Se assunta in eccesso, la vitamina B3 può aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, in particolare di infarto e ictus. A dimostrarlo una nuova ricerca della Cleveland Clinic negli Stati Uniti che ha identificato il meccanismo molecolare per cui troppa niacina (nota comunemente come vitamina B3) può essere dannosa. La niacina è un tipo di vitamina idrosolubile, cioè che deve essere regolarmente assunta attraverso l’alimentazione, sebenne l’organismo sia in grado di produrla in quantità minori a partire da un amminoacido essenziale, il triptofano.
E’ naturalmente contenuta nelle carni bianche, negli spinaci, nelle arachidi, nel fegato di manzo, nel lievito di birra e in alcuni pesci come il salmone, il pesce spada e il tonno. Ma la si ritrova anche in molti integratori per rafforzare il sistema immunitario, combattere l’invecchiamento, oltre ad essere storicamente utilizzata per abbassare il colesterolo cattivo e trigligeridi, e ridurre il rischio cardiovascolare. Questo nuovo lavoro fa luce sui possibili effetti nocivi legati a un suo sovradosaggio mettendo in guardia sui rischi di abuso da integratori. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Nature Medicine.
A cosa serve la niacina (e qual è il fabbisogno giornaliero)
La niacina è una vitamina fondamentale per la respirazione delle cellule e il corretto funzionamento del sistema nervoso, favorisce la circolazione sanguigna, protegge la pelle ed è utilissima nel processo di digestione degli alimenti. E’ inoltre un fattore di prevenzione della pellagra, una malattia causata dalla carenza di niacina, quasi del tutto scomparsa nel mondo Occidentale, che causa dermatite, diarrea e demenza. Il fabbisogno giornaliero raccomandato di vitamina B3 è di 14 mg/g per le donne e 18 mg/g per gli uomini. Una sua carenza può tuttavia causare una perdita del tono muscolare ed una cattiva digestione. Un suo sovradosaggio, invece, può scatenare sintomi quali prurito, nausea, mal di testa, diarrea, vampate, e dolore alla parte superiore dell’addome, e – come suggerisce il nuovo studio americano – aumentare anche il rischio cardiovascolare.
Il “paradosso della niacina”
Sebbene sia rarissimo nel mondo Occidentale soffrire di carenza di niacina, nelle farmacie è disponibile una serie pressochè infinita di integratori a base di questa vitamina che promettono di combattere l’invecchiamento, di promuovere il benessere generale e potenziare il sistema immunitario. Non solo. La niacina è stato anche uno dei primi trattamenti prescritti per abbassare il colesterolo cattivo (LDL), anche se nel tempo si è rivelata meno efficace di altri farmaci, come le statine, utilizzati a tale scopo, essendo tra l’altro associata a effetti negativi e tassi di mortalità più alti.
Precedenti ricerche avevano, infatti, dimostrato che la vitamina B3 poteva ridurre i livelli di LDL (colesterolo cattivo) e aumentare i livelli di HDL (colesterolo buono), oltre a diminuire i trigliceridi. Tuttavia, in altre ricerche (come una meta-analisi pubblicata sul Journal of The American College of Cardiology) non è stato associato questo effetto a un minor rischio di malattie cardiovascolari. “È stato riconosciuto che la niacina ha un effetto più complesso sulle malattie cardiovascolari – hanno spiegato gli autori – ed è il cosiddetto “paradosso della niacina”, per cui riduce il colesterolo LDL, ma non il rischio di eventi cardiovascolari, presumibilmente attraverso meccanismi indipendenti legati al colesterolo”.
Lo studio americano
I ricercatori della Cleveland Clinic hanno fornito con il loro studio una spiegazione a questo paradosso dimostrando che un prodotto di degradazione della niacina (un metabolita, ovvero una sostanza che si forma quando una sostanza si disgrega) – denominato 4PY – può promuovere l’infiammazione dei vasi sanguigni aumentando il rischio cardiovascolare. Nella ricerca hanno analizzato i campioni di sangue di 4.325 persone provenienti dagli USA ed Europa, e scoperto che l’assunzione di vittima B3 in eccesso faceva produrre due metaboliti – 2PY e 4PY – associati a un aumentato rischio di malattie cardiovascolari indipendemtemente dai fattori di rischio noti. In particolare, hanno osservato che 1 volontario su 4 assumeva più niacina e pertanto aveva livelli del metabolita 4PY più elevati, condizione che aumentava il rischio di malattie cardiovascolari.
I ricercatori hanno, inoltre, dimostrato in studi pre-clinici che l’aumento del rischio è dovuto alla capacità di questo metabolita (4PY) di aumentare i livelli della proteina proinfiammatoria (VCAM-1) nelle cellule endoteliali che rivestono i vasi sanguigni, condizione che nel tempo può portare all’artereosclerosi (irrigidimento delle arterie).
No all’assunzione di integratori senza il parere del medico
“Sebbene non si possa trarre conclusioni definitive e certe, in quanto lo studio riguarda poche migliaia di individui – ha affermato Stanley Hazen, capo della sezione di Cardiologia preventiva e riabilitazione cardiaca presso la Cleveland Clinic, e autore senior dello studio -, la ricerca pone ugualmente le basi per nuovi studi e traccia la strada a nuovi interventi sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico per cercare di ridurre l’infiammazione e le malattie cardiovascolari”. “E sottolinea – ha concluso Hazen – l’importanza di consultare sempre il proprio medico prima di assumere integratori da banco, e di concentrarsi piuttosto su una dieta ricca di frutta e verdura”.
Fonte : Today