I numeri nascondono molti misteri, specie per i profani. E uno dei più affascinanti è forse l’esistenza stessa del numero zero. Un “non-numero”, che non esprime una quantità, ma la sua assenza. Non ha un corrispettivo diretto nel mondo naturale, in cui quello che incontriamo sono oggetti, e non la loro mancanza. E infatti, sembra che per una lunga parte della storia umana, il concetto di zero come numero non sia mai stato formalizzato: le prime testimonianze di un simbolo per lo zero risalgono alla cultura babilonese, intorno al 300 avanti Cristo, mentre lo sviluppo del concetto matematico di zero è più recente, e ha inizio in India intorno al quinto secolo d.C. Anche senza un simbolo o una comprensione esplicita del suo significato matematico, però, l’intuizione fondamentale che è alla base del concetto di zero doveva essere già possibile per il cervello dell’Homo sapiens. Da dove arriva, quindi? Un nuovo studio realizzato da due ricercatori dello University College di Londra suggerisce una ipotesi intrigante: e cioè che abbia avuto origine dalla paura dei predatori sperimentata dagli antichissimi antenati della nostra specie.
Lo zero nel nostro cervello
Lo studio, diffuso per ora in preprint, è stato realizzato utilizzando un apparecchio per la magnetoencefalografia, con cui i due autori hanno analizzato il campo magnetico prodotto dal cervello di 29 volontari mentre erano alle prese con alcune semplici valutazioni numeriche. In un primo esperimento, ai partecipanti è stato chiesto di comparare il numero di pallini presenti in due schermate successive che potevano contenerne da 0 a 5, e di stabilire se era lo stesso o meno. In questo modo, i ricercatori hanno ottenuto dei dati sull’attività magnetica del cervello di fronte ad una rappresentazione non simbolica di differenti numerosità di oggetti.
In un secondo esperimento, questa volta basato su rappresentazioni simboliche dei numeri, ai partecipanti sono stati fatti vedere 10 numeri, sempre da 0 a 5, metà di colore arancione e metà blu. Ed è poi stato chiesto loro di dire quale dei due gruppi di numeri colorati totalizzasse la media più alta. I dati sull’attività magnetica del cervello dei partecipanti registrati nel corso dei due esprimenti sono quindi stati dati in pasto ad un algoritmo di machine learning, a cui è stato chiesto di riconoscere il numero a cui si trovavano di fronte a partire dall’attività del loro cervello.
I risultati
Come sottolineano gli autori studio, è noto da tempo che esistono popolazioni di neuroni che rispondono in modo specifico a differenti numerosità, e che questi pattern di attivazione presentano caratteristiche tanto più simili tra loro, quanto più sono rappresentazioni di numeri vicini: la rappresentazione neurale del quattro, insomma, è più simile a quella del cinque, di quanto non sia con quella del sei o del due. L’algoritmo di machine learning ha trovato una situazione simile nei dati raccolti dalla magnetoencefalografia, sia di fronte alle rappresentazioni non simboliche della numerosità, sia di fronte ai simboli dei numeri naturali. E cosa interessante, l’attività neurale corrispondente allo zero è risultata molto simile a quella corrispondente all’uno, e sempre meno simile per numero via via più grandi.
Lo zero quindi sembrerebbe essere compreso anche dal nostro cervello come un concetto di numerosità posto all’inizio della sequenza dei numeri naturali. E l’assenza di numerosità (lo schermo privo di pallini nel primo esperimento) evoca lo stesso pattern di attivazione cerebrale che si osserva quando siamo di fronte al simbolo dello zero matematico. Questo, a detta dei ricercatori, porta a immaginare che il concetto numerico di zero abbia un’origine comune con la percezione dell’assenza di qualcosa, in questo caso, i puntini sullo schermo vuoto.
Evoluzione dello zero
L’ipotesi dei ricercatori, è che il nostro concetto di zero sia un costrutto che abbiamo sviluppato su un’abilità molto più antica, e in qualche modo indipendente dal concetto di numerosità: quella di riconoscere l’assenza di qualcosa nell’ambiente. Una capacità che condividiamo con molti animali, e che potrebbe essere legata alla necessità di difendersi dai predatori. “Se sono un’antilope – spiega Benjy Barnett, uno dei due autori, in un articolo del New Scientist – e do una rapida occhiata alla ricerca di predatori, l’attività cerebrale che porta a decidere ‘no non ne ho visto nessuno’ potrebbe essere proprio il precursore di quella che utilizziamo per il numero zero”.
Fonte : Wired