La discutibile fissazione per le giornate mondiali di qualunque cosa

C’è la giornata internazionale della donna, quella dell’alimentazione, ma c’è pure quella della carbonara, degli spaghetti, dell’hamburger, del caffè, delle coccole, dei gatti, dell’amicizia, della pizza e della porchetta. Alcune sono state codificate da organi politici, istituzionali e sovranazionali (come FAO e Onu) ma altre spuntano fuori come funghi anche se hanno poco o nessun senso.

Una giornata mondiale, letteralmente per qualsiasi cosa

Le giornate mondiali, nazionali, internazionali di qualcosa hanno finito per coprire un fitto calendario di eventi (non è raro che in un giorno si celebrino anche più cose) di cui non si sa bene chi sia l’artefice, da dove venga la genesi, perché sia stata scelta una giornata e non l’altra e che cosa esattamente dovrebbe rappresentare una certa ricorrenza. Sulla base delle festività nazionali che – si presume – hanno ragioni storiche, culturali e antropologiche, è nato un satellite di ricorrenze dallo spirito piuttosto grossolano e goliardico che sembrano avere un solo scopo: vendere qualcosa a qualcuno.

Le aziende e il marketing gastronomico delle giornate mondiali

Il mondo gastronomico è la perfetta cartina al tornasole di questo fenomeno (ma non l’unica), visto che durante le giornate mondiali di qualcosa le aziende si lanciano nella creazione di collezioni limitate, eventi, prodotti speciali, post sui social con la finalità di rendersi visibili all’interno dell’enorme flusso (spesso ingiustificato) che generano queste date. Le email di posta dei giornalisti, le newsletter dei clienti iscritti si riempiono di comunicazioni a scopo commerciale valide a far passare un messaggio oppure a posizionarsi su un certo argomento, o semplicemente vendere un codice sconto, un abbonamento a un servizio o un prodotto. E scorrendo i numerosi calendari che raccolgono le giornate mondiali di qualcosa, vi accorgerete anche con occhio distratto che la maggior parte sono cibi o bevande.

Le giornate mondiali servono davvero a qualcosa?

Se lo scopo è riunire nel mondo le persone interessate a un determinato tema e portare all’attenzione certi argomenti, il fenomeno risulta comprensibile su larga scala per topic urgenti (per esempio il clima) ma incomprensibile se si pensa a cose tipo, ne citiamo una a caso, il Porchetta Day. Tanto che alla fine festeggiamo un giorno per cose che facciamo sempre (tipo mangiare la pizza) senza sapere esattamente per cosa stiamo festeggiando, per cosa stiamo pagando. Molto più coerente e lineare a questo punto, creare una giornata a proprio marchio come ha fatto Ferrero con la Nutella per il 5 febbraio, quando racconta che l’idea è nata da una blogger americana, Sara Rosso, appassionata di Nutella che si è chiesta perché non esistesse una giornata dedicata al suo alimento preferito. Almeno qui l’intento commerciale e pubblicitario è evidente, e anche ben riuscito visto che qualcuno lo scambia per una giornata mondiale qualsiasi, e non per l’autocelebrazione di una delle più grandi industrie alimentari di sempre.

Registri diversi, confusione e mercificazione

L’autrice Akhila Vijaykumar ha riconosciuto in questa mania di celebrare giornate mondiali una specie di malattia tutta americana, che cerca di capitalizzare qualsiasi occasione, anche un semplice numero sul calendario. “Il marketing moderno ha liberato su di noi un kraken di giorni sciropposi, spingendoci a consumare inconsciamente sempre di più. Sebbene le intenzioni e i risultati desiderati dal mercato capitalistico statunitense e dall’ONU siano agli antipodi, non si può negare che l’uno dipenda dall’altro” ha scritto nel suo articolo. E ora di questa fissazione siamo contagiati anche in Italia, paese rimasto immune per lungo tempo da tutti gli incantamenti del marketing spiccio. In una specie di pasticcio senza logica, si mescolano su registri diversi pistacchio e autismo, carote e festa del lavoro e dei lavoratori. Speriamo che ci passi? Assolutamente sì.

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Fonte : Today