“Scrivo per avvisarvi che questa truffa è tornata e purtroppo ci sono cascato anche io”, ha scritto un lettore a Today.it raccontando la sua drammatica esperienza con la truffa del boss delle escort. Dicono di chiamarsi Lorenzo, Carmine, Gianny, Torres, Alexandre e di essere pronti a “tagliare la gola” a chi non paga. Minacciano gli uomini sulle app di messaggistica accusandoli di aver fatto perdere tempo alle “loro ragazze”. Vogliono soldi in cambio del silenzio, altrimenti sono pronti a rivelare l’interesse mostrato per gli incontri hot a pagamento a mogli, fidanzate, vicini di casa e datori di lavoro (vedi foto sotto, il racconto di un utente su un forum).
Di recente questa truffa è tornata a seminare il panico tra chi cerca sul web incontri a luce rosse, con richieste di denaro che arrivano anche fino a 5mila euro. Ma c’è chi ne ha sborsati 20mila per evitare che dei video hard girati senza consenso con una prostituta finissero nelle mani della moglie. Una sextortion in piena regola, proprio come quelle architettate dagli Yahoo Boys nigeriani che riescono a estorcere anche 100mila euro a vittima. Ma andiamo per ordine.
“Ho pagato perché mi sono spaventato”
“Scrivo per avvisarvi che questa truffa è tornata e purtroppo ci sono cascato anche io”, racconta un lettore a Today.it riferendosi all’estorsione che ruota attorno al mondo delle finte escort. “Ho pagato perché mi sono spaventato. Il giorno dopo mi hanno ricontattato con tre numeri diversi dicendomi che c’era stato un errore e che la multa era più alta. Questa volta ho bloccato qualsiasi numero e ho dovuto cambiare il mio perché ho avuto paura”.
Il boss delle escort che chiede soldi a chi cerca sesso online
Questo tipo di estorsione non è nuova alle forze dell’ordine. Sicuramente esisteva già prima del 2017, quando un uomo dopo aver creato diversi profili di escort come esca truffò almeno 16 vittime presentandosi come un affiliato del clan dei Casamonica. Arrivò a estorcere ai malcapitati anche fino a 5mila euro.
Video del boss e foto di strade vicino casa della vittima
Le minacce arrivano direttamente sul cellulare dopo aver lasciato il contatto a delle ragazze su siti di incontri a luci rosse. Quasi sempre da un numero straniero, anche dall’America (+1) e in un italiano sgrammaticato, da soggetti che dicono di essere affiliati alla mafia, alla ndrangheta, ai clan Spada o Casamonica.
Lo schema è sempre lo stesso. Chi scrive si presenta come il “responsabile dei sicari” o il “capo degli assassini”, chiede il pagamento di una somma di denaro per evitare che si venga a sapere della sua voglia di sesso a pagamento. Suggerisce di raggiungere un “accordo sereno” altrimenti la questione “diventa un problema personale per te e per la tua famiglia”. Poi passa alle minacce più pesanti: “Se non paghi ti taglio la gola”.
Il “boss delle escort” che estorce denaro ai clienti dei siti a luci rosse. Ricatti da mille euro
Fino a poco tempo fa veniva inviato solo un messaggio ma con il passare degli anni i malviventi hanno affinato la tecnica. Per spaventare le vittime condiscono il testo con foto di gente torturata o video in cui si vedono armi. A volte indicano espressamente il nome e cognome del malcapitato e aggiungono foto prese dai suoi profili social. C’è chi ha raccontato di aver persino ricevuto una foto di una strada che si trovava vicino alla sua abitazione (vedi foto sotto, il racconto di una vittima della truffa del boss delle escort).
Alla redazione di RomaToday invece è arrivato un video in cui si vede un fantomatico boss delle escort con tanto di passamontagna e mitra che dice con accento sudamericano: “Se non paghi la multa sei in grossi guai” (nella foto sotto due screenshot del video).
Il racconto delle esperienze personali sui forum
Sui forum si parla molto della truffa del boss delle escort. L’argomento è talmente noto da essere diventato un meme, un argomento su cui scherzare, ma c’è anche chi chiede spaventato cosa fare e chi ammette di aver “pagato per paura”, anche ragazzi giovanissimi (vedi foto sotto, le richieste di aiuto sui forum). Un utente ha raccontato invece di un’altra variante: la richiesta di denaro arriva da un sedicente avvocato per delle “chat sconce con una minorenne”, allo scopo di risolvere la questione “in via bonaria”.
