Al volante ubriaco, investe e uccide sette giovani sul ciglio della strada: condannato

Sono passati poco più di quattro anni dalla strage di Lutago, avvenuta nella frazione del comune di Valle Aurina, in provincia di Bolzano, nei primi giorni del 2020. Stefan Lechner, un giovane di 29 anni originario di Chienes, è stato condannato a sette anni di reclusione per l’incidente mortale che vide coinvolto un gruppo di giovani turisti tedeschi.

La strage di Lutago

Dopo aver passato la serata in un locale del posto, la comitiva di giovani cittadini tedeschi si trovava accanto a un pullman turistico quando attorno alle ore 01.20 di domenica 5 gennaio 2020 venne centrata in pieno dall’Audi TT guidata da Stefan Lechner che viaggiava a tutta velocità. 

Sei giovani, tutti tra i 20 e i 25 anni, avevano perso la vita sul colpo, mentre 11 erano stati i feriti, di cui 4 in gravissime condizioni. Uno di loro era morto il giorno successivo.

Alcol nel sangue quattro volte superiore al limite

In quella tragica notte tra il 4 e il 5 gennaio, Lechner, alla guida della sua Audi TT e con un livello di alcol nel sangue quattro volte superiore al limite legale, aveva travolto il gruppo. A causa delle condizioni psicofisiche fortemente alterate, Lechner non si era reso conto della presenza lungo il ciglio della strada dei giovani appena scesi da un pulmino in ritorno da una discoteca

Doveva rispondere di omicidio stradale, lesioni personali gravi e guida in stato di ebbrezza.Il pubblico ministero  aveva inizialmente richiesto dieci anni di reclusione. La pena massima per l’omicidio stradale, pari a 18 anni, è stata ridotta di un terzo grazie alla scelta di un rito abbreviato, con ulteriori due anni detratti per le attenuanti generiche. L’assicurazione aveva già offerto 10 milioni di euro di risarcimento danni per tutte le vittime, ma due parti civili hanno comunque partecipato al processo. 

Lechner da subito apparve sconvolto, ripeté a più riprese di volersi uccidere. Sorvegliato a lungo 24 ore su 24 in carcere e trattato con psicofarmaci, si decise successivamente per una terapia di recupero cominciata nell’ospedale di Bressanone e proseguita con gli arresti domiciliari in un’abbazia a Novacella, dove si occupava dei frati e della cura degli anziani. L’unità di psichiatria forniva il supporto per un percorso terapeutico anche in convento. 

Fonte : Today