Navalny, com’è vedere il film su di lui dopo la sua morte

La morte dell’oppositore russo Alexei Navalny ha scosso l’opinione pubblica mondiale, per la ferocia dimostrata e i misteri che ancora circondano le ultime ore del politico e blogger russo. Per questo, le case di produzione I Wonder Pictures e Iwonderfull riportano in sala Navalny – il veleno lascia sempre una traccia, documentario che si era aggiudicato il premio Oscar nel 2023. Vedere Navalny ancora in vita, mentre cerca di scoprire i dettagli sul tentato avvelenamento dell’agosto 2020, che ci parla della sua lotta per una Russia diversa, è un’esperienza a metà tra il doloroso e l’inquietante.

Un film che è già di un passato lontano

Se veramente decidono di uccidermi, significa che siamo veramente forti”. Con queste parole si chiudeva Navalny- il veleno lascia sempre una traccia uscito due anni fa e diventato un caso cinematografico internazionale. Alla fine è successo proprio ciò che molti temevano: Aleksej Navalny è stato ucciso, le ultime indiscrezioni parlano di un pugno al cuore dopo essere stato quasi assiderato all’aperto. Il come e il chi in questo caso però sono di relativa importanza, ciò che conta è il perché e su questo punto il documentario di Daniel Roher rimane ineguagliato per la capacità di farci capire chi fosse Navalny e quale fosse la sua visione politica. Riguardarlo oggi, consci della sua terribile sorte, di quanto la situazione dello scacchiere internazionale (non solo della Russia) sia cambiata, pone lo spettatore in una condizione fatta di rimpianti e domande senza risposta.

La battaglia di Navalny per una Russia diversa da quella creata con l’omicidio politico e la soppressione di ogni libertà fondamentale da parte Vladimir Putin è finita nella prigione di Kharp. Questa è la realtà e oggi il documentario pare venire da un’altra epoca, è quasi narrazione ucronica. Ma la realtà è che è già reperto storico, utile per capire come si è arrivati alla morte del più grande nemico politico di Putin. Il tutto a dispetto del sostegno internazionale, che non era cessato con la sua incarcerazione e la condanna farsa a 19 anni che era seguita. Il film ruota attorno a quel 20 agosto 2020, a quel volo da Tomsk a Mosca in cui Navalny viene avvelenato con del novichok da uomini dell’Fsb. Sopravvive, viene trasferito per le cure in Germania. Da là, comincia con un’indagine tra le più incredibili e importanti dell’era moderna, con cui ha contribuito a mostrare al mondo il vero volto di Putin.

Vediamo Navalny in filmati di repertorio, poi con la sua famiglia, i suoi collaboratori e giornalisti, tra cui il reporter di Bellingcat Christo Grozev, nelle piazze dove si protesta assediati da uomini in divisa, poi mentre torna a combattere sul terreno a lui più congeniale: internet. La sua Fondazione Anti-corruzione, creata nel 2011, in questi anni ha continuato la sua battaglia politica, denunciando malefatte e crimini di Putin e dei suoi. Lo fa tuttora a dispetto della chiusura sul territorio russo solo il mese prima del suo avvelenamento. Youtube, TikTok, i social è dove vediamo Navalny aggirare la censura delle televisioni russe, teatro di recite dove lo si accusa di essere un drogato, un omosessuale, una spia della Cia con modalità infantili e ridicole.

Il film però aiuta a comprendere due elementi chiave: il primo è che Navalny era diventato il nemico politico numero uno di Putin per la modernità che portava con sé, fatta di linguaggio, comunicazione, idee politiche di destra, ma sempre più spostate verso il liberalismo e la decentralizzazione del potere.

Fonte : Wired