Siamo bombardati dai call center e il garante guadagna 240mila euro

Proprio in questi giorni, dopo un’indagine della magistratura, ho scoperto che la mia caldaia chattava con i siti a pagamento: grazie alla Sim per il controllo a distanza, per ogni messaggino che riceveva – attivato da una compagnia telefonica infedele – dalle mie tasche uscivano 20 centesimi. Centocinquanta messaggini all’anno per milioni di abbonati, fate voi il conto del bottino. Ieri mattina una voce maschile al cellulare voleva convincermi ad accogliere in casa un suo collega (complice?) per farmi cambiare il contratto del gas: ha detto di essere l’ufficio centrale per la gestione dell’energia, che ovviamente è una panzana. Nemmeno il registro pubblico delle opposizioni, che avrebbe dovuto tutelare il nostro numero dalle chiamate indesiderate, funziona più: le molestie arrivano lo stesso.

L’interessante inchiesta di Cesare Treccarichi su Today.it (il link in fondo all’articolo) ha documentato cosa succede se si mandano i documenti a un call center che si era presentato come l’ufficio del libero mercato: ora quell’azienda sostiene di essere stata fraintesa e pretende la rimozione dell’inchiesta, che ovviamente resta dov’è. Ma in tutta questa guerra telefonica, che con il passaggio al mercato libero sta bombardando le nostre case e i nostri risparmi, i famosi garanti della privacy e delle comunicazioni che fine hanno fatto?

L’ufficio statale che paga 20mila euro al mese

Quello che dobbiamo sapere è che lo Stato li paga con una montagna di soldi. Non soltanto i garanti, ma tutto il loro ufficio. E oltre all’ufficio, i dirigenti e i vicedirigenti. Da quelle parti la ricchezza dev’essere come il covid: passa facilmente da persona a persona. Per non parlare dei premi di produzione che l’autorità si assegna, ovviamente sotto la vigilanza della Corte dei conti. I calcoli, per milioni di euro, li facciamo tra poco. Eppure, senza tutta questa pompa magna da authority, noi abbiamo impiegato soltanto due giorni di lavoro a documentare la filiera: dalla segnalazione di un nostro lettore alla cessione senza consenso di dati personali, fino alla compilazione di un contratto della luce all’insaputa del cliente. Veniamo agli stipendi d’oro.

Pasquale Stanzione, secondo da destra, con i componenti dell'ufficio del garante della privacy (foto Gpdp)

Il garante della privacy, Pasquale Stanzione, 78 anni (foto sopra, secondo da destra, con gli altri membri del collegio del Garante per la protezione dei dati personali), guadagna all’anno 240 mila euro: 20 mila al mese. Sul sito il suo ufficio non aggiorna la tabella riepilogativa, che è ferma ai compensi del 2015. Bisogna quindi risalire attraverso le dichiarazioni dei redditi dei singoli componenti, che sono comunque pubbliche, ma comprendono più voci. La vicepresidente Ginevra Cerrina Feroni dichiara un imponibile di 230 mila euro. Il componente Agostino Ghiglia 264 mila. Il collega Guido Scorza 240 mila.

Dei sedici dirigenti dell’ufficio, ben dodici guadagnano come il garante: 240 mila euro. Uno 237 mila, un altro 213 mila. I due più poveri, 181 e 176 mila. Sono ovviamente stipendi lordi, che tra il 2021 e il 2022 sono stati aumentati del 9 per cento. Ma poi ci sono i premi. I dati sui premiati si fermano al 2019, quando ogni dirigente prese 17mila 300 euro in più all’anno e i non dirigenti 9400 euro. Degli anni successivi, l’autorità pubblica soltanto il valore complessivo dei premi assegnati: un totale di 2 milioni 25mila euro nel 2023. Si tratta di un aumento stratosferico del 71,6 per cento, rispetto al premio erogato nel 2018. Dove siano le ragioni di questo tripudio di nostri soldi non l’abbiamo capito.

