Nel caso degli aerei questa viene creata dalla forma delle ali. Il flusso d’aria viene deviato dal profilo dell’ala, creando una spinta verso l’alto. Nel caso degli elicotteri il trucco sta nella rotazione dell’aria, che crea un vortice di aria spinta verso il basso che, per reazione, tiene sollevato il macchinario. Negli aerei la spinta è creata dai motori, negli elicotteri è la stessa rotazione dell’elica, opportunamente indirizzata, a generare anche la spinta. Questo avverrebbe anche per gli ornitotteri, in cui sia la portanza che la spinta dovrebbero essere create dal battito delle ali, proprio come avviene per uccelli, insetti e pipistrelli.
Un problema di tecnologia
Il battito delle ali darebbe grandi vantaggi aerodinamici: ci sarebbe la possibilità di decollo e atterraggio verticali come con gli elicotteri, ma con una manovrabilità decisamente maggiore. Il problema è che costruirne uno sembra incredibilmente complesso, sia da un punto di vista tecnologico sia fisico. Con le ali fisse è infatti molto più semplice creare dei modelli aerodinamici per studiare cosa avviene all’aria nei pressi dell’ala, mentre con le ali in movimento la faccenda diventa molto più complicata. Il grosso limite però resta la tecnologia: le ali devono sbattere molto velocemente per creare la giusta portanza, essere piuttosto flessibili ma al tempo stesso resistenti. Spesso la resistenza si può ottenere aumentando lo spessore dell’ala, ma questo è nemico della flessibilità e soprattutto della leggerezza: non è un caso se le ossa degli uccelli siano cave, perché in questo modo occorre meno portanza per controbilanciare la gravità. Il continuo battito poi, genera un continuo stress alle ali. Insomma, ci sono buoni motivi se finora si è preferito puntare a tecnologie aerodinamicamente più semplici come aerei o elicotteri.
Non siamo pronti
Insomma, le tecnologie per gli ornitotteri di grosse dimensioni non sono pronte e, almeno per ora, restano appannaggio della fantascienza. Al massimo si usano per dimostrazioni di piccole dimensioni, a livello hobbistico, dove i requisiti non sono stringenti quanto quelli per l’aviazione. Ci sono casi di ornitotteri-microbot, come per esempio RoboBee dell’Università di Harvard, ma si tratta sempre di dispositivi piccoli, che non sono in grado di trasportare grosse masse. Non è però detto che in futuro la faccenda non possa cambiare: se si decidesse di esplorare questa linea di ricerca fino in fondo e se i materiali del futuro saranno adeguati, gli ornitotteri potrebbero diventare realtà anche fuori da Dune.
Fonte : Wired