Si è tenuta oggi la prima seduta dell’Assemblea nazionale, nonostante la continua opposizione dei sostenitori di Imran Khan. Maryam Sharif, figlia del già tre volte premier Nawaz, è stata eletta chief minister del Punjab, un ruolo che la eleva a erede politica della famiglia, mentre lo zia verrà con ogni probabilità eletto primo ministro domani. Per gli esperti sono due le questioni che l’esecutivo dovrà affrontare con urgenza: l’aumento della violenza in alcune province del Paese e la ricerca di stabilità economica.
Islamabad (AsiaNews) – Si è riunito oggi per la prima volta dopo le elezioni dell’8 febbraio il Parlamento pakistano, nonostante rimangano una serie di controversie legate al partito Pakistan Tehreek-e Insaf (PTI), che avrebbe ricevuto il maggior numero di voti, e al suo leader, l’ex premier Imran Khan, da agosto rinchiuso nel carcere di Rwalpindi da dove sta affrontando decine di casi legali che secondo i suoi sostenitori nascondono motivazioni politiche.
La nuova legislatura è quindi iniziata con una partenza in salita: il presidente del Pakistan, Arif Alvi, che proviene dal PTI, si è rifiutato di convocare la seduta – che per legge deve riunirsi entro 21 giorni dalle elezioni – perché i 70 seggi riservati alle donne e alle minoranze, di cui una parte spettano al PTI, non sono ancora stati assegnati. È stato quindi l’attuale presidente dell’Assemblea nazionale (il Parlamento) a convocare la seduta, durante la quale i deputati eleggeranno il nuovo presidente e vice presidente della Camera, mentre le nomine del primo ministro e del vice premier si terranno domani. I legislatori fedeli a Imran Khan, inoltre, si sono presentati con indosso una maschera che raffigura l’ex stella del cricket 71enne.
Non si prevedono sorprese per quanto riguarda la scelta del capo di governo: dopo che i due principali partiti del Paese, la Lega musulmana del Pakistan (PML-N), tradizionalmente di centro-destra, e il Partito popolare pakistano, di centro-sinistra, hanno formato una coalizione con altri tre formazioni minori contro i candidati “indipendentisti” del PTI (definiti così perché prima delle elezioni è stato loro impedito di presentarsi sotto l’egida del partito), è probabile che come premier verrà scelto Shehbaz Sharif, già primo ministro dopo l’estromissione di Khan, avvenuta ad aprile 2022 con un voto di sfiducia. Come vice premier è stato invece proposto il nome di Asif Zardari, del PPP.
Ciò non significa, però, che non si prevedano tumulti politici: i sostenitori di Imran Khan nei giorni scorsi hanno boicottato alcune assemblee provinciali e potrebbero continuare a infastidire il nuovo governo e quello che i quotidiani pakistani chiamano “l’establishment”, riferendosi indirettamente all’esercito, che in Pakistan, anche a decenni di distanza dal periodo delle dittature militari, detiene l’ultima parola sulle scelte politiche.
Nel frattempo, la famiglia Sharif sta lottando per mantenere una certa rilevanza politica. Il 26 febbraio Maryam Sharif, figlia del già tre volte premier Nawaz (oggi leader del PML e fratello del probabile futuro premier Shehbaz) è stata eletta in qualità di chief minister del Punjab. A 50 anni è la prima donna, ma il quarto membro della famiglia Sharif a ricoprire l’incarico, che in passato è spesso servito come trampolino di lancio per la carica di premier. Il Punjab, oltre a essere la provincia di origine della famiglia Sharif, ospita il 53% della popolazione pakistana e contribuisce per il 60% al Pil nazionale.
Nuova erede politica della dinastia, la sua elezione è stata boicottata dal partito Ittehad Council, in cui sono confluiti i candidati del PTI. Nel 2017 era stata condannata per possesso di beni all’estero non dichiarati insieme al padre e aveva scontato un periodo in prigione prima che le sentenze venissero annullate. Dopo la partenza di Nawaz per Londra nel 2019 (ufficialmente per ricevere cure mediche, ma molto probabilmente per sfuggire a ulteriori processi giuridici), Maryam ha iniziato la sua battaglia politica contro il PTI di Imran Khan, puntando su una maggiore presenza del partito sui social media, dove, nonostante i frequenti blocchi di Internet da parte dell’establishment, Khan continua a essere molto popolare.
Secondo gli osservatori, il nuovo esecutivo dovrà concentrarsi sull’aumento della violenza e degli attentati in alcune regioni del Paese, come in Belucistan, la provincia in cui risiedono diverse minoranze etniche che da settimane sono scese in piazza a protestare contro i risultati elettorali dell’8 febbraio, e sulla situazione economica. Finora, per evitare il default finanziario, il Pakistan ha fatto affidamento sui prestiti del Fondo monetario internazionale e ieri il ministro della Finanza ad interim ha annunciato che la Cina ha accettato di rinnovare un prestito di 2 miliardi di dollari con scadenza a marzo.
In base alle stime più recenti, il debito estero del Pakistan è salito a 125 miliardi di dollari, di cui almeno 24 miliardi di dollari dovranno essere rimborsati entro novembre 2024, mentre l’inflazione continua a superare il 30%. Ed è probabile che ulteriori prestiti da parte degli alleati tradizionali (per esempio gli Emirati Arabi Uniti) verranno concessi solo dopo l’attuazione di una serie di riforme strutturali, tra cui la privatizzazione delle imprese in crisi e un aumento delle tasse, tutte misure che rischiano di essere accompagnate da un elevato malcontento e potrebbero mettere in crisi la tenuta del neonato governo.
Fonte : Asia