Amazon, perché i lobbysti non possono entrare nel Parlamento europeo

I lobbysti di Amazon non potranno più accedere agli edifici del Parlamento europeo. I quattordici rappresentanti del colosso dell’e-commerce statunitense a Bruxelles si sono visti ritirare i loro badge di accesso, dopo una richiesta esplicita da parte del comitato dei dipendenti del Parlamento, supportata a maggioranza da tutti i gruppi politici dell’emiciclo. Il divieto rappresenta il culmine di uno scontro tra le istituzioni europee e la compagnia, relativo alla trasparenza e alle condizioni dei suoi lavoratori e lavoratrici.

Si tratta insomma di una vera e propria sanzione punitiva contro il comportamento non collaborativo della compagnia fondata da Jeff Bezos, arrivata dopo che i suoi rappresentanti in Unione europea si sono più volte rifiutati di partecipare a riunioni con i membri del Parlamento, organizzate per discutere delle condizioni di lavoro dei dipendenti Amazon e delle politiche aziendali a riguardo.

È completamente irragionevole, per i membri del Parlamento, accettare di subire pressioni e attività di lobbying da parte di Amazon mentre, allo stesso tempo, vengono privati del diritto di rappresentare gli interessi dei cittadini europei e di indagare sulle violazioni dei diritti fondamentali sanciti nei Trattati e nelle leggi dell’Unione europea” hanno spiegato i parlamentari in una lettera riportata da Politico.

I casi

Nel documento vengono citati quattro casi in cui i rappresentanti di Amazon hanno evitato il confronto ufficiale con i parlamentari. Il primo si è verificato a maggio 2021, quando i lobbisti non si sono presentati a una riunione della commissione parlamentare sul lavoro riguardo gli “attacchi di Amazon ai diritti e alle libertà fondamentali dei lavoratori: libertà di riunione, di associazione e diritto alla contrattazione e all’azione collettiva” si legge su Euractiv.

Il secondo caso riguarda il patron stesso dell’azienda, Jeff Bezos, che si è rifiutato di presentarsi a un confronto con i legislatori europei. Mentre gli ultimi due episodi si sono verificati a dicembre 2023 e a gennaio 2024, quando Amazon ha prima rifiutato ai parlamentari l’accesso alle sue strutture in Germania e in Polonia e poi mancato di partecipare a una nuova riunione della commissione parlamentare aperta proprio sulle condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici della compagnia.

Amazon è la seconda compagnia a essere bandita dal Parlamento europeo, da quando l’assemblea ha cominciato per la prima volta i suoi lavori nel 1958. Il primo caso è avvenuto nel 2017, nei confronti dei lobbisti della Monsanto, azienda di biotecnologie agrarie nota per le molte critiche riguardo alle sue responsabilità nella diffusione di prodotti inquinanti e tossici per gli esseri umani.

Amazon si è detta “molto dispiaciuta” della decisione, sostenendo di essere impegnati nel partecipare a un “dialogo equilibrato e costruttivo” sulle questioni che riguardano i cittadini europei. Il divieto non sarà permanente, ma potrà essere ritirato quando l’azienda si dimostrerà collaborativa con le richieste dei parlamentari.

Fonte : Wired