Le prove su cui si gioca la revisione del processo sulla strage di Erba

AGI – “Non vedo l’ora che arrivi il primo marzo” aveva confidato Olindo a Rosa il 10 gennaio. Una telefonata dal carcere di Opera di lui a quello di Bollate di lei dopo la notizia che si sarebbe aperto uno spiraglio di speranza per cancellare l’ergastolo che stanno scontando dal 2011 per avere ucciso l’11 dicembre del 2006 Raffaella Castagna, il figlio di due anni Youssef Marzouk, la nonna Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini nel condominio del Ghiaccio, a Erba. Ironia del nome perché la strage venne svelata da un furioso incendio diventando da quel momento non solo un fatto di cronaca nera ma un’ossessione mediatica e popolare. Tutto accadde in una ventina di minuti con armi mai trovate. Il primo marzo è arrivato e quello che era uno spiraglio tale sembra essere perché sarebbe un caso davvero fuori dall’ordinario un’assoluzione dopo tre sentenze di condanna e nessun dubbio da parte dei giudici dal primo grado alla Cassazione. Saremmo di fronte al più incredibile errore giudiziario degli ultimi decenni pari per gravità a quello che ha tenuto imprigionato da innocente per 33 anni Beniamino Zuccheddu. È vero però che, nonostante le certezze passate in giudicato dei magistrati, pochi casi come questo hanno eccitato e diviso l’opinione pubblica tra innocentisti e colpevolisti e che ora un procuratore generale di grande esperienza, Cuno Tarfusser e una agguerrita difesa hanno tradotto in diritto i dubbi popolari presentandoli alla Corte d’Appello di Brescia che li ha fatti propri ordinando un processo di revisione.

 

Nel documento di Tarfusser e nelle 156 pagine di istanza degli avvocati Fabio Schembri, Luisa Bordeaux, Nico D’Ascola e Patrizia Morello si cercano di sgretolare i tre caposaldi della condanna:

  • La dichiarazione del testimone Mario Frigerio che si salvò per una malformazione alla carotide
  • Le confessioni della coppia
  • Una traccia di sangue appartenuta in vita a Valeria Cherubini, moglie di Frigerio, sulla Seat Arosa di Olindo.

 

“Elementi non assolutamente idonei a sostenere una condanna” scrivono adesso i legali, già barcollanti prima ma ora spazzati via dalle “nuove prove” condivise nella loro essenza anche da Tarfusser. Ecco dunque quello che potrebbe riscrivere la storia di Olindo e Rosa, così li conoscono tutti, nessuno li chiama più per cognome perché sono entrati nelle case di tutti dopo 17 anni di dibattiti mai sedati in tv e sui social che non c’erano quando la corte di via Diaz si riempì di sangue.

Le confessioni, anzitutto

“I nuovi consulenti hanno valutato direttamente le condizioni cliniche di Olindo e Rosa ed entrambi risultano essere affetti da un disturbo di personalità e a Rosa è stato addirittura accertato un ritardo mentale e un disturbo di personalità dipendente. Entrambi sono soggetti circonvenibili. Ciò ha influito grandemente sulle loro confessioni che in applicazione della più recente letteratura scientifica sono false confessioni acquiescenti”. Per la Procura di Como, che reagì in modo seccato con una nota alle ipotesi di riapertura del caso citando passaggi delle sentenze, le confessioni “sono state dettagliate sino alla descrizione di ogni minimo e più atroce particolare, spontanee, coerenti e ritrattate senza alcuna ragione o prova consistente, se non una scelta difensiva diversa”.

La traccia di sangue

Tarfusser parla di “un’operazione di ispezione, repertazione, verbalizzazione e trasmissione che avvengono non solo in tempi e con modalità a dir poco non trasparenti e non tracciabili ma anche con stupefacente superficialità”. È “del tutto incerto” che il reperto inviato dai carabinieri al dottor Carlo Previderè all’Università di Pavia, senza dubbio riconducibile a Cherubini, sia lo stesso prelevato dal brigadiere Fadda sull’auto di Olindo il 26 dicembre 2006 alle ore 23. La nuova consulenza dimostrerebbe che quanto analizzato da Previderè non coincide con quanto prelevato dai carabinieri. Su questo aspetto, il procuratore di Como Massimo Astori ha sottolineato che i giudici hanno acclarato “l’assenza di alterazioni della genuinità della prova e la trasparenza dell’attività di raccolta del materiale probatorio”.

Il testimone

La consulenza sul riconoscimento da parte di Frigerio di Olindo evidenzierebbe “molteplici elementi di novità”. “Dati clinici acquisiti dopo il 2010 dimostrano che sviluppò una disfunzione cognitiva provocata da monossido di carbonio che invaliderebbe la testimonianza”. A ciò andrebbero ad aggiungersi “le errate tecniche di intervista investigativa dense di numerosissime suggestioni” considerato anche che all’inizio il superstite descrisse un uomo dalla pelle olivastra con caratteristiche assai diverse da Olindo. La versione di Frigerio resta quella agli atti perché è morto nel 2014 ma all’epoca spiegò di non voler aver pronunciato subito il nome del vicino di casa “perché volevo capire perché mi aveva fatto questo, era talmente una cosa grossa e irreale e io ero scioccato e quando mi è uscito il nome mi sono liberato”.  

Fonte : Agi