Che i cibi ultraprocessati possano avere effetti dannosi sulla salute non è un novità, e quello appena pubblicato sul British Medical Journal (Bmj) non è certo il primo studio in materia. È però il primo ad aver revisionato un numero così ampio di ricerche pubblicate in precedenza (e in particolare negli ultimi tre anni), che globalmente hanno coinvolto quasi 10 milioni di partecipanti. I risultati di questo enorme studio di revisione (o umbrella review, come lo definiscono gli autori), sono chiari: un maggiore consumo di cibi ultra-processati è collegato a 32 possibili effetti negativi sulla salute, che vanno da un aumentato rischio di eventi cardio-vascolari, a un maggiore rischio di sviluppare ansia e disturbi mentali, a un più elevato rischio di sviluppare il diabete di tipo 2.
Lo studio
Gli autori hanno vagliato i risultati di 14 meta-analisi relative a un totale di 45 studi in pool (aggregati) attraverso i quali erano stati esaminati i possibili effetti nocivi dei cibi ultraprocessati. Tutti gli studi presi in considerazione sono stati pubblicati negli ultimi tre anni e nessuno, scrivono gli autori, è stato finanziato da aziende coinvolte nella produzione di alimenti ultraprocessati. Il numero di articoli di ricerca originali inclusi nelle analisi in pool è in media pari a quattro, con un minimo di due e un massimo di nove. Globalmente, le analisi hanno coinvolto un totale di oltre nove milioni e 800 mila partecipanti, per i quali sono state ottenute stime di esposizione ai cibi ultraprocessati attraverso questionari auto-compilati e colloqui con personale medico specializzato.
I ricercatori hanno poi separatamente valutato la credibilità e la validità delle prove raccolte attraverso i singoli studi. In base al primo criterio, le prove sono state classificate come convincenti, altamente suggestive, suggestive, deboli o assenti. La qualità delle prove è stata invece classificata in base a quattro categorie: alta, moderata, bassa o molto bassa.
I risultati
Complessivamente, i ricercatori hanno riscontrato associazioni dirette tra l’esposizione agli alimenti ultraprocessati e 32 effetti negativi sulla salute. In particolare, prove classificate come convincenti hanno dimostrato che una maggiore assunzione di alimenti ultraprocessati è associata ad un aumento di circa il 50% del rischio di morte collegata a malattie cardiovascolari, a un aumento del 48-53% nel rischio di sviluppare ansia e disturbi mentali, e a un aumento del 12% nel rischio di insorgenza di diabete di tipo 2. Prove valutate come altamente suggestive hanno anche indicato che una maggiore assunzione di alimenti ultraprocessati è associata ad un aumento del 21% nel rischio di morte per qualsiasi causa. Sono state anche riscontrate prove dell’associazione fra il consumo di cibi ultraprocessati e malattie come l’asma, patologie gastrointestinali, alcuni tipi di cancro e l’elevata concentrazione di grassi nel sangue, anche se le prove in questo caso sono state valutate come limitate.
La necessità di azioni pubbliche
Gli alimenti ultra-lavorati, come snack confezionati, bevande gassate, cereali zuccherati e prodotti pronti da mangiare o da riscaldare, sono sottoposti a una serie di processi industriali e spesso contengono coloranti, emulsionanti, aromi e altri additivi. Tendono inoltre ad avere un alto contenuto di zuccheri aggiunti, grassi e sale, ma sono tipicamente poveri di vitamine e fibre.
Questi prodotti, sottolineano gli autori, possono rappresentare fino al 58% dell’apporto calorico giornaliero totale in alcuni Paesi ad alto reddito, e negli ultimi decenni il loro consumo sta rapidamente aumentando anche in molti Paesi a basso e medio reddito.
Proprio per questo, si legge ancora nell’articolo, i risultati appena pubblicati sottolineano la necessità di “azioni di salute pubblica che cerchino di indirizzare e ridurre al minimo il consumo di alimenti ultra-lavorati”. E, in un editoriale di accompagnamento all’articolo, gli autori dello studio concludono esortando le Nazioni Unite e gli Stati membri a sviluppare e attuare “una convenzione quadro sugli alimenti ultraprocessati, simile a quella sul tabacco”.
Fonte : Wired