AGI – “Io ho sempre raccontato la mia vita, non so se può aver dato fastidio a qualcuno. Ho sempre raccontato il bello e il cattivo tempo e non credo che l’esegesi di quello che racconto attraverso i social sia che la fama, il successo e i soldi siano splendidi. Anzi credo di essere testimone del fatto che denaro e fama, soprattutto denaro, risolvono un problema, ma non tutti. So che sembra retorico, ma è cosi'”. Parola di Fedez, che oggi al Circolo dei lettori di Torino, ha risposto alle domande degli studenti torinesi in occasione di un incontro sulla salute mentale, organizzato dall’associazione Acmos. Cappotto e cappellino neri, Fedez ha raccontato ai 350 ragazzi presenti la sua esperienza con la malattia, evitando di rispondere ai giornalisti all’entrata e all’uscita della sala.
“Mi è venuto da esternare la mia esperienza con la malattia non immediatamente – ha spiegato – palesare al pubblico soprattutto quando si è una figura esposta pubblicamente, anche solo di prendere psicofarmaci, è ancora visto come uno stigma, io stesso credo di essere vittima dello stigma, perchè quando nell’ambiente televisivo e discografico gira voce che un artista o conduttore fa uso di psicofarmaci si tende a vederlo come una cosa respingente”. “Di primo acchito – ha detto – non mi è venuto da raccontarlo. Poi ho avuto due emorragie interne e un principio ischemico allo stomaco, ho rischiato di morire, ho perso metà del sangue che avevo in corpo e mentre ero nel letto dell’ospedale mi sono detto ‘che cosa me ne frega’”.
“Non sono qui per parlare in quanto esperto di psichiatrica o psicologia – ha proseguito – ma credo che confrontarsi e palesare le proprie esperienze possa essere utile per gli altri. Ci sono dati preoccupanti, nella generazione Z la prima causa di morte è il suicidio, i medicinali più prescritti sono antidepressivi e ansiolitici. E’ importante parlarne, più se ne parla meglio”. Alla domanda di un ragazzo su chi o cosa lo abbia aiutato a trovare conforto nella malattia, Fedez ha risposto: “Non credo di aver ancora metabolizzato la cosa. E’ un processo continuo. Nell’immediato ricordo di aver fatto un solo pensiero, che credo di aver superato, la paura della morte. La cosa che mi metteva più ansia ma mi dava anche la spinta di mantenere un minimo di dignità e compostezza era che i miei figli non si sarebbero più ricordati di me se io fossi morto. Mia figlia ha festeggiato il compleanno mentre mi hanno operato. Erano troppo piccoli per potersi ricordare di me. Questo mi faceva più paura della morte, era il motore per dire ‘Federico non morire adessao'”.
Poi è una studentessa a domandare se dopo la depressione il rapper sia cambiato. “Si – ha risposto – ho avuto la depressione farmaco resistente, talmente acuta che è resistente ai farmaci. E’ ovvio che ti cambia, è difficile riuscire a capire che c’è sempre luce in fondo al tunnel e non può piovere per sempre. Ma nel momento in cui sei li’ è molto difficile comprendere che tutto passa. Motivo per il quale non è una cosa che puoi affrontare da solo. Non credete a chi vi fa discorsi motivazionali e vi dice che la depressione non esiste ed è condizione mentale o dice di lavorare su se stessi. Non è cosi’, quando hai la depressione hai bisogno di aiuto. Probabilmente se il dottore te lo dice hai anche bisogno di farmaci. Il consiglio che vi do se doveste prendere farmaci è di non abbandonate la terapia, errore che ho fatto io e poi ero una macchina allo sbando”. I momenti più difficili?
“Il momento più difficile è quando il pensiero di morire ti dà più sollievo rispetto a quello di svegliarti il giorno dopo. Per uscirne serve tantissimo lavoro, farsi aiutare e chiedere aiuto”. Quanto alle persone care che possono essere d’aiuto, il rapper ha detto: “Non è sempre detto”. “Prendete con le pinze quel che dico – ha detto ai ragazzi – ho solo la terza media e non ho alcun tipo di competenza. Dopo sette anni di terapia ho capito che sono e siete i traumi che ti danno i genitori in maniera inconsapevole. Fare i genitori è la cosa più complicata del mondo. Ti lasceranno dei traumi, tu lascerai dei traumi come genitore perchè non esiste un manuale per farlo. Motivo per il quale ha senso parlare con persone care, ma parlare con delle persone esperte a volte è meglio”.
Fonte : Agi