Nel novero rientrano anche 40 degree, Shibumi, Orbita, Blendistrict, la filiale italiana del gruppo americano Open Influence, Derev (analisi dei dati), Graffagnini management (che ha in mano molti nomi dello spettacolo, come Francesco Arca e Federica Nargi), Good Vibration (che rappresenta pop star del calibro di Tiziano Ferro, Elodie e Nina Zilli), Brad&K prod, Buzzoole, Team World, Filmedia, One shot agency, Magno Hack, Sense Makers, Uniarts, Assem, Jungler, We are era, Realize agency, Digital agency, Studio Woow, Gallery group, l’agenzia di comunicazione My pr, Open Box, Mirimeo, 611 lab, Cosmic Tech, Influaction, Trade Doubler.
Al tavolo sono state convocate anche 17 associazioni di categoria, tra cui il sindacato degli influencer Assoinfluencer, quello dei social media manager Ansmm, l’Associazione italiana dei content e digital creator (Aicdc) e il Siicc, ma anche realtà del molto della pubblicità (come Iab, Istituto di autodisciplina pubblicitaria, Unacom, Osservatorio branded entertainment, Onima, Web3Alliance e Upa) ma anche Fimi, il sindacato dei discografici, Federvini (che rappresenta l’industria del vino), Anitec-Assinform (digitale), Consorzio Netcomm (ecommerce), Anica (cinema), Indicam (che tutela dalla contraffazione). Poi ci sono due editori (Gedi e Mondadori), l’ufficio del sottosegretario all’Innovazione tecnologica di Palazzo Chigi, la società di affari legali Ld Public affairs expertise, la docente universataria di media e marketing Stella Romagnoli e Virginia Messina, fondatrice e ad dell’agenzia Blue Monkey Studio
Sei sono gli avvocati e studi legali coinvolti, vicini al settore: Alberta Antonucci, fondatrice di On the web side (specializzato in diritto e informatica); Cathy La Torre, da sempre attenta ai temi del digitale; Arturo Leone, a capo del dipartimento telecomunicazioni dello studio internazionale Bird & Bird; Giuseppe Croari di Fc Lex; Lavinia Scannerini, cofondatrice di Willwoosh srl, società legata a Guglielmo Scilla (creator digitale e conduttore); Vincenzo Gallotto, che si occupa di diritto dell’informatica. Infine ci sono le big tech: TikTok, Google e LinkedIn. Un messaggio di posta elettronica certificata è stato mandato anche all’indirizzo di Twitter.
Gli influencer hanno le antenne drizzate. Mauri Valente, vicepresidente di Aicdc, all’indomani della stretta di Agcom aveva sottolineato che occorre “affrontare tutte le questioni parallelamente. Influencer e content creator non possono essere considerati a prescindere editori: non possiedono né hanno facoltà decisionale sui social all’interno dei quali operano. Per questo chiediamo di coinvolgere tutte le piattaforme e di valutare le metriche che delimitano il perimetro dei professionisti inclusi. Ogni social network ha regole differenti, e 1 milione di follower e il 2% di engagement rate non sono necessariamente metriche indicative: content creator con molti meno seguaci ma con un rapporto più solido con la community potrebbero influenzare il consumatore in maniera più circoscritta ma più significativa. Allo stesso tempo, un piccolo content creator potrebbe realizzare un contenuto che diventa virale“. Mentre Carlo Noseda, presidente di Iab Italia, osservava: “L’esigenza di un quadro di norme di riferimento o di autoregolamentazione chiare iniziava a percepirsi da tempo, così come la necessità di considerare quella dell’influencer una professione a tutti gli effetti. Sia l’Agcom sia associazioni come la nostra hanno quindi avviato piani di studio e consultazione già dallo scorso anno per rispondere a questa richiesta”.
Fonte : Wired