Milioni in premi, assente fino a un dipendente su 4

Tra le tante performance dell’ufficio del garante della privacy, alcune sono diventate famose: sanzionare i giornalisti che hanno pubblicato il referto falso del boss delle stragi di mafia, Matteo Messina Denaro; bloccare la sperimentazione dell’intelligenza artificiale di ChatGpt in Italia (unico Paese al mondo, con la Cina e la Russia); soffocare di burocrazia le imprese e gli ispettorati del lavoro con l’obbligo di cancellare le email aziendali dopo 7 giorni. Contro i call center che violano le norme europee e italiane sulla privacy e sul libero mercato dobbiamo invece attendere chissà quanto tempo. Ovviamente non ci riferiamo alle imprese di marketing che rispettano le regole.

Forse la mancanza di interventi è dovuta ai tassi di assenza (giustificata) del personale dell’ufficio di Pasquale Stazione: senza ovviamente considerare il periodo estivo, il dipartimento ispettivo varia tra il 13 e il 25 per cento di dipendenti a casa; il dipartimento reti telematiche e marketing tra il 14 e il 18 per cento. Intanto i nostri telefoni continuano a squillare. E i premi a fine anno arrivano comunque.

Il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso (foto Scrobogna-LaPresse)

Passiamo così dal libero mercato (dei dati personali) al codice di condotta voluto dal garante delle comunicazioni che, sei mesi dopo il varo nel settembre 2023, sembra già colato a picco. Intanto anche l’Agcom paga bene il suo personale. I 240 mila euro l’anno pure qui sono garantiti a tutti: il presidente dell’autorità, Giacomo Lasorella, 60 anni, e i commissari Laura Arìa, Elisa Giomi, Antonello Giacomelli, Massimiliano Capitanio. Dei trentuno dirigenti dell’ufficio, cinque raggiungono lo stipendio del garante: sempre 240 mila euro. Gli altri incassano tra i 160 e i 180 mila euro. Poi c’è il premio: una media nel 2023 di 7300 euro per i capi e 3200 per tutti gli altri.

Come fermare subito chiamate moleste e raggiri

Alla fine dei sette anni di incarico, i garanti e i componenti dell’autorità tornano a casa con un compenso complessivo di un milione e 680mila euro, pagato anche con il contributo obbligatorio che le imprese devono versare. Dall’altra parte, a causa della giungla di telefonate e contratti, ci sono invece persone che di fronte a una bolletta non dovuta di 2500 euro hanno pensato al suicidio. E altre che sono state indotte a cambiare fornitore di luce e gas, credendo di parlare davvero con un ente pubblico di controllo. Altro che premi e performance: la giungla attuale rende le nostre authority delle costosissime ”inutility”.

I garanti Stanzione e Lasorella devono fermare questo assalto al mercato libero, che è libero soltanto se la legge è uguale per tutti. Se non sono in grado, si facciano da parte e lascino la materia agli investigatori della polizia postale e della guardia di finanza, che sicuramente non costano allo Stato 20 mila euro al mese.

Così ho risposto all’ufficio del mercato libero – di Cesare Treccarichi

Il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, dovrebbe intanto chiarire come mai i numeri telefonici di milioni di italiani iscritti nel registro pubblico delle opposizioni, gestito dal suo ministero, stiano circolando nel mercato nero dei call center senza scrupoli. Eppure il modo per far cessare subito questa vergogna esiste. Basterebbe rendere responsabile tutta la filiera, dal marketing telefonico alla società energetica che beneficia del contratto. E chi sgarra paga: non 4 milioni, visto che gli utili sono miliardari, ma il 4 per cento del fatturato delle imprese coinvolte. Solo così le aziende oneste verrebbero protette dalla concorrenza sleale. E il mercato tornerebbe a essere davvero libero: prima di tutto, da chiamate moleste e furbacchioni.

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Fonte : Today