“Non abbiamo mai pensato di sostituire lo smartphone, ma di affiancarlo”, ci ha detto Elizabeth Dorman, responsabile dell’interfaccia di Humane AI. Al Mobile World Congress di Barcellona (qui tutte le news) l’azienda di San Francisco non ha un suo stand, ma non è difficile trovarla: dentro a quello di Qualcomm è dove c’è il gruppo di persone più fitto, tutti a riprendere l’ennesima demo.
“Cosa vedi intorno a me?”, chiede Elizabeth all’apparecchietto che ha appuntato sulla felpa come una spilla. “Vedo tre persone hanno uno smartphone in mano, e sembra essere una conferenza o un evento simile”. AI Pin è il primo dispositivo hardware pensato per l’intelligenza artificiale generativa: è la sua ragion d’essere, la sua interfaccia, il suo cervello. Come uno smartphone, si collega alla rete cellulare, ma poi funziona sfruttando la potenza di GPT-4, il modello di intelligenza artificiale di OpenAI. “Utilizza un modello multimodale, che interpreta contemporaneamente i dati provenienti da telecamera, microfono, e vari sensori, così capisce dove si trova e cosa ha intorno a sé”.
AI Pin, una spilla per fare (quasi) tutto
La prova è impressionante, nonostante l’affollamento del Mobile World Congress e le inevitabili difficoltà di connessione. Elizabeth cerca informazioni su Italian Tech, AI Pin risponde, in inglese. “Puoi tradurre in italiano?” Il risultato è impeccabile. Ma usa Bing? “Non necessariamente, si può impostare il motore di ricerca preferito”, spiega Dorman. In teoria sarebbe anche possibile scegliere un diverso modello di intelligenza artificiale, ma c’è da scommettere che in pochi si preoccuperanno di sperimentare alternative a GPT4. AI Pin arriverà sul mercato a marzo; il prezzo per ora parte da 699 dollari, con in più un abbonamento mensile per i vari servizi a 24 dollari: l’hardware diventerà certamente più economico, ma è facile che a crescere siano invece i costi per i servizi.
“Abbiamo dovuto reinventare l’interfaccia uomo-macchina, prima di AI Pin non c’era niente di simile”. “Cerca Franco Battiato”, chiediamo. Non lo trova, anche se nel catalogo di Tidal – che provvede alla musica in streaming grazie a un accordo esclusivo – il cantante siciliano è regolarmente presente. Va meglio con Andrea Bocelli: pochi secondi e sappiamo tutto di lui, un tocco e poi parte la musica. L’altoparlante interno è microscopico, e per questo Elizabeth indossa sotto la t-shirt uno speaker bluetooth. Sfiora la superficie superiore di AI Pin e alza il volume, come si fa con certe cuffie dai controlli touch: “Potrà collegarsi automaticamente con dispositivi diversi a seconda dell’ambiente in cui ci si trova”.
Il microfono viene attivato con un doppio tocco, mentre un tap sul bordo superiore fa partire la fotocamera, il cui funzionamento è segnalato da un led. “Non registra sempre, ma solo se si dà il comando, l’uso dei sensori e le attività sono palesi per gli utenti, vogliamo che si possano fidare di noi”.
AI Pin scatta tre foto per volta, le ottimizza per colore, bilanciamento del bianco e altri parametri, poi le carica sul cloud. Con un’app sullo smartphone (Elizabeth ha un iPhone) è possibile controllare il risultato e salvare le immagini nel rullino. Ed è vero, uno smartphone è ancora indispensabile, perché altrimenti AI Pin può solo proiettare le foto sul palmo della mano di chi lo usa, con una risoluzione ridotta e in un unico colore: verde, proprio come i computer di 40-50 anni fa. Con i testi va meglio, ma siamo al chiuso e non è detto che in spiaggia d’estate davvero si riesca a distinguere quello che c’è scritto. Poco male: AI Pin può sempre leggere ad alta voce.
Elizabeth stringe il pugno e torna alla home, avvicina pollice e indice e sceglie un’app, con un dito solo scorre il testo, allontana la mano e accede a un menù di scorciatoie (“sono comandi utili quando non possiamo o non vogliamo usare la voce”, è la spiegazione): sembra facile, ma per farlo serve una certa abilità, la nuova interfaccia va studiata e un po’ di pratica è richiesta. In qualche modo, AI Pin si muove nella stessa direzione del Vision Pro di Apple: portare il computer fuori dal computer, renderlo capace di interagire con persone e cose creando un mondo unico, che è insieme fisico e digitale. E per questo anche il Vision Pro conta su un’interazione fatta di gesti che prima spiazzano un po’, ma poi si combinano per formare un linguaggio di segni coerenti.
Una grande differenza è nell’uso: il gadget di Humane non copre il volto, non attira lo sguardo: “Vogliamo costruire una relazione più sana con la tecnologia – è stata la considerazione finale di Elizabeth – Ora lo smartphone è una barriera tra le persone, AI Pin permetterà di guardarci di nuovo negli occhi”.
Fonte : Repubblica