A volte i truffatori chiedono piccole somme per fare in modo che la vittima si convinca a pagare altre volte tentano il colpaccio, con richieste che partono da 100 euro per arrivare fino a 2mila euro. In ogni caso dopo il primo pagamento quasi sempre arriva una nuova richiesta di denaro. Il tutto in un loop incontrollabile che gioca sulla capacità intimidatoria dei malviventi ma soprattutto sul bisogno di riservatezza delle vittime.
Sextortion, l’imprenditore che ha pagato 20mila euro
Le estorsioni a sfondo sessuale, chiamate anche sextortion, sono molto diffuse ma la maggior parte delle vittime non denuncia per vergogna e pudore. Le persone ricattate sono quasi sempre uomini mentre il revenge porn colpisce più le donne (ne abbiamo parlato qui).
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Secondo i dati della polizia postale nei primi 11 mesi del 2023 sono stati trattati 1.384 casi di estorsioni a sfondo sessuale sul web, il 29 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tra questi ricordiamo quello di San Pancrazio Parmense in cui due personaggi “poco raccomandabili” esortavano la vittima a saldare un presunto debito nei confronti di una escort. Gli scrivevano: “Paga o ti mandiamo a casa quattro compari”.
Ci sono anche due donne in provincia di Lodi che adescavano uomini su siti erotici per farsi inviare foto e video intimi e poi ricattarli. Finito nella spirale della sextortion anche un imprenditore 65enne che dopo aver conosciuto una transessuale su un noto sito di incontri è stato ripreso a sua insaputa mentre consumava il rapporto sessuale. Materiale utilizzato per il ricatto: per evitare che il video finisse in mano alla moglie ha pagato 20mila euro in più tranche. Ne volevano 80mila ma ha trovato la forza di denunciare tutto alla polizia.
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Sul web i tutorial per imparare a truffare
Esistono addirittura dei gruppi criminali che realizzano guide e video per “insegnare” ai neofiti della sextortion come circuire potenziali vittime. I più conosciuti sono gli “Yahoo Boys” provenienti dalla Nigeria, considerati i “principi” del crimine informatico. Truffano gli stranieri per spendere i soldi nel loro Paese, acquistando bei vestiti, telefoni, auto e orologi di lusso. Difficile quantificare quanti sono, ma si parla di centinaia di ragazzi. Visto il ‘successo’ sono nati gruppi criminali anche in Ghana sotto il nome di “Sakawa Boys”.
Queste bande criminali reclutano i propri membri sui social media, poi gli insegnano come “bombardare” gli sconosciuti di messaggi per farli cadere in trappola. Li istruiscono su come commettere le più note frodi online: truffe di phishing, raggiri con pagamenti anticipati, la trappola della mancata consegna ed estorsioni a sfondo sessuale. Condividono in rete video tutorial e “Blackmail format”, modelli preconfezionati di messaggi da inviare alle vittime per estorcere denaro dopo essere entrati in possesso di alcune loro foto intime (nella foto sotto, un formato di sextortion degli Yahoo Boys confrontato con quello ricevuto da una vittima – Fonte Network Contagion Research Institute).
Sono bravissimi anche nelle truffe romantiche. Riescono a stabilire una connessione emotiva con le vittime, manipolandole affinché inviino denaro o regali preziosi. In dei video, poi bloccati, spiegano anche come creare falsi profili da replicare sui social per espandere il remuneratissimo “business”, che in gergo chiamano “spaccio”. La vittima invece è un “cliente” oppure un “maga”, che vuol dire sciocco, credulone. Uno di loro ha raccontato dell’invio di circa 20mila messaggi esca al giorno e di guadagni fino a 100mila dollari a vittima.
Il tutto mentre in Italia manca ancora una legge specifica sulla sextortion. Il ricatto sessuale e le sue condotte, infatti, vengono configurate principalmente nel reato di estorsione, in quello di revenge porn inserito nel recente Codice rosso, nel reato di minaccia e di atti persecutori, con pene fino a 10 anni di reclusione.
Fonte : Today