“A Gaza oggi si può morire per un pacco di farina”. La testimonianza di suor Saleh

AGI – “La guerra sta uccidendo anche la dignità umana, le persone ormai sono ridotte a vivere come animali, se non peggio. Mi chiedo perché tanta crudeltà. E il mondo resta in silenzio”. Da Gaza si alza la voce di suor Nabila Saleh che ringrazia Papa Francesco per l’ennesimo accorato appello per la fine della guerra. Al Sir la religiosa fa il punto sulla situazione all’interno della Striscia. “È possibile che non ci sia nessuno in grado di fermare questa crudeltà continua verso civili innocenti? Dove sono oggi coloro che si riempiono sempre la bocca di diritti umani e di giustizia? Il silenzio del mondo è assordante – afferma la religiosa delle Suore del Rosario di Gerusalemme, che dall’inizio della guerra tra Hamas e Israele si trova nella parrocchia della Sacra Famiglia -. Il solo che ha il coraggio di alzare la voce contro la guerra, contro tutte le guerre, è Papa Francesco”. La vicinanza del Pontefice ai cristiani di Gaza è pressoché continua: “Telefona ogni giorno al vicario parrocchiale padre Youssef Assad, ci rassicura e ci dice che prega per noi e anche noi preghiamo per lui – ribadisce suor Nabila -. Noi possiamo solo pregare per implorare la fine della guerra e la liberazione degli ostaggi. E lo facciamo tutti i giorni”.

 

 

“Nella parrocchia latina, qui nel quartiere di Al Zeitoun di Gaza City, la situazione è apparentemente calma. Sentiamo sparare ma non nelle nostre vicinanze” afferma la religiosa sottolineando comunque che la situazione in tutto il nord della Striscia resta grave. “Qui nel nord di Gaza arrivano pochi convogli umanitari – conferma -. Sappiamo che diversi Paesi (Giordania, Egitto, Emirati Arabi Uniti e anche gli Usa, ndr.) stanno paracadutando aiuti alimentari lungo la costa ma avvicinarsi può essere pericoloso. Il rischio è di essere colpiti. A Gaza oggi si può morire anche per un pacco di farina. Pensiamo a ciò che è accaduto nei giorni scorsi: oltre 100 morti tra la gente che cercava di prendere gli aiuti trasportati dai camion”.

 

“Qui a Gaza City, al nord, non c’è molto da poter acquistare in qualche mercato improvvisato. Quel poco che si trova – spiega suor Nabila – ha dei prezzi cosi’ alti che nessuno puo’ permettersi di comprare. C’e’ chi ha venduto tutto cio’ che aveva per racimolare del denaro per poter, non vivere, ma sopravvivere. Oramai la gente mangia tutto cio’ che trova, anche foraggio e cibo per animali”. “A pagare questa guerra e’ la povera gente innocente, la popolazione civile, non altri” denuncia la suora. “La sofferenza e’ sulle spalle di donne, bambini, malati, anziani, disabili, padri di famiglia. Tutti hanno perso tutto, non c’è una famiglia, una persona che non abbia perso la propria casa, i suoi familiari, il lavoro, il negozio, l’attivita’. Non abbiamo piu’ nulla. In una parola: abbiamo perso il futuro”.

 

“Cosa faremo? Chi ricostruirà? Cosa sarà di tutta questa povera gente?”. Domande, queste di suor Nabila, destinate a restare senza risposta. “Tutti vogliono andare via, ma dove, nessuno vuole aprire le proprie frontiere. I bambini ci dicono che vogliono ritornare alla loro vita normale, a scuola, a casa, ma non sanno che fuori la parrocchia non c’è più nulla, ci sono solo macerie. La parrocchia è diventata per loro e per noi tutti, la nostra casa, la nostra chiesa e il nostro cimitero. Se dobbiamo morire moriremo qui nella nostra chiesa”.  

 

Fonte : Agi