Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi usciranno dal carcere per svolgere lavori socialmente utili. I due stanno scontando una pena di 3 anni per tentata violenza sessuale di gruppo ai danni della studentessa genovese Martina Rossi, morta nel 2011 a Palma di Maiorca. Dopo la semilibertà, già concessa all’indomani dell’arresto, i due hanno ottenuto l’affidamento in prova ai servizi sociali. Lo ha stabilito il tribunale di sorveglianza di Firenze in due diverse udienze, di cui si apprende adesso, a luglio 2023 per Vanneschi e a metà febbraio scorso per Albertoni.
Come spiega l’Ansa, per Vanneschi il giudice di sorveglianza ha in realtà deciso l’affidamento in prova già a luglio per questioni familiari, la stessa misura è stata poi stabilità per Albertoni. I due finiranno di scontare la loro condanna all’inizio del 2025. Sono stati affidati a un’associazione di volontariato e durante la notte hanno l’obbligo di non uscire.
La vicenda processuale
La morte di Martina Rossi risale al 3 agosto 2011, quando la giovane precipitò dalla terrazza di una camera d’albergo, a Palma di Maiorca (Spagna), probabilmente per tentare di sfuggire ai due che alloggiavano nella stessa struttura
In primo grado davanti al Tribunale di Arezzo il 14 dicembre 2018 Vanneschi e l’amico Albertoni vennero condannati a 6 anni di reclusione per tentato stupro e morte in conseguenza di altro reato. Il 9 giugno 2020 la Corte d’appello di Firenze li aveva poi assolti “perché il fatto non sussiste”. La Cassazione aveva però annullato la sentenza di assoluzione disponendo un nuovo processo per i due imputati. L’appello bis a Firenze si è concluso con la condanna a 3 anni di Vanneschi e Albertoni per tentata violenza sessuale di gruppo, essendosi prescritto l’altro reato. Per i giudici della Corte d’appello di Firenze, come si legge nelle motivazioni del processo bis, appare “provato al di là di ogni ragionevole dubbio che Martina Rossi, la mattina del 3 agosto 2011, precipitò dal terrazzo della camera 609 dell’albergo dove alloggiava, nel tentativo di sottrarsi a una aggressione sessuale perpetrata a suo danno dagli imputati”.
La Cassazione ha confermato le condanne spiegando in sentenza che “l’unica verità processuale che risulta trovare conferma nella valutazione dei molteplici indizi esaminati risulta essere quella del tentativo di violenza sessuale”. Le difese dei due imputati hanno sempre sostenuto che Martina si sia suicidata, richiamandosi in particolare alle dichiarazioni di una cameriera spagnola, unica testimone oculare, che riferì di aver visto la ragazza cadere dopo aver “preso lo slancio”. Le modalità della caduta, definita ‘a candela’ dai consulenti, non sarebbero però secondo i giudici e la stessa Cassazione compatibili con la tesi del suicidio. La giustizia ha stabilito che Martina stava tentando di sfuggire a un’aggressione sessuale.
Fonte : Today