AGI – Avevano 16 e 17 anni quando rimasero ferite nello scoppio della bomba in piazza della Loggia, snodo cruciale nella stagione delle stragi. Solo oggi, all’apertura del 17esimo processo in una storia giudiziaria che sembra non avere fine, si è saputo che per la prima volta chiederanno di essere parti civili. Francesca Inverardi e Beatrice Capra, di un anno più grande, saranno tra le decine di persone che daranno anche un contributo come testimoni nel ricordo di quel giorno nel processo a Roberto Zorzi, imputato con l’accusa di essere stato uno degli esecutori dell’attentato. E, se dovesse essere condannato, potranno vedersi risarcire i danni come le altre 21 parti civili, tra enti (anche Comune e sindacati) e persone. “Per tanti anni Inverardi non se l’è sentita, era molto giovane all’epoca, forse era spaventata anche dalla matrice politica ed è sempre stata ai margini della vicenda processuale – spiega l’avvocato Davide Meraviglia -. Ho insistito molto anche perchè lei venisse inserita nella lista dei testimoni oltre che essere parte civile. Racconterebbe la sua versione che non sposterebbe nulla a livello probatorio ma sarebbe significativa”.
Sentita a verbale dal pubblico ministero Di Martino nell’inchiesta che ha portato alla condanna definitiva di Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, entrambi esponenti degli ambienti eversivi di estrema destra, Inverardi raccontò di avere riportato “una paresi facciale che si è prolungata lungo il braccio e la gamba e solo dopo un anno riuscii a bere un bicchiere d’acqua decentemente”. “Le è rimasto qualche postumo?” chiese il magistrato. E lei: “Le lesioni più brutte sono quelle rimaste dentro”. Beatrice Capra era una studentessa che scelse di participare alla manifestazione organizzata dai sindacati. “Gli studenti avevano aderito allo sciopero – mise a verbale anni fa – e io partecipai con interesse e con decisione. Ricordo la pioggia e poi il botto, una cosa spaventosa”.
Manca il personale giudiziario, l’udienza rinviata al 18 giugno
Il diciassettesimo processo per la strage di piazza della Loggia parte con la promessa che si concluderà entro il 2025 nonostante le carenze del personale giudiziario. A farla è stato Roberto Spanò, il presidente della Corte d’Assise di Brescia chiamata a giudicare Roberto Zorzi, accusato di avere messo, insieme a Marco Toffaloni, alla sbarra davanti al Tribunale dei Minori, la bomba che provocò la morte di otto persone e ne feri’ oltre un centinaio. Assente come previsto l’imputato, che risiede negli Stati Uniti da molti anni dove ha un allevamento di doberman. L’udienza è stata rinviata al 18 giugno proprio per il ‘buco’ in organico che dovrebbe essere sanato nei prossimi mesi con da forze fresche in arrivo. “La gestione di questo processo richiede un impegno straordinario. Le risorse dovranno essere in carne e ossa e, se arriveranno, il processo si concluderà entro il 2025, alla scadenza del mio mandato – ha spiegato Spanò in aula -. Se necessario, faremo tre udienze al mese e, se non dovessimo riuscire a chiudere entro il 2025, prometto che mi farò applicare per portare a termine questo processo”.
Spanò ha aggiunto che la sua idea è di ascoltare all’inizio i testi che saranno indicati come essenziali dalle difese e poi, in base all’evolversi del dibattimento, decidere di volta in volta chi chiamare. Le liste testi comprendono circa 150 nomi. Il pm Silvio Bonfigli, affiancato per l’occasione dal procuratore capo Francesco Prete che ha voluto dare un ‘segno’ di presenza vista l’importanza dell’indagine, ha annunciato che la sua intenzione è far deporre per primi i testimoni in grado di ricostruire “il contesto” in cui sarebbe maturata la responsabilità dell’allora giovane ordinovista veronese, soprannominato ‘Il Marcantonio’. Il 7 marzo è fissato l’inizio del processo a Toffaloni che però è rischio di tornare ‘indietro’ perchè la gup si è ‘dimenticata’ di ascoltare le parti prima della decisione.
Fonte : Agi