3 startup italiane che stanno rivoluzionando il riciclo di apparecchi elettronici

Smartphone, pc, televisori e altri dispositivi touchscreen costituiscono una fonte preziosa di materiali, ma troppo spesso finiscono bruciati nelle discariche globali, generando fiamme tossiche che mescolano metalli e plastiche con il suolo. Si stima che ci siano attualmente in circolazione 34 miliardi di tonnellate di dispositivi digitali, e i rifiuti provenienti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (raee) stanno aumentando a un ritmo tre volte superiore rispetto alla crescita della popolazione mondiale.

Questo non è un caso isolato, ma un trend evidente: la durata media dei computer è passata da 11 a soli 4 anni in tre decenni, portando ad un significativo aumento dei rifiuti elettronici. L’obsolescenza programmata è stata messa sotto i riflettori, anche grazie a una recente direttiva dell’Unione europea. Anche se i dispositivi dovessero durare più a lungo, rimangono estremamente difficili da smaltire, richiedendo un approccio innovativo e l’implementazione di nuove tecnologie. Di conseguenza, il recupero dei raee è diventato centrale nella sfida della sostenibilità. In Italia, tre startup stanno intervenendo lungo la filiera dei rifiuti elettronici per migliorare la selezione, l’estrazione e la riprogettazione degli apparecchi al fine di renderli più sostenibili.

Sfridoo, la migliore soluzione per lo scarto

Il nome dell’azienda che ha creato una piattaforma dedicata allo smaltimento degli scarti arriva dal termine sfrido. È il cascame, ciò che rimane da un processo di lavorazione. È un qualcosa che chiunque lavori in un’industria conosce. La nostra missione è guardare dove a questo materiale non viene riconosciuto il valore che merita”, spiega Marco Battaglia, ad e cofondatore di Sfridoo. La missione dell’azienda, nata nel 2017 a Bologna da tre architetti, è aiutare le imprese a valorizzare i propri materiali di scarto.

Sfridoo, che vanta già un portfolio ricco e diverse storie di successo ha creato una piattaforma in cui le aziende che devono smaltire dei rifiuti possono ricevere pareri su come farlo in maniera economica e sostenibile, ottenendo anche supporto tecnico e normativo. “Invitiamo le aziende a unirsi tra loro attraverso la creazione del cosiddetto ‘sottoprodotto’, delle materie seconde e degli avanzi di magazzino. Digitalizziamo quello che è il dato di rifiuto di un’azienda e attraverso il nostro network raggiungiamo il perfetto matching per quel materiale di scarto con la realtà più idonea per lo smaltimento. Dalla metalmeccanica all’agrifood, passando naturalmente per la valorizzazione dei rifiuti elettronici che sono un grande costo di smaltimento per ogni azienda. Come dice Battaglia: “Il nostro lavoro è sperimentare e fare ricerca: facciamo simbiosi industriale per ridare valore allo scarto”.

Hiro Robotics: tecnologia per il recupero del rifiuto elettronico

Hiro significa Human ispired by robots ed è nata dall’idea di quattro ingegneri robotici italiani, “cervelli di ritorno” da Francia e Germania. Hiro Robotics di occupa “di portare nuove tecnologie nel trattamento dei rifiuti elettrici ed elettronici. Nello specifico integriamo le nostre competenze fondamentali che sono AI, visione artificiale e robotica per creare nuovi impianti di trattamento dei rifiuti elettronici che rendono il business dei rifiuti un gioco a vincere. Perché ai nostri clienti, che sono i centri di trattamento dei rifiuti e i produttori di elettronica, permettiamo di rendere questo business profittevole, cosa non scontata”, spiega Davide Labolani, ad della startup.

Attraverso il sistema robotizzato dell’azienda denominato Hiro Teia, gli operatori contribuiscono allo smontaggio di tv e monitor a schermo piatto. Invece con Hiro Nisa lavorano allo smontaggio delle schede elettroniche: “Riconosciamo i componenti delle schede tramite AI per offrire al cliente una valutazione sulla convenienza del recupero dei materiali contenuti”. Inoltre, le soluzioni di Hiro impediscono che i prodotti chimici si diffondano nell’aria, in modo che gli operatori non entrino in contatto con sostanze tossiche durante lo smontaggio dei rifiuti.

Luna Geber: lo sviluppo dei green electronics

Questa startup italiana nasce come spin-off dell’Università di Perugia, ereditando trent’anni di ricerca dell’ateneo sui green electronics, cioè materiali sostenibili applicati all’elettronica e all’Internet of things (IoT). L’azienda interviene a monte della procedure di smaltimento, riprogettando i circuiti per renderli il più possibile circolari attraverso il recupero delle componenti di base. “Usiamo materiali innovativi e sostenibili, e tecnologie coerenti con la sostenibilità: ad esempio, la sostituzione di substrati che al momento sono varie tipologie di fibre di vetro con bioplastiche, oppure sostituzione di batterie, ovvero battery-free che si basano solo sull’energia ambientale”, racconta Fabio Gelati, direttore tecnico di Luna Geber Engineering.

Si parla di circuiti elettronici in carta o di batterie alimentate da energia solare che funzionano anche con una piccola quantità di luce. Nell’ambito industriale Luna Geber sviluppa soluzioni utili all’ottimizzazione del processo e dei magazzini o alla riduzione dello spreco. Nell’ambito agricolo, si occupa di monitoraggio del benessere ambientale, il cosiddetto tracking. “L’IoT si basa sul concetto di mettere sensori dappertutto e permetterà l’integrazione tra gli oggetti. Ma ciò significa anche che nei prossimi anni ci aspettiamo la realizzazione di 50 miliardi di circuiti, con il problema legato al loro smaltimento”. Certo, lo stato tecnologico attuale delle innovazioni di Luna Geber permette di agire solo su circuiti semplici e non complessi come quelli di un computer. Ma pensiamo ad esempio ai giocattoli elettronici per bambini: “Per quanto molto semplici, hanno sempre dietro un circuito elettronico che finisce nella filiera del raee. Se fosse riciclabile o addirittura totalmente compostabile, renderebbe il prodotto sicuramente sostenibile”. Sarebbe davvero un contributo importante, se pensiamo che le ultime stime parlano di 7,3 miliardi di giocattoli elettronici scartati ogni anno nel mondo.

Fonte : Wired