Netanyahu: “Voglio un accordo sugli ostaggi, ma Hamas riduca le pretese”. Cresce il dissenso in Israele

“Stiamo lavorando a un accordo sugli ostaggi. Voglio un accordo per il rilascio degli ostaggi e apprezzo gli sforzi degli Stati Uniti. Non so se raggiungeremo un accordo, ma se Hamas si tirasse indietro dalle sue richieste deliranti, non ci sarebbero problemi. Ci sarà un accordo”. Così il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, durante un’intervista alla Cbs ripresa dal Jerusalem Post. Il capo del governo di Tel Aviv ha poi ribadito la sua contrarietà alla creazione di uno Stato Palestinese: “Questa settimana – ha spiegato – abbiamo ottenuto una maggioranza di 99 membri della Knesset a favore della mia proposta contro il riconoscimento internazionale della creazione di uno Stato palestinese. Si tratta di una maggioranza senza precedenti”. Intanto, nello Stato ebraico, cresce il dissenso nei suoi confronti e si moltiplicano le manifestazioni in molte città.

Il piano di Israele per il dopo Gaza: via l’Onu e presidio militare sulla Palestina

Sul fronte diplomatico continuano, senza sosta, i negoziati per un potenziale cessate il fuoco temporaneo e un accordo sugli ostaggi. Il lavoro dei funzionari americani, del Qatar ed egiziani sembra però in fase di stallo. Anche nella giornata di oggi so sono svolti colloqui della delegazione di Hamas con i funzionari egiziani. Sul tavolo la situazione a Gaza, sempre più drammatica, e un percorso condiviso per porre fine alla guerra. I riflettori sono puntati su sulla città di Rafah, dove negli ultimi mesi si sono spostati oltre un milione e mezzo si palestinesi. Netanyahu non cede sulla volontà di far partire un’invasione di terra – anche in caso di accordo sul cessate il fuoco – che la comunità internazionale vorrebbe evitare per non aggravare ulteriormente il conto delle vittime civili dall’inizio del conflitto.

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“Il gabinetto di guerra di Israele – ha spiegato il leader israeliano su X – potrebbe approvare l’invasione di terra di Rafah, nell’estremo sud della Striscia di Gaza, all’inizio della prossima settimana. Oltre all’obiettivo del rilascio degli ostaggi, l’eliminazione dei battaglioni di Hamas rimane prioritaria. Pertanto, all’inizio della settimana convocherò il gabinetto per approvare i piani operativi d’azione a Rafah, compresa l’evacuazione della popolazione civile da lì. Solo una combinazione di pressione militare e negoziati risoluti porteraà al rilascio dei nostri ostaggi, all’eliminazione di Hamas e al raggiungimento di tutti gli obiettivi della guerra”.

Cresce il dissenso in Israele

E non si placano le voci di dissenso, anche in Israele. Un recente sondaggio rileva che il 71 per cento degli israeliani non crede allo scenario di una vittoria assoluta su Hamas, che secondo Netanyahu sarebbe “a un passo”. La polizia è intervenuta con idranti e agenti a cavallo contro la folla che ieri notte ha manifestato a Tel Aviv chiedendo le dimissioni di Netanyahu. Secondo Times of Israel si tratta dei più violenti scontri dall’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre. “La violenza della polizia contro i manifestanti, fra cui familiari degli ostaggi, è pericolosa, antidemocratica e non può continuare. Protestare è un diritto fondamentale e non può essere contrastato con manganelli e idranti”, ha dichiarato il leader dell’opposizione, Yair Lapid.

La polizia ha dichiarato che i manifestanti si erano “riuniti illegalmente” in strada. In mezzo alla folla, riunita a Kaplan street, vicino alla Kyria, il quartier generale delle Forze armate, vi erano parenti di ostaggi e leader del movimento contro la riforma giudiziaria. Fra gli oratori della protesta, nell’area che era stata autorizzata, anche un soldato ferito a Gaza. “Questo è il governo più fallito della storia, andatevene”, ha detto il tenente Scheinberg. Ad arringare la folla, è intervenuto anche l’ex ministro della Difesa Moshe Yaalon, che ha attaccato Netanyahu per non essersi preso la responsabilità del fallimento del 7 ottobre e ne ha chiesto le dimissioni. Altre manifestazioni contro il premier israeliano si sono svolte in diverse località, fra cui Cesarea, dove c’è la residenza privata del primo ministro. A Tel Aviv si è svolta una manifestazione separata organizzata dal Forum delle famiglie degli ostaggi per la ventesima settimana consecutiva. Fra i dimostranti vi era un certo ottimismo sulla possibilità di nuovo accordo per la liberazione dei loro cari”.

Barak: Netanyahu pronto a rischiare la vita degli ostaggi

Pesano come macigni le parole dell’ex premier israeliano Ehud Barak. “Benjamin Netanyahu è pronto a mettere a rischio la vita degli ostaggi israeliani se questo servirà a farlo sembrare forte agli occhi dei suoi elettori”, ha detto durante un’intervista rilasciata alla radio dell’esercito israeliano. “Abbiamo bisogno di 30 mila persone che circondino la Knesset per tre settimane, giorno e notte: quando il Paese si sarà fermato, Netanyahu si dovrà rendere conto che il suo tempo è finito e che non esiste più fiducia in lui”, ha concluso.

Fonte : Today