Gli agricoltori protestano ma arrivano i droni a sostituirli

Droni a forma di insetti che perlustrano centinaia di ettari, macchine che potano in autonomia le piante, robot capaci di selezionare le migliori uve al giusto punto di maturazione. Gli ultimi sviluppi dell’agricoltura di precisione passano dalla robotica, un settore in cui anche l’Italia sta investendo per essere pronta alla prossima “rivoluzione agricola”. Mentre gli agricoltori protestano ormai da due mesi in Italia così come in tanti altri Paesi dell’Unione europea per la troppa burocrazia e ricavi bassi per i loro prodotti, c’è già chi guarda a risparmiare sostituendo la manodopera con nuove macchine e sensori dotati di intelligenza artificiale. Secondo gli esperti di ingegneria e agronomia queste innovazioni ridurranno le persone impiegate per i lavori più faticosi e manuali, al tempo stesso potrebbero aprirsi nuove prospettive in settori specialistici, come quello della lettura dei dati o di figure ibride in grado di concepire e gestire queste tecnologie. 

Ridurre l’impatto sull’ambiente

In campi drogati di fertilizzanti e pesticidi la maggior parte delle azioni di controllo dell’agricoltura si basano su misurazioni scarsamente campionate. Le aziende eseguono ad esempio la fertilizzazione o la distribuzione dei fitofarmaci in modo omogeneo su ampie porzioni dell’azienda. La conseguenza spesso è un uso inutile di prodotti agro-chimici e una perdita di resa rispetto alle energie investite. L’agricoltura di precisione mira a compiere queste azioni solo dove e quando sono realmente necessarie. Per riuscirci sfrutta anche la robotica, una tecnologia considerata da alcuni fondamentale per sostenere le sfide di un’agricoltura che necessita di massimizzare le rese e al contempo di diventare più amica dell’ambiente e della biodiversità.

“La sfida principale è quella di non utilizzare risorse laddove non sono necessarie e prendersi cura delle piante in maniera più selettiva di quanto non si riesca a fare oggi. Si tratta di produrre di più utilizzando meno pesticidi, dando meno acqua e utilizzando meno risorse in generale. La robotica non è ‘la’ soluzione, ma è parte della soluzione”, ha dichiarato a Today.it Emanuele Garone, a margine della conferenza dedicata all’uso della robotica in agricoltura, organizzata a Bruxelles lo scorso 15 febbraio. Formatosi all’Università della Calabria e oggi professore di Controllo e teoria dei sistemi presso l’Université Libre de Bruxelles, Garone ha collaborato a una serie di progetti con gli agri-robot protagonisti nei campi italiani. 

Sostituire la manodopera

Oltre alla sostenibilità, un’altra e più pressante necessità è emersa dagli imprenditori agricoli coinvolti in progetti sperimentali come Pantheon, nei campi di noccioleti della Tuscia, o Canopies, in collaborazione con i viticoltori di Aprilia. “Parlando con le persone sul campo, gran parte degli agricoltori ci hanno detto di avere bisogno di forza lavoro e la robotica può offrire loro un’alternativa valida”, ha spiegato durante il suo intervento Andrea Gasparri, coordinatore del laboratorio di Robotica dell’Università Roma Tre. “Il beneficio offerto dai robot non è solo quello di aumentare la produzione e di contribuire in termini di sostenibilità. Questi strumenti possono indurre i giovani a tornare all’agricoltura”, ha precisato Gasparri. In ambienti di lavoro che in altri settori diventano sempre più “smart” e comodi, l’agricoltura rimane uno scenario considerato faticoso in cui lavorare. La presenza di macchine su cui gravano i compiti più duri, secondo il docente, potrebbe tornare ad attrarre i giovani a interessarsi al settore rurale.

Nuove professionalità: agronomi data-scientist

Anche secondo Valerio Cristofori, professore di agronomia presso l’Università degli Studi della Tuscia, la riduzione della manodopera nei campi è emersa con forza durante il progetto Pantheon. Nello scenario dell’agricoltura di precisione occorrono comunque altri tipi di lavoratori. “Nel settore agricolo, che preciso essere diverso da quello industriale, perché operiamo con organismi viventi spesso in pieno campo, è indispensabile formare nuove professionalità che danno vita all’agronomo data-scientist”, ha detto il docente a Today.it. “L’agricoltura 4.0 genera tanti dati che devono essere archiviati e processati, ma oggi sono carenti le professionalità che possano guidare queste macchine a codificare e sfruttare questa mole di informazioni. È importante investire in modo consistente sulla creazione di queste nuove figure professionali”, ha precisato Cristofori. 

