Dal padre che picchiava la madre agli abusi sessuali a 10 anni: il racconto dell’infanzia di Alessia Pifferi

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Alessia Pifferi, a processo per aver fatto morire di stenti la figlia Diana nel luglio del 2022, si è sottoposta alla perizia psichiatrica superpartes diposta dalla Corte d’Assise di Milano. Durante il colloquio con il perito il racconto della sua infanzia.

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Alessia Pifferi

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Un’infanzia triste e solitaria. La famiglia assente e le botte del padre alla madre, l’insegnante di sostegno, i compagni di scuola lontani. E gli abusi sessuali da parte di un amico del padre, un uomo fidato che le faceva paura, all’età di 10 anni. È il racconto che Alessia Pifferi, a processo per aver fatto morire di stenti la figlia Diana nel luglio del 2022, ha reso ai periti che l’hanno interrogata in occasione della perizia psichiatrica superpartes diposta dalla Corte d’Assise di Milano e firmata dallo psichiatra forense Elvezio Pirfo.

Un racconto necessario, dal momento che la 38enne di Ponte Lambro (Milano) soffrirebbe di un disturbo di personalità dipendente, caratterizzato dall’incapacità di elaborare le emozioni e i sentimenti. Uno stato psicologico frutto di un “contesto familiare e sociale di appartenenza vissuto come affettivamente deprivante, tale da indurre una visione del mondo ed uno stile di vita caratterizzati da un’immagine di sé come ragazza e poi donna dipendente dagli altri (ed in particolare dagli uomini) per condurre la propria esistenza”, si trova scritto nel documento.

Il rapporto con il padre morto

La narrazione di Alessia Pifferi parte da lontano, dai primissimi anni di vita. Famiglia lombarda, madre impiegata e padre custode di un palazzo in viale Montenero, pieno centro di Milano. Con loro, nell’estrema periferia di Milano, abita anche la sorella maggiore Viviana, che ha 8 anni in più di Alessia. “Ma io e lei non abbiamo mai avuto buoni rapporti, già da piccola son sempre stata messa di lato”, racconta agli psichiatri Alessia Pifferi, mentre offre un quadro della sua infanzia. “Sono sempre stata il pulcino nero di casa. Non mi hanno mai organizzato niente, mai un compleanno, mai un regalo“.

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Il clima in casa, quegli anni, è pesante. “Tra mamma e papà c’erano parecchie liti. Lui non si sa dove buttasse i soldi, prendeva lo stipendio e lo faceva sparire, il problema era sempre il denaro. Aveva anche un po’ il vizio del bere, tornava spesso a casa molto brillo… e ogni volta erano discussioni o mani addosso e io ero lì ad assistere”, spiega la 38enne. “Mi ricordo di questi litigi e di quando la prendeva a botte. A me non toccava, anzi, ero la cocca di mio papà, mi difendeva sempre dalle sgridate della mamma”.

L’uomo muore nel 2009 per un carcinoma fulminante al fegato, a soli 64 anni. “Tentava anche di ammazzarsi, mia mamma è andata più volte a fare denuncia perché non lo trovava magari per una settimana intera. L’ho scoperto solo dopo, mi hanno spiegato tutto crescendo. Ma io ero molto attaccata a lui, quando è morto avrei voluto fare delle sedute o psichiatriche o psicologiche perché è stata una botta a ciel sereno per me. È una ferita ancora aperta”.

La morte della nonna materna

Prima, però, nella vita di Alessia Pifferi c’è anche la morte dei nonni materni. Da lì, la bambina inizia a frequentare una professionista. Ha lo studio nei pressi di via Mecenate, a due passi da Ponte Lambro. “Quando ero piccola sono andata dalla psicologa quando sono morti i miei nonni, era una neuropsichiatra che mi faceva giocare, disegnare, vedere delle figure… alle elementari e alle medie invece ho avuto la maestra di sostegno per un bel po’ di anni. Penso c’entri qualcosa la morte di mia nonna“, sono le sue parole. “Lei mi viziava e soprattutto riuscivo a parlarci, era mia confidente”.

Il periodo della scuola

Anche il periodo della scuola dell’obbligo, stando al racconto di Alessia Pifferi, non è dei più felici. “Non ho mai avuto amiche. Con le maestre andavo d’accordo e anche con i compagni, solo che anche lì venivo messa di lato. Formavano nei gruppi dove io ero tenuta fuori perché ero sempre seria, mi dicevano“, dice. “Diciamo che non ho vissuto un’infanzia come le altre bambine. Le bambine giocavano insieme invece io ero sempre da sola, stavo sulle mie”.

E lo studio non va certo meglio. “Alle medie mi hanno bocciata, ma non che avessi molta voglia di studiare. L’unica materia in cui andavo bene era arte. Per il resto giocavo in casa da sola o guardavo la tv. Altrimenti andavo su da questa signora anziana, poi la mamma tornava dal lavoro nel pomeriggio”. Alessia abbandona così presto i banchi di scuola e cerca dei lavoretti saltuari, tutti precari e in nero, trovati attraverso il passaparola della famiglia: badante per anziani, babysitter, donna delle pulizie.

Intorno ai 20 anni, si sposa in fretta e furia con un uomo molto più grande di lei. Ha 55 anni e fa il fabbro a Palermo: si conoscono in Sicilia grazie alla sorella di lui, che abita a Ponte Lambro, e stanno insieme per 12 anni. “È finita perché quando io ho perso un bambino discutevamo tanto, poi lui alle volte mi alzava anche le mani addosso e la perdita del figlio aveva scaturito in me una sorta di odio, in ogni discussione glielo rinfacciavo”.

L’abuso sessuale a 10 anni

E infine la confessione mai rivelata a nessuno. “Un conoscente di mio papà era salito a Milano da Palermo. Nel tempo era diventato un amico di famiglia, e abusava di me. Abitava nella mia via, quando portavo a casa sua delle cose che mia mamma cucinava lui se ne approfittava e abusava di me. Metteva le mani nelle parti intime, a volte mi obbligava a fare delle cose”.

E ancora. “Io non ho mai detto niente a nessuno per vergogna, perché avevo paura anche a parlarne. Mi disse di non dire niente, mi faceva stare male, avevo schifo. Ho fatto fatica a raccontarla anche alle psicologhe di San Vittore”. Le stesse che adesso, insieme all’avvocata della difesa Alessia Pontenani, sono indagate per favoreggiamento e falso ideologico dal pm Francesco De Tommasi nell’ambito del processo che vede accusata Alessia Pifferi.

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Fonte : Fanpage