“Nessuno comprerà più in negozio. Tutto sarà acquistato online. Andremo nei punti vendita solo per ‘provare’ qualcosa, fino a quando la tecnologia non ci permetterà di poter avere la stessa esperienza. Un drone ci porterà tutto a casa, mezz’ora dopo l’acquisto. E se ora viviamo con il telefono in mano, presto vivremo con addosso gli occhiali per la realtà aumentata. Avremo più tempo grazie all’intelligenza artificiale. Qualcuno perderà il lavoro. Ogni cosa ha un ciclo di vita. E questo vale anche per me e il mio business… Se non ti rinnovi, fai la fine di Blockbuster”.
Federico Solinas, 11 anni fa, a Londra, ha fondato Bidoo, una piattaforma di e-commerce, dove giochi e acquisti prodotti partecipando a un’asta. Ha fatto tutto in bootstrapping, con un piccolo capitale, senza i finanziamenti del venture capital. È passato attraverso anni durissimi, con migliaia di competitor. E in un mondo dove tutto cambia in modo vertiginoso e le startup hanno pochi anni di vita, Bidoo continua a funzionare.
36 anni, Solinas è partito nel 2012 da una piccola cittadina vicino a Cagliari. Destinazione: Londra. In tasca, ha un solo desiderio: fare qualcosa di nuovo. “In Italia non ci riuscivo. Londra, pre Brexit, era considerata il posto migliore in Europa. L’idea di partire mi appariva così straordinaria che ho fatto di tutto per andarmene”.
Con un amico fonda Bidoo, fa mille tentativi per acquisire utenti, sfrutta tutti i social network, lavora come un pazzo. Poi la svolta. Oggi ha 8 milioni di utenti, 15 milioni di revenue, 50 persone nel team. Come funziona? “Per partecipare a un’asta devi avere dei crediti, che puoi guadagnare gratuitamente sul sito o su Instagram. Ogni credito ti dà la possibilità di fare un’offerta su un prodotto in vendita. Si tratta di prodotti di elettronica, cucina e beauty. Risparmi fino al 90%. Se vuoi partecipare a più aste, devi però acquistare altri crediti”.
Rewind. A 19 anni, Solinas si iscrive alla facoltà di economia, ma dopo pochi mesi si ritira. Crea una prima startup nel mondo dell’e-commerce. “Si chiamava Mandrake ed era un motore di ricerca per lo shopping off-line. Andavo dal fioraio a Cagliari e gli dicevo: dovresti mettere sulla mia piattaforma i tuoi fiori. Fai le foto, le pubblichi, indichi i prezzi e poi la gente viene in negozio e te li compra. E lui mi rispondeva: tu vaneggi…”
La startup chiude. “Ho fatto i classici errori. Ma non ho smesso di sperimentare”.
Raccontare la storia di Bidoo è un po’ come ripercorrere cosa è successo online negli ultimi 10 anni. “Volevo creare qualcosa in questo mondo, dominato fin da subito dai grandi player, come Amazon. Un utente medio, in genere, acquista dove il prezzo è più basso o dove la spedizione è più veloce. Impossibile fare un e-commerce e competere sui prezzi dei prodotti o sulla velocità delle spedizioni. Se vuoi avere successo, devi offrire un’esperienza completamente diversa. Nel mondo stavano nascendo siti di shopping che intrattenevano consumatori con logiche di gamification. Ci ho provato anche io…”
Costanza e fortuna: sono gli ingredienti del suo successo. Bidoo inizia a muoversi grazie all’arrivo di Facebook in Italia. “Nel 2012 le pagine Facebook erano un po’ come gli influencer di oggi, ma nessuno lo sapeva. Una sera stavo lavorando in assistenza clienti e sono stato contattato da un ragazzo: mi proponeva una pubblicità su una pagina. Ero scettico all’inizio. Il primo post l’ho pagato 30 euro. Dopo 2 minuti, Bidoo era down per la mole di traffico. Da quel momento è cambiato tutto per noi”.
Poi per spiegarti perché, aggiunge: “I social network sono come il gioco delle sedie. All’inizio c’è posto per acquisire valanghe di nuovi utenti a prezzi bassissimi, ma non è per sempre. Con il passare del tempo, tante altre aziende capiscono il potenziale e i posti a sedere si esauriscono. Gli utenti non sono infinti”.
