Il sale più puro e antico d’Italia si produce in Toscana ma non viene dal mare

C’è un motivo preciso per cui, ancora oggi, il pane toscano è esclusivamente sciapo (o per meglio dire: sciocco). E si rintraccia a Volterra, cittadina di 10mila abitanti di fondazione etrusca, in provincia di Pisa, culla della produzione del sale e dove ancora oggi si ottiene il più puro del Paese. “Nel XII Secolo, per via delle tasse alte dei Fiorentini, Volterra smise di vendere loro il prodotto”; ce lo spiega Marco Locatelli, bergamasco di nascita spostatosi in Toscana per salvare una produzione antica di 3mila anni. Un sale che viene dalla terra e non, come più di consueto, dal mare.

Operaio al lavoro alle Saline di Volterra

Le saline di Volterra, una storia di 3mila anni 

I primi ad accorgersi delle potenzialità del sottosuolo di Volterra e dintorni furono gli etruschi. Una civiltà che, prima dell’assoggettamento ai Romani, lasciò non poche tracce importanti. Si erano accorti, infatti, di avere sotto i piedi un patrimonio prezioso, poiché il sale, nell’antichità, era uno dei pochi modi per conservare i cibi. “Quella di Volterra è da sempre la salina principale del Centro Italia”, spiegano a CiboToday i suoi attuali titolari, la famiglia Locatelli, “e ha generato moltissima ricchezza. Tanto che, ben dopo le diatribe con Firenze, il Granduca Pietro Leopoldo gli costruì intorno il primo stabilimento industriale del Paese. Era la fine del XVIII Secolo”. Corpi di fabbrica, una chiesa e altri edifici che generarono la comunità Saline di Volterra; un caso —potremmo dire — di proto-archeologia industriale, di cui restano ancora diverse tracce.

Stabilimento Locatelli, Saline di Volterra

La famiglia Locatelli, da Bergamo a Volterra

La storia dei Locatelli, invece, parte nel 1985 a Bolgare, nella bergamasca. “A 14 anni mio padre faceva lo spazzacamino. Da lì è diventato anche idraulico e si è messo a vendere le pastiglie di sale già fatte per depurare l’acqua”. Poi, “capendo che poteva guadagnarci di più”, ha iniziato a comprare sale sfuso e produrle da sé, usando sale tedesco e quello, appunto, di Volterra. Dopo la privatizzazione delle saline negli Anni Novanta, le moje (così si chiamavano le sorgenti di acqua salata) erano in mano a un’azienda che non le metteva bene a frutto, “lavorando anche quello marino, che è più economico, ma molto meno puro”. Quando i Locatelli nel 2014 sono venuti a sapere che le saline stavano per essere dismesse, “abbiamo detto: aspettate un attimo, ché le prendiamo noi”.

Lo stabilimento moderno delle Saline di Volterra

I diversi tipi di sale e le loro lavorazioni

Come mai quello di Volterra è il sale più puro e prezioso d’Italia? “Dipende dal modo di estrarlo, che è rimasto più o meno invariato dagli Etruschi”. Il prodotto si può infatti ricavare in tre modi. C’è quello marino, ottenuto allagando vasche costiere e lasciando evaporare l’acqua — “ma con problemi di purezza, che arriva al 99,3 — 99,5 % al massimo, perché restano diversi residui”. Poi il salgemma, “estratto da vere cave; nel momento in cui si scava, il sale si contamina con sabbia o infiltrazioni e raggiunge il 99 o 99,5% di purezza. In Italia c’è solo in Sicilia”.

Infine (così è a Volterra, unico caso nazionale), il sale ricristallizzato: “Milioni di anni fa c’era un lago salato, che ha lasciato una miniera di sale sotterranea. Per estrarlo si pompa acqua nel sottosuolo con degli evaporatori, che lo sciolgono e lo fanno ricristallizzare immediatamente in superficie. Così si evita qualsiasi tipo di contaminazione e il prodotto è puro anche al 99,9%”.

Le saline di Volterra oggi: la cascata di sale e il padiglione Nervi

Dal salvataggio degli imprenditori bergamaschi, la salina di Volterra è tornata a pieno regime, contando una settantina di dipendenti e una produzione che tocca le 120mila tonnellate l’anno. Il sale di qui serve a rifornire botteghe e marchi di grande distribuzione attenti alla qualità, oppure a “condire” la birra artigianale, prodotta insieme a Vapori di Birra – primo “birrificio geotermico” d’Italia, che abbiamo raccontato – e che presto verrà brassata in loco con un birrificio aziendale. Ma intorno al prodotto e alla sua storia millenaria si fa anche cultura. “Ci sono tour guidati agli impianti, dove raccontiamo questa storia incredibile”.

Il Padiglione Nervi alle Salina di Volterra, ph. Vittorio Valentini

Accanto alle tracce edilizie settecentesche non si può ugualmente perdere il padiglione curvilineo progettato dall’architetto Pier Luigi Nervi negli Anni Sessanta per proteggere la scenografica “cascata del sale”. “Fa parte del sistema di trasporto con nastri a bocchette, ed è ancora tutto in legno; l’unico materiale che resiste al contatto col sale”. Naturalmente, in questo caso, il sale che tocca terra è destinato a usi commerciali; l’effetto scenografico, però, è davvero sorprendente.

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Fonte : Today