cose, e quello che attende questi strumenti potrebbe essere di magnitudine straordinaria, come lo strappo che ha fatto seguito al lancio americano degli Etf spot.

Non so se o quando vedremo questi strumenti organicamente inseriti in portafogli d’investimento istituzionali. Immagino accadrà e attendo di leggere statistiche e motivazioni in termini di miglioramento della cosiddetta “frontiera efficiente”, quella che consente, con una combinazione di asset, di avere maggior rendimento atteso a parità di rischio o minor rischio a parità di rendimento atteso. Questo dovrebbe essere il passo successivo a quel processo di istituzionalizzazione la cui eventualità avevo previsto tempo addietro e che sinora si è puntualmente verificato.

Quanto alle correlazioni di mercato, un tempo il Bitcoin era agevolmente identificabile come “oro digitale” nel senso che, come quello fisico, ha sofferto per l’aumento dei tassi d’interesse reali causato dalla poderosa stretta delle banche centrali. Oggi, curiosamente, Bitcoin e oro sono ancora protagonisti in correlazione diretta. Riguardo al metallo giallo, si sono ipotizzati acquisti da parte delle banche centrali e dei risparmiatori, soprattutto cinesi, impegnati a proteggere i loro risparmi dopo lo scoppio della bolla immobiliare e i crolli di borsa, prima che le autorità cinesi intervenissero per puntellare il mercato. L’attesa per la fine della stretta monetaria occidentale e l’inizio di una fase di riduzione dei tassi, pur se incerta per tempi e magnitudine, è un corollario all’euforia, ma è evidente che i flussi in questo periodo travolgono tutto e tutti, soprattutto le spiegazioni razionali, degradate a razionalizzazioni a posteriori. Poi, c’è sempre la wildcard della geopolitica, che si porta con tutto.

Diciamo, quindi, che Bitcoin e oro tornano a correre assieme ma le determinanti appaiono piuttosto differenti. Per il primo, come detto, c’è l’esplosione di afflussi negli Etf; per il secondo, inopinatamente, nell’ultimo anno ci sono stati deflussi dagli Etf, quindi emergono le solite spiegazioni alternative sui trader quantitativi che fanno e disfano le tendenze. Gli adepti del Bitcoin ameranno trovare conferma alla loro tesi della marcia trionfale che conquista la finanza tradizionale prima di arrivare a impossessarsi del mondo come mezzo di scambio. Permettetemi di dubitare di questo esito ma è indubbio che l’azione delle grandi banche statunitensi ha permesso questo exploit speculativo.

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Fonte : Today