Dopo Facebook, ecco Instagram. Bidoo inizia a sfruttare i meme. Poi arrivano gli influencer. “Li contattavamo, trattavamo il prezzo, prendevamo i migliori. Abbiamo un database con 10 mila influencer”. Infine il Covid, e Bidoo esplode. “E ora c’è TikTok. In alcuni Paesi (non in Italia), è già attivo TikTok Shop. Una specie di negozio, con prodotti in vendita. L’utente ha già inserito la sua carta di credito e con un clic, durante una live, o in un semplice video, compra. Questa cosa cambierà tutto”.
Che cosa hai imparato lungo la strada?
“Che la costanza vale moltissimo. Tante volte ci siamo detti: ‘basta’. Nessuno intorno a noi ci credeva. E alla fine ti convinci anche tu che sei un povero pazzo. Ciononostante abbiamo resistito e abbiamo provato. Se non lo avessimo fatto in quel momento, oggi non saremmo qui. A un certo punto fai uno switch. Cambi. Inizia a fare cose diverse. Piccoli passi. E inizia la trasformazione. Una cosa che prima avviene dentro di te, nella vita quotidiana, poi dopo, si riflette nel business”.
In questi anni Federico vive anche una svolta personale. “Per molto tempo ho vissuto senza equilibrio. A un certo punto soffrivo di ansia. Ho iniziato a partecipare alle sessioni di coach di Robin Sharma e ho imparato tanto. Ho scoperto che: ‘Energy is more important than IQ’. L’energia è molto più importante del quoziente intellettivo. Tu puoi essere intelligente quanto vuoi, ma se sei stanco non fai niente. È la tenacia che conta. Se devi abbattere un albero, puoi colpirlo migliaia di volte, ma se non batti nello stesso punto, non cade.
Fino a qualche anno fa lavoravo tutti i giorni, zero vacanze, il riposo era quasi considerato ridicolo. Però poi mi sono accorto che perdevo tempo, stavo facendo cose senza un valore. Ero dentro la ruota del criceto. Ho deciso di cambiare. Di dare valore al riposo. Ho iniziato a schedulare tutto in un calendario, scelgo io che cosa fare. Quando lavoro, quando mangio, quando mi alleno, quando esco, quando mi dedico alla mia via personale. Il vantaggio numero uno? Non ho più ansia. Non devo capire ogni mattina cosa devo fare. È già tutto deciso. E sono io a decidere, non sono gli altri. Riesco anche a dire di no, non procrastino più. Sono stato il re dei procrastinatori. Se potevo fare una cosa dopo, la facevo dopo. Ora mi sforzo di mettere le cose più brutte e rognose subito. E cambia tutto. Perché quella roba rognosa che tu stai procrastinando, dentro di te continua a essere lì, dietro le quinte, sta consumando banda e ti stanca”.
Ho imparato che tutto ha un ciclo di vita. Nessuno è Dio. Ti ricordi Messenger, lo usavamo tutto il giorno. Poi è arrivato Facebook. Poi Skype. I negozi? I negozi fisici non venderanno più. Bisogna rinnovarsi”.
E voi cosa farete? “La sfida più grande è mantenere l’attenzione degli utenti. Vogliamo puntare sul live shopping, ma includendo il gaming. Immaginiamo una piattaforma, dove da una parte ci sono i content creator che diventano presentatori di un gioco live e venditori, dall’altra ci sono i consumatori che giocano in live mentre fanno shopping e ricevono uno sconto proporzionale a quanto sono stati bravi nel gioco”.
Come immagini il futuro? “Due cose cambieranno il mondo: gli occhiali della Apple, visori per la realtà aumentata, e l’artificial intelligence. Vivremo con questi occhiali, che diventeranno sempre meno invasivi. È come se mettessimo uno strato di informazione in mezzo ai nostri sensi. E poi l’intelligenza artificiale. Certo ci aiuterà, ci darà più tempo libero. Ma ho anche paura, tanta gente perderà il lavoro. E dal punto di vista etico mi faccio delle domande. Ognuno di noi dovrà ripensare al proprio business. Io stesso continuerò a vendere prodotti non di prima necessità?”.
Fonte : Repubblica