Sebbene la plastica abbia consentito di raggiungere straordinari progressi praticamente in ogni area della medicina e abbia reso le nostre vite incommensurabilmente più convenienti, sempre più prove indicano che questo materiale, ormai onnipresente, non è poi né così tanto economico né sicuro per la salute. A tornare sull’argomento è oggi un nuovo studio italiano, definito rivoluzionario in un editoriale di accompagnamento dall’epidemiologo, Philip J. Landrigan, fondatore e direttore del Global Public Health Program del Boston College, appena pubblicato sul New England Journal of Medicine. Il nuovo studio, coordinato dall’Università della Campania Luigi Vanvitelli, non solo mostra la presenza di plastiche microscopiche nelle placche ateriosclerotiche ma, per la prima volta, ne ha dimostrato la pericolosità per la salute, ovvero un rischio significativamente aumentato di infarto, ictus e morte prematura.
La presenza di plastica
Studi precedenti hanno già mostrato come le micro e le nano plastiche possano arrivare in diversi organi e tessuti del nostro corpo. Alcuni esempi sono: la placenta, il latte materno, i tessuti polmonari ed epatici, urine, feci e sangue. Tuttavia, fino ad ora, non si era riusciti a studiarne l’impatto di questi polimeri sulla salute, o meglio sugli organi e tessuti e le loro funzioni. “Microplastiche e nanoplastiche stanno emergendo come potenziale fattore di rischio per le malattie cardiovascolari negli studi preclinici”, si legge nello studio. “Mancano prove dirette che questo rischio si estenda agli esseri umani”.
Lo studio
Per capirlo, i ricercatori hanno coinvolto 257 pazienti sottoposti a endoarteriectomia per malattia asintomatica dell’arteria carotidea (vaso che porta il sangue al cervello), una procedura nella quale sono state rimosse le placche aterosclerotiche, ossia i depositi di grasso nelle arterie, e successivamente esaminate con un microscopio elettronico per cercare la presenza di micro e nano plastiche. Dalle analisi, i ricercatori hanno osservato che più della metà dei pazienti aveva depositi di grasso contaminati con minuscole particelle di polietilene e cloruro di polivinile, Pvc, tipologie di plastica molto comuni, utilizzate per i sacchetti, contenitori per cibi e bevande. Nel dettaglio, il polietilene è stato rilevato nella placca dell’arteria carotide in 150 pazienti (il 58% circa), mentre il Pvc in 31 pazienti (12% circa).
Il legame tra plastica e cuore
I pazienti le cui placche contenevano microplastiche o nanoplastiche, inoltre, avevano un rischio almeno raddoppiato di avere un ictus, un infarto o morte prematura per qualsiasi causa nei successivi 34 mesi di follow-up, rispetto a coloro che avevano placche prive di contaminazione da plastica. I risultati, va precisato, non dimostrano che le particelle di nano e microplastica provochino ictus e infarti (le persone più esposte all’inquinamento potrebbero essere maggiormente a rischio per altri motivi), ma evidenziano per la prima volta la connessione tra la presenza di plastica e la nostra salute cardiovascolare. “Ad oggi, il nostro studio è il primo ad associare la contaminazione da plastica a malattie umane”, ha spiegato Raffaele Marfella, autore principale dello studio. “I nostri dati devono essere confermati da altri studi e su popolazioni più ampie. Tuttavia, evidenziano in modo convincente la presenza di plastica e la sua associazione con eventi cardiovascolari in una popolazione rappresentativa affetta da aterosclerosi”.
L’infiammazione
Oltre a un aumento delle probabilità di avere un infarto, un ictus o di morire prematuramente per qualsiasi causa, il tessuto della placca dei pazienti ha mostrato segni di un aumento dell’infiammazione. “L’infiammazione di basso grado è correlata a una serie di malattie croniche, comprese le malattie cardiovascolari”, ha spiegato alla Cnn Phoebe Stapleton, esperta alla Ernest Mario School of Pharmacy della Rutgers University a Piscataway, New Jersey. “La presenza di microplastiche e nanoplastiche, e la conseguente infiammazione, possono aumentare la suscettibilità a queste malattie croniche”. Tuttavia, definire i risultati dello studio “un collegamento diretto con le malattie cardiovascolari è esagerato. Penso che con più lavoro, potremmo scoprire che queste esposizioni sono un fattore di rischio… più particelle, più infiammazione, più rischio di scarsi esiti cardiovascolari”. Se confermati, tuttavia, i risultati dello studio sollevano non poche domande. “La scoperta di microplastiche e nanoplastiche nel tessuto della placca è di per sé una scoperta rivoluzionaria che solleva una serie di domande urgenti”, ha commentato Landrigan. “L’esposizione a microplastiche e nanoplastiche dovrebbe essere considerata un fattore di rischio cardiovascolare? Quali organi oltre al cuore possono essere a rischio? Come possiamo ridurre l’esposizione?”
Fonte : Wired