40 anni di Neuromante, il libro che ha inventato il cyberspazio e previsto il nostro futuro

Internet e la realtà virtuale, le IA, il turismo spaziale, i microchip nel cervello, l’ossessione per la tecnologia, gli hacker e pure le mega corporation: sono tecnologie, parole e idee che oggi fanno parte della nostra quotidianità ma che quando sono state concepite, fra le pagine del romanzo Neuromante dello scrittore canadese William Gibson, sembravano incredibili.

Nel 1984, il libro di Gibson anticipò con sorprendente chiarezza la direzione verso cui andavano il progresso e la società e anche diede la definizione di cyberspazio (termine usato per la prima volta sempre da Gibson nel 1982 in La notte che bruciammo Chrome), cioè l’insieme di computer collegati fra loro, connessi per creare una realtà alternativa in cui le persone passano tempo sottratto alla realtà reale. Era un altro modo per descrivere Internet, anche se all’epoca Internet nemmeno c’era.

Quest’anno Neuromante spegne 40 candeline, e non è un caso che Apple abbia scelto proprio il 2024 per annunciare (qui) l’arrivo sul suo servizio di streaming di una serie in 10 episodi tratta dal libro: è l’occasione perfetta per ripercorrere alcune delle tecnologie e delle idee che Gibson è stato bravo ad anticipare nel romanzo, diventato una pietra miliare della fantascienza cyberpunk.

La Trilogia dello Sprawl, al cui interno è compreso Neuromante, insieme con la raccolta di racconti La Notte che bruciammo Chrome

Internet, realtà virtuale e IA: le previsioni azzeccate

La prima è principale è ovviamente Internet: senza scendere nei dettagli di quando è stato stilato il protocollo HTTP che ha portato all’effettiva nascita del World Wide Web (era il 1991) e di quando la Rete si è davvero diffusa in modo capillare, immaginare nel 1984 che questa cosa sarebbe successa, che le persone sarebbero rimaste per ore davanti ai computer o comunque connesse a essi per collegarsi ad altri computer sparsi chissà dove nel mondo, dimostra una notevole lungimiranza. A questa tecnologia sono legati termini oggi ovvi ma allora di difficile comprensione (nei suoi libri, Gibson non spiega nulla e lascia che il lettore capisca dal contesto), come hacker o “cowboy del cyberspazio”, che a grandi linee corrispondono a quelli che a fine anni Novanta chiamavamo surfer. Cioè persone che per lavoro o per piacere passano le giornate nelle sconfinate e inesplorate praterie virtuali della Rete.

Legata a doppio filo a Internet, per come la intendeva Gibson, cioè un cyberspazio in cui muoversi, camminare, fare cose e anche venire uccisi, c’è la realtà virtuale, cui il protagonista di Neuromante si collega usando un insieme di dispositivi che ricordano i visori cui siamo ormai abituati: oggi chiunque può comprarne uno e vivere esperienze simili per lavorare, videogiocare, confrontarsi con il mondo esterno. Il concetto è talmente comune e diffuso che ne ha generato altri (come realtà mista o realtà aumentata) a seconda del livello di interazione con la realtà vera. Del trittico di previsioni azzeccate fanno chiaramente parte anche le intelligenze artificiali: il Neuromante del titolo è una IA, così come la sua controparte, che si chiama Invernomuto e nel romanzo ha il ruolo del cattivo. Allora sembrava folle parlare di computer in grado di pensare e di intelligenze alternative a quella umana. Oggi possiamo chiacchierare con ChatGPT, Bard e altre IA semplicemente attraverso lo smartphone, e anche abbiamo maggiore consapevolezza delle minacce che questi strumenti potenzialmente rappresentano.

Nel libro, Gibson immagina anche un altro paio di soluzioni tecnologiche che non ci sono ancora ma quasi ci sono: il turismo spaziale e l’innesto di chip nel cervello per potenziare le capacità umane. Alla prima cosa si stanno dedicando, con diversi gradi di successo, i vari Musk, Bezos, Branson e le loro aziende, che per ora si occupano (o si occuperanno) di portare in orbita clienti miliardari con tempo da perdere e soldi da spendere. Ma è decisamente probabile un allargamento del fenomeno. Nella seconda è coinvolto sempre Musk, la cui Neuralink (cos’è?) fa esattamente quanto immaginato da Gibson: installare microprocessori nella testa delle persone per curarle, migliorarle ed eventualmente anche farle vivere per sempre.

L'immagine condivisa da Apple per annunciare l'arrivo della serie tratta da Neuromante
Lo scrittore William Gibson in una foto recente

Le idee e quello che non c’è ancora

Poi ci sono le idee e i concetti che Gibson ha anticipato in Neuromante, che non si concretizzano in qualche oggetto specifico ma hanno più a che fare con la sua visione di quello che sarebbe stato il nostro futuro. E che in effetti è un po’ diventato il nostro presente. I personaggi del romanzo, e di altre opere dello scrittore, sono ossessionati con la tecnologia e ne sono in qualche modo dipendenti, la cercano ovunque, la usano per portare a termine vari compiti e per migliorare il loro corpo. Si sottopongono a interventi chirurgici per diventare sempre più potenti, più forti, più capaci. Più belli, anche. Ricorda qualcosa? Sì, ricorda noi e il nostro rapporto con le novità tech, lo smartphone più recente che non possiamo fare a meno di desiderare, il computer appena uscito e che vorremmo, il visore che può fare quello che prima non si poteva fare. Ricorda noi e la stessa, identica e un po’ morbosa ricerca della perfezione.

Ancora: della poetica di Gibson fa parte anche l’idea di potersi ricreare altre identità nei mondi virtuali e vivere quelle vite come se fossero la nostra vera vita. Essere altre persone su Internet e nel cyberspazio, dove nessuno ci conosce e possiamo fingerci chi vogliamo: femmine se siamo maschi, alti se siamo bassi, forti se siamo deboli, sexy se non lo siamo. Che è esattamente quello che oggi possiamo fare sui social network o nei videogiochi, dove ognuno di noi può creare infiniti account ed essere infinite persone. Poi, le mega corporation, che nel mondo immaginato da Gibson dominano la società, condizionano le scelte della politica in base ai loro interessi e sono praticamente intoccabili e al di sopra della legge. Ci sono, oggi? Forse non come le ha descritte l’autore di Neuromante, ma poco di manca: solo nel campo della tecnologia, Apple, Google, Microsoft, Amazon e le altre compagnie da centinaia di miliardi di dollari non sono forse in grado di influenzare le decisioni dei governi con la loro forza economica e di fare sentire il loro peso sulla società e sulle persone, direttamente o indirettamente? L’impressione è decisamente quella.

Fra le previsioni non (ancora?) azzeccate, ci sono invece gli androidi, intesi come robot umanoidi ma con una loro intelligenza e una loro coscienza o anche con la coscienza di una persona memorizzata nel loro cervello artificiale. Questa cosa è collegata a un’altra immaginata dallo scrittore, vista di recente anche nel film The Creator: la possibilità di fare il download dei ricordi di una persona su un disco rigido per poi trasferirla altrove. In un robot, appunto. Oppure usarla come una sorta di DVD del futuro, cui collegarsi per rivivere le esperienze di altri in realtà virtuale: sono quelle che Gibson chiama SimStim, le Squid del film Strange Days o le BD del videogioco Cyberpunk 2077. Nel nostro mondo non ci sono ancora, ma questo è un altro dei punti di forza di William Gibson: è bravo non solo ad anticipare al futuro, ma anche a sorpassarlo.

@capoema

Fonte : Repubblica