Inchiesta sui depuratori in Calabria, 18 misure cautelari

AGI – Diciassette persone arrestate e una sottoposta a obbligo di dimora oltre a sei società, del valore di 10 milioni di euro, sequestrate. È il bilancio dell’operazione “Scirocco” eseguita questa mattina, nelle province di Catanzaro, Vibo Valentia e Cosenza, dai carabinieri del Comando Tutela Ambientale e Sicurezza Energetica e del Comando per la Tutela Forestale e dei Parchi. L’indagine riguarda un rilevante inquinamento ambientale determinato dall’illecita gestione di diversi impianti di depurazione al servizio dei comuni calabresi. Quattro le persone finite in carcere e 13 quelle ai domiciliari, mentre la diciottesima misura cautelare è un obbligo di dimora. L’inchiesta riguarda la gestione di 34 impianti di depurazione assegnata, secondo l’accusa, con ribassi eccessivi. 

 

 I reati contestati a vario titolo sono associazione per delinquere, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, inquinamento ambientale e frode nelle pubbliche forniture. Tra le contestazioni anche un tentativo di estorsione aggravato dalla modalità mafiosa nei confronti di un dipendente di una società, il quale avrebbe subito una minaccia da parte di esponenti della consorteria di ‘ndrangheta locale, su commissione del proprio datore di lavoro, al fine di farlo desistere dall’intraprendere iniziative sindacali finalizzate all’ottenimento di spettanze stipendiali dovutegli.

 

 

 

Nei confronti di altre 12 persone, tra cui 4 funzionari di enti locali, sono state emesse informazioni di garanzia. L’indagine ipotizza l’esistenza di un’organizzazione tesa all’ottenimento di più commesse e all’esecuzione degli appalti in frode ai contratti e alla commissione di reati ambientali derivanti dalla gestione di 34 depuratori al servizio di 40 comuni ubicati nelle 5 province calabresi.In particolare, si ipotizza che i responsabili delle società ottenessero illeciti profitti attraverso l’abbattimento dei costi di gestione degli impianti di depurazione, determinato principalmente dal parziale trattamento dei fanghi prodotti dalla lavorazione delle acque reflue, nonché dalle mancate manutenzioni previste dai capitolati d’appalto; la redazione di falsi formulari di identificazione rifiuti nei quali si attestava il fittizio conferimento di rifiuti presso un impianto di depurazione con sede in un comune della provincia di Catanzaro; lo smaltimento illecito di ingenti quantitativi di rifiuti (fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane, rifiuti prodotti dalla pulizia delle acque di scarico, fanghi delle fosse settiche), per più di 2.000 tonnellate, nell’arco di circa un anno che venivano conferiti presso il citato impianto di depurazione fanghi, per una asserita attività di trattamento, in realtà mai eseguita; la richiesta ad alcuni dei Comuni, con successiva liquidazione, degli oneri per le operazioni di manutenzione degli impianti di depurazione, prestazioni che invece avrebbero dovuto essere a carico della società.

 

Le condotte illecite, secondo gli inquirenti, hanno avuto come conseguenza il malfunzionamento di numerosi impianti di depurazione comunali che in 10 casi hanno comportato l’illecito sversamento dei liquami non trattati sia nei terreni circostanti che direttamente in mare, con evidente compromissione delle matrici ambientali.Nel corso delle indagini sono stati sequestrati 4 depuratori dislocati in varie località della Calabria ed è stato effettuato l’accesso in 24 comuni ricadenti nelle 5 province calabresi, da cui sono emersi diversi casi di frode ai danni della pubblica amministrazione con il concorso di funzionari pubblici.

Determinanti sono stati, a riscontro dell’attività investigativa, le attività tecniche di monitoraggio dei siti grazie ai quali è stato ricostruito l’illecito modus operandi. Un dato importante è emerso, secondo quanto si apprende, dai periodici monitoraggi effettuati da Legambiente sulla qualità del mare, dei laghi e delle coste, che hanno confermato il quadro allarmante della situazione che caratterizza la qualità delle acque nei pressi dei siti di depurazione presi in esame.

 

Fonte : Agi