Tutti i lunedì al consultorio del Policlinico di Milano arrivano decine di future madri straniere. Ad assisterle c’è una mediatrice culturale, che insieme alla dottoressa Accursia Scaduto accoglie e assiste le pazienti: “Capita che siano qui da sole e abbiano problemi familiari ed economici, dobbiamo dare loro la possibilità di esplicitare il loro disagio, non farle sentire sole”. La storia di Celia, che dal Salvador ha chiesto asilo politico in Italia. Un nuovo progetto riguarda anche le donne non udenti
Tutti i lunedì al consultorio del Policlinico di Milano, di cui fa parte il percorso maternità della clinica Mangiagalli, arrivano decine di future madri straniere. Ad assisterle c’è Marisol Tocon, mediatrice culturale di origine sudamericana, che insieme alla dottoressa Accursia Scaduto accoglie le pazienti in gravidanza e fa da ponte: ascolta e traduce, riportando le terapie e gli esami che le gestanti devono eseguire, rendendo possibile un dialogo che la barriera linguistica non permetterebbe. Un dialogo alla pari che getta le basi necessarie per costruire un rapporto di fiducia. “Celia, come ti senti? Come sta la bambina?”, sono le prime domande alla paziente della dottoressa Accursio, ginecologa prossima alla pensione che ha assistito un numero impressionante di gestanti nel corso della sua carriera, e che quindi, dice, “non ho solo tre figli, ne ho migliaia”. Abbiamo il permesso di assistere alla visita di Celia, giovane donna salvadoregna. Trentasei anni, è al quinto mese di gravidanza e con lei c’è la sua prima figlia, Giulia, di due anni e mezzo. La dottoressa le fa domande sullo stato della gravidanza, le spiega che cos’è il diabete gestazionale, le prescrive esami e nuove visite. Intanto la mediatrice culturale traduce le indicazioni della ginecologa e si assicura che la donna abbia compreso ogni informazione.
Dal Salvador all’asilo politico in Italia
Celia entra in ambulatorio con la sua primogenita. Deve portarla con sé a tutte le visite perché il marito lavora tutto il giorno come corriere, e non è riuscita a iscrivere la bimba all’asilo. A Milano con un permesso di soggiorno in scadenza tra due anni, prima della gravidanza faceva le pulizie in un paio di appartamenti, dove, racconta, “portavo sempre Giulia con me, dormiva sui divani”. Anni fa viveva a San Salvador, Capitale di El Salvador – un Paese dove le donne rischiano decine di anni di carcere anche per un aborto volontario – che ha lasciato chiedendo asilo politico in Italia, dove ha imparato un po’ di italiano soprattutto guardando la tv, spiega, e dove ha raggiunto le sue sorelle e sua madre. Nel corso della prima gravidanza era seguita in un altro ospedale milanese, dove non aveva accesso alla mediazione culturale: “Poi mi hanno consigliato questo consultorio e sono felice di essere seguita qui. La dottoressa mi ascolta, mi capisce e mi concede il tempo che ci serve”.
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Conoscere le storie delle pazienti
Nelle visite con la dottoressa Scaduto e la mediatrice la distanza con le pazienti è minima. La ginecologa chiama per nome ogni gestante e dà loro del tu. “Questo è uno spazio sicuro, dove le pazienti non solo possono sentirsi accolte grazie alla comprensione della lingua: il nostro compito è anche ascoltarle, conoscere in quali situazioni si trovano”. Perché molto spesso le donne straniere che hanno lasciato i propri Paesi d’origine sono sole, hanno le famiglie lontane e non dispongono di una rete di persone vicine su cui poter contare. “Capita che abbiano problemi familiari ed economici, noi dobbiamo dare loro la possibilità di esplicitare il loro disagio. Il nostro non è solo un servizio ambulatoriale: vogliamo conoscere la paziente nella sua totalità”, fornendole tutti gli strumenti a disposizione.
Ricominciare senza una rete di supporto
La dottoressa Scaduto ha a cuore tutte le sue pazienti: “Lavoro in questo consultorio dal 2018 ma esercito questa professione dal 1986: ho assistito migliaia e migliaia di pancioni. Il mio compito è ascoltare le donne e comprenderle. Il mio nome di battesimo è Accursia”, sottolinea la dottoressa, “che dal latino significa dare aiuto. Che è diventata la mia missione”. Oltre alla professionalità, la ginecologa riesce ad avvicinarsi alle pazienti grazie all’empatia che manifesta. “Quando abbiamo a che fare con donne straniere non dobbiamo pensare solo alla barriera linguistica”, ma anche quella socio-culturale. “Si tratta spesso di donne che hanno lasciato tutto nei propri Paesi d’origine senza supporto. Io stessa da ragazza lasciai la Sicilia per trasferirmi a Milano. Ero completamente sola, so cosa significa costruire da zero una nuova vita”.
Dalla maternità all’interruzione volontaria di gravidanza
“In consultorio il lunedì vediamo una gestante ogni mezzora, svolgiamo una dozzina di visite al giorno”, spiega la dottoressa, specificando che “lo spagnolo è la lingua più diffusa tra le donne straniere a Milano” e che il plus della mediazione non permette visite sbrigative. Il percorso gravidanza – e non solo – diventano così inclusivi: il servizio infatti riguarda il consultorio a tutto tondo, non accompagnando quindi solo le donne incinte: “Ci occupiamo di tutte le tematiche legate alla salute della donna, dalla maternità alle IVG (interruzioni volontarie di gravidanza) e alla menopausa”, spiega la mediatrice. “È fondamentale che una donna straniera che deve interrompere una gravidanza possa accedere serenamente all’ambulatorio della 194, dove possiamo spiegare – in modo per loro comprensibile – in che cosa consiste il percorso e quali sono le opzioni a loro disposizione. Per una comprensione completa servono dialogo e fiducia. E la consapevolezza è cruciale prima di compiere qualsiasi scelta”.
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Un percorso anche per le future mamme non udenti
Poche settimane fa il percorso maternità della Mangiagalli, che fa parte del Policlinico, è diventato ancora più accogliente grazie a un nuovo progetto pensato per le donne sorde. Le future mamme non udenti, dal momento delle prime visite, potranno contare su un interprete della lingua dei segni, a loro disposizione anche durante il corso pre parto e nella fase successiva alla nascita del bambino. Un progetto che comprende anche la realizzazione di alcuni videotutorial, sempre nella lingua dei segni. Si tratta di una “grande opportunità che l’Ospedale ha sviluppato con l’Ente Nazionale Sordi di Milano”, spiega il direttore generale del Policlinico Matteo Stocco, “è un contributo necessario all’umanizzazione delle cure”. Mentre per aiutare le donne che non parlano bene l’italiano, i videotutorial sono stati recentemente realizzati anche in inglese e spagnolo. A loro disposizione saranno presenti anche mediatori linguistici per le comunità straniere più presenti a Milano (filippina, cinese, dei paesi arabi, cingalese, oltre a quella spagnola). Una mediazione che non riguarda non solo le prestazioni ostetriche, ma anche le (eventuali) consulenze psicologiche e socio-assistenziali. Perché la vera inclusione, sottolinea il direttore, “parte dall’ascolto dei bisogni e dalle azioni che si mettono subito in campo per dare risposte”.
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Fonte : Sky Tg24