L’appello contenuto nella dichiarazione conclusiva della Tavola rotonda della pace che ha visto insieme buddhisti, cristiani, indù, musulmani ed ebrei a Tokyo per iniziativa di Religions for Peace. “Preghiamo e offriamo solidarietà a quanti soffrono il peso delle guerre e delle violenze in corso. Lavoriamo insieme per promuovere il bene comune”.
Tokyo (AsiaNews/Agenzie) – Leader di cinque religioni diverse (buddhismo, cristianesimo, induismo, islam ed ebraismo) provenienti da 15 Paesi diversi segnati da guerre e conflitti. Insieme intorno a un tavolo per riflettere sul proprio compito di uomini di fede nella promozione della pace. È quanto è avvenuto questa settimana a Tokyo in occasione della Seconda Tavola rotonda della pace, convocata dall’organizzazione Religions for Peace insieme alla United Nations Alliance of Civilizations promossa dall’Onu. Quattro giorni di confronto che hanno visto la presenza di testimoni significativi tra cui il metropolita ortodosso emerito di Calcedonia Emmnauel Adamakis, il musulmano Abdallah Bin Bayyah, il presidente dell’associazione israeliana Rabbis for Human Rights Avi Dabush, il vescovo luterano emerito della Terra Santa Mounib Yunan.
“Siamo profondamente preoccupati per le inimmaginabili sofferenze che le persone stanno subendo nelle zone di conflitto in tutto il mondo, tra cui Haiti, Medio Oriente, Myanmar e Ucraina – scrivono i leader religiosi nella dichiarazione finale diffusa al termine dell’incontro -. Riconosciamo che le fondamenta della pace e della sicurezza sono minacciate in ogni regione del mondo, mentre i più vulnerabili – donne, bambini e popolazioni emarginate – sono presi nel fuoco incrociato e soffrono in modo sproporzionato di gravi violenze, sfollamenti e altre violazioni dei diritti umani”.
Ispirati dagli insegnamenti divini delle proprie religioni i partecipanti hanno riaffermato insieme alcuni principi fondamentali ma oggi terribilmente minati nei contesti di guerra: la sacralità della vita e la dignità umana devono essere sostenute e protette in ogni momento; la responsabilità condivisa dei leader religiosi nel favorire una pace positiva, promuovendo la compassione e la comprensione della nostra comune umanità; l’idea che la fornitura di assistenza umanitaria alle popolazioni colpite da conflitti deve essere depoliticizzata e fondata sul ripristino della pace, della sicurezza, della giustizia e della dignità umana.
“Insieme – scrivono ancora – chiediamo la cessazione e la trasformazione di tutte le guerre in corso, dei conflitti e dell’uso della violenza e delle armi (comprese le armi nucleari, convenzionali, informatiche e gli ordigni esplosivi improvvisati) sulla base della nostra responsabilità collettiva di risolvere le controversie con mezzi pacifici che sostengano e proteggano la sacralità della vita e la dignità umana, anche per i più vulnerabili”. Viene sollecitata inoltre “la conservazione e la protezione della sacralità dei luoghi di culto e dei luoghi sacri e il loro accesso libero e sicuro, sia in tempo di guerra e di conflitto sia in tempo di pace e armonia”.
I leader religiosi presenti si sono impegnati infine a mobilitare le proprie comunità per “fornire assistenza umanitaria alle comunità devastate dalla guerra, comprese quelle più vulnerabili, e promuovere la cooperazione interreligiosa per il bene comune e la protezione della nostra casa comune” e per “costruire una pace positiva attraverso processi di guarigione e riconciliazione a lungo termine che evitino il ripetersi e il perpetuarsi di guerre e violenze”.
“Noi, leader religiosi – conclude la dichiarazione della Tavola rotonda della pace di Tokyo – offriamo le nostre sentite preghiere e la nostra incrollabile solidarietà a quanti soffrono il peso delle guerre e delle violenze in corso. Riaffermiamo il nostro impegno a continuare a pregare e a lavorare in modo multireligioso per una cultura di pace che faccia progredire il bene comune, fondato sul rispetto della sacralità della vita e della dignità umana”.
Fonte : Asia