Macchine flessibili e collaborative

Altra questione fondamentale è di tipo tecnico. Dato che la tecnologia evolve rapidamente, gli scienziati sono impegnati a creare macchine “flessibili”, in grado cioè di essere riconfigurate facilmente a seconda delle coltivazioni, ad esempio in base alla varietà da raccogliere, alla misura delle piante o al livello di maturazione dei frutti, nonché adattabili a specifici interventi agronomici. Dall’Olanda arriva ad esempio l’idea di creare dei droni a forma di insetti. I fondatori della società Flapper Drones, spin-off universitario della Delft University of Technology (Paesi Bassi) e dell’Université Libre de Bruxelles (Belgio), hanno creato delle piccole macchine volanti in grado di perlustrare i campi, raccogliere informazioni da piante e fiori e resistere agli incidenti. Ispirati da colibrì, libellule e altri animali volanti, gli inventori hanno creato corpi ed ali che possono essere sostituiti a seconda delle esigenze. In Italia spicca invece il progetto Canopies, dove gli ingegneri di Roma Tre hanno collaborato con 20 piccoli produttori vitivinicoli nella zona di Aprilia, col coinvolgimento di università e aziende di Italia, Spagna, Svezia e Danimarca. In questo caso sono stati testati dei robot “collaborativi” in grado di ad eseguire mansioni come la raccolta o la potatura di uva da tavola. Il video qui sotto mostra l’utilizzo di questi agri-robot.

[embedded content]

La questione della sicurezza

Queste macchine pongono però maggiori problemi di sicurezza rispetto a quelle che possono operare in spazi statici come nelle industrie. “Programmiamo i robot affinché non possano mai causare problemi agli umani, agli animali o agli elementi di valore, anche se operano in ambienti non strutturati e dinamici”, ha precisato il professor Gasparri, coordinatore di Canopies. In base ai dati inseriti i robot valutano la qualità dell’uva per poterla raccogliere, riconoscendo parametri di qualità, come il colore e la quantità di zucchero. Questi esperimenti si basano ancora su una collaborazione tra persone e robot. “Il prototipo risulta ancora lento e talvolta impreciso, quindi può chiedere l’aiuto umano nel momento in cui non riesce a effettuare un’operazione. Al tempo stesso il robot è in grado di imparare dall’uomo in modo tale da essere più rapido la volta successiva”, ha affermato nel suo intervento Martina Lippi, ricercatrice specializzata nell’agricoltura di precisione a Roma Tre. Secondo la scienziata queste macchine potrebbero facilitare l’accesso delle donne in agricoltura, diventando necessaria meno forza nelle mansioni.

Tecnologia per pochi

Secondo il professor Cristofori manca ancora poco a un’applicazione commerciale, ma il problema restano i costi. “Un agri-robot in grado di fare una o due operazioni colturali, che quindi non è polivalente come una persona, può costare anche duecentomila euro”, precisa l’agronomo a Today.it. “La tiratura di queste soluzioni robotiche oggi è applicabile solo alle aziende virtuose e di grandi dimensioni, perché i piccoli agricoltori non sono in grado oggi di approcciare a queste innovazioni così spinte”, commenta Cristofori. Sui campi si trovano già con maggiore facilità sensori per il monitoraggio del comportamento delle piante, che hanno costi più accessibili. “Per fare un monitoraggio climatico delle coltivazioni si potrebbe anche lavorare non a livello di singola azienda, ma di comprensorio, come in un contesto di organizzazione di produttori per acquistare robot condivisi nei campi. Per affrancare il ruolo di queste tecnologie c’è un importante ruolo della politica europea, che deve spingere in questa direzione”, ha dichiarato il professore universitario. 

Chi paga il conto

Come tutte le innovazioni, queste nuove tecnologie portano con sé prospettive allettanti e rischi. In un sistema agricolo molto sbilanciato dalla parte dei grandi produttori e trasformatori, rischiano di pagare dazio dall’introduzione dei robot i piccoli produttori (restando indietro rispetto alla concorrenza che può permetterseli) e i lavoratori agricoli, ancora troppo spesso sotto lo scacco del caporalato e della precarietà. Ciò nonostante gli ingegneri restano fiduciosi. “Quando mia nonna era bambina c’era pochissima meccanizzazione mentre tantissime persone lavoravano nei campi, eppure tutte le sue storie iniziavano con la frase: ‘Avevamo fame’. Storicamente le rivoluzioni in agricoltura hanno portato più cibo e benessere in generale”, ha detto Garone a Today.it. “Qui stiamo andando oltre: vogliamo produrre con impatto minore, che dal punto di vista etico significa trattare meglio il pianeta, ma anche dal punto di vista sociale significa ridurre lo sfruttamento e aprire l’agricoltura a qualcosa che vada oltre il lavoro manuale”, ha concluso il professore universitario. 

Fonte : Today