Abbiamo gli occhi aperti sull’Universo e oggi, anche grazie a prodigi della scienza come il James Webb Telescope, riusciamo a vedere oggetti lontanissimi, con un dettaglio impensabile fino a qualche tempo fa. Ma ci sono anche oggetti su cui continuiamo ad accumulare dettagli, pur senza averli mai visti. È il caso del Pianeta X, il più ricercato dei pianeti, perché la sua esistenza è stata finora solo ipotizzata. Di lui non ci sono ancora tracce, sebbene se ne continui a postulare l’esistenza, snocciolando ipotesi su dove sia possibile trovarlo, o meglio dove non si trova.
La saga del pianeta X
A farlo stavolta sono Michael E. Brown, Matthew J. Holman, Konstantin Batygin. Arrivano dal Caltech di Pasadena e dal Center for Astrophysics-Harvard & Smithsonian di Cambridge e sono nomi noti – soprattutto Brown e Natygin – per gli appassionati della saga del Pianeta X, protagonista anche di improbabili apocalissi da parte di qualche cospirazionista. Nel 2016 infatti i ricercatori gettavano legna sul fuoco per questo ipotetico pianeta oltre Nettuno – l’ultimo dei pianeti del sistema solare – mettendo insieme le osservazioni su alcune anomalie di alcuni oggetti transnettuniani e simulazioni matematiche. Secondo Brown e Natygin a influenzare le orbite di quegli oggetti nella fascia di Kuiper – raggruppate e inclinate tutte allo stesso modo, come raccontavamo – sarebbe stato un grosso pianeta, dieci volte più grande del nostro e distante circa 90 miliardi di km dal Sole, al punto da impiegare qualcosa come ventimila anni per completare una singola orbita.
Qualche anno dopo gli stessi ricercatori avrebbero rivisto le loro stime, al ribasso, sia per quel che riguarda le dimensioni che la distanza e avrebbero cominciato a tracciare un ritratto del pianeta X definendolo- citiamo – come una sorta di “super-terra extrasolare”. E non avrebbero smesso di lavorare sul caso. Oggi tornano ancora una volta sul tema, con uno studio che è solo un pre-print e che rivede, di nuovo, le loro stesse stime (ma senza modificarle in modo sostanziale), aggiungendo qualcosa in più. Lo studio in questione si intitola “A Pan-STARRS1 Search for Planet Nine” e riguarda per l’appunto la ricerca del misterioso pianeta tramite l’utilizzo dei dati raccolti da Pan-STARRS – un complesso osservatorio astronomico nelle Hawaii.
Dove si trova il pianeta X?
Nel dettaglio i ricercatori hanno cercato di definire lo spazio in cui potrebbe trovarsi il pianeta X. Il risultato è una mappa di esclusione, ovvero una survey che riporta dove non si troverebbe l’oggetto, come ha raccontato Brown raggiunto da Universe Today: “Abbiamo però ristretto notevolmente l’area di ricerca, esaminando circa l’80% delle regioni in cui pensiamo possa trovarsi il Pianeta Nove”. E qui, dicevamo, non c’è: in sostanza nel 78% dello spazio papabile – definito come il Brown & Batygin parameter space – il pianeta Nove non si trova.
Prima di procedere con le analisi dei dati raccolti da PanSTARRS1, sono state fatte altre perlustrazioni dello spazio in quelle che si crede possano essere le zone coperte dall’orbita del Pianeta X, ricordano i ricercatori, scrutando nei dati raccolti dalla Zwicky Transient Facilities (ZTF) e dalla Dark Energy Survey (DES), che utilizzano diversi telescopi rispetto a quelli hawaiani. In particolare la ZTF ha scrutato il cielo dell’emisfero boreale, mentre la DES il cielo meridionale; la prima sulla carta copriva buona parte delle aree (forse) solcate dal pianeta X, la seconda meno, scrivono gli esperti (pur dedicandosi allo studio di oggetti con distanze potenzialmente interessanti per la caccia al pianeta). I dati provenienti da PanSTARRS1 hanno permesso di aggiungere non tanto nuovo spazio di cielo esplorato, quanto una sensibilità maggiore di analisi, si evince dallo studio.
Fonte